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Jazz Anthology

Italian, Music, 1 season, 323 episodes, 6 days, 7 hours, 43 minutes
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Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni.
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Jazz Anthology di lunedì 05/02/2024

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
2/5/202459 minutes, 49 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 29/01/2024

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
1/29/20241 hour, 18 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 22/01/2024

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
1/22/202458 minutes, 52 seconds
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Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Bud Powell, Charles Mingus, Max Roach: Hot House - The Complete Jazz at Massey Hall Recordings

Il concerto del quintetto Parker-Gillespie-Powell-Mingus-Roach alla Massey Hall di Toronto del 15 maggio 1953 è entrato nella leggenda grazie ad una registrazione pubblicata già nel dicembre dello stesso anno su due Lp 10 pollici della etichetta Debut di Mingus. Furioso perché per un problema tecnico di registrazione il suo contrabbasso praticamente non si sentiva, Mingus provvide però a sovraincidere la parte del suo strumento, alterando così la realtà del concerto. Nel 2003 fu poi pubblicato Complete Jazz at Massey Hall, che presentava la registrazione senza sovraincisione, migliorata con tecniche che negli anni cinquanta non erano disponibili. A settant'anni dal concerto e dalla sua pubblicazione su disco, in novembre l'etichetta Craft Recordings ha pubblicato Hot House. The Complete Jazz at Massey Hall Recordings, che in triplo Lp o doppio Cd propone senza sovraincisione la registrazione dei brani del quintetto, ulteriormente migliorata nella resa dal trattamento assicurato da Paul Blakemore, mago della masterizzazione e del restauro audio; e assieme mette a disposizione il resto - già pubblicato in precedenza - del materiale del concerto, cioè il trio di Powell e il solo di Roach, e i brani del quintatto nella versione originariamente pubblicata con le sovraincisioni di Mingus, che mantiene il suo valore storico. Il concerto alla Massey Hall fu l'unica occasione in cui Parker, Gillespie, Powell, Mingus e Roach, figure emblematiche del jazz moderno, furono registrati tutti e cinque assieme, e fu anche l'ultima occasione documentata da una registrazione in cui Parker e Gillespie si trovarono assieme. L'album offre anche delle note da cui si ricavano interessanti informazioni su come andarono le cose in quella straordinaria ma anche complicata serata: e possiamo scoprire che Rocky Marciano, il grande pugile italoamericano che quella stessa sera saliva sul ring a Chicago, con un KO alla prima ripresa conservò il titolo di campione mondiale dei massimi, ma forse, senza saperlo, salvò anche uno dei più celebri concerti della storia del jazz.
1/15/202459 minutes, 49 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 08/01/2024

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
1/8/202459 minutes, 42 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 01/01/2024

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
1/1/202459 minutes, 42 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 25/12/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
12/25/20231 hour, 12 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 18/12/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
12/18/20231 hour, 6 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 11/12/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
12/11/202359 minutes, 22 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 04/12/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
12/4/202358 minutes, 32 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 27/11/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
11/27/202358 minutes, 35 seconds
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Susan Alcorn: Pedernal; From Union Pool; Canto (Relative Pitch)

Fondata nel 2011 da Kevin Reilly e Mike Panico, la Relative Pitch è una etichetta di punta nel campo del jazz d'avanguardia, dell'improvvisazione, della musica sperimentale. E' una etichetta newyorkese, ma Reilly, che la porta avanti da solo dopo la morte nel 2018 di Panico, ha avuto occasione di dire: "mi piace l'idea che tu possa guardare il nostro catalogo e non capire di dove è l'etichetta"; ed è effettivamente così, perchè sugli album della Relative Pitch troviamo protagonisti dell'avanguardia americana quanto europea ma anche di altre provenienze. E'una etichetta molto aperta, che ha costruito il suo catalogo sulla base di una vasta conoscenza di prima mano della scena d'avanguardia, improvvisativa, sperimentale, maturata attraverso una assidua frequentazione dal vivo di questi ambiti musicali: in questo senso è una etichetta di riferimento per avere il polso della scena attuale e scoprirne nuovi protagonisti. Con la puntata di questa sera cominciamo ad esplorare il catalogo recente della Relative Pitch: iniziamo da tre album assai diversi fra loro della specialista di pedal steel guitar Susan Alcorn, che da situazioni di ricerca e di improvvisazione ci porteranno fino alla sempre commovente El Derecho de Vivir en Paz di Victor Jara.
11/13/202357 minutes, 39 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 06/11/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
11/6/202359 minutes, 14 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 30/10/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
10/30/202359 minutes, 42 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 23/10/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
10/23/202359 minutes, 22 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 16/10/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
10/16/202358 minutes, 35 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 02/10/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
10/2/202359 minutes, 31 seconds
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Rob Mazurek in solo in diretta a Jazz Anthology

Nel maggio scorso Rob Mazurek, figura tra le più significative del panorama jazzistico degli ultimi trent'anni, è stato ospite di Jazz Anthology nell'ambito di una puntata in cui Corrado Beldì ci ha presentato il festival di Novara Jazz di cui è direttore artistico; del festival, che si è poi svolto in giugno, Mazurek è stato protagonista con diversi progetti. In quella puntata di Jazz Anthology, dal nostro auditorium Demetrio Stratos, Mazurek ci aveva regalato un paio di interventi musicali: l'auditorium e la situazione gli sono piaciuti ed è nata così l'idea di una sua "residenza" a Radio Popolare, in collaborazione con Novara jazz, per registrare del nuovo materiale in solo, parte live e parte utilizzando il nostro auditorium come uno studio. La trasmisione di questa sera è la prima tappa dei tre giorni di residenza: 55 intensi minuti di solo in diretta, senza interruzioni, impiegando tromba, piccolo trumpet, pianoforte, flauto di canna, percussioni, oggetti, elettronica, voce.
9/25/20231 hour, 6 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 18/09/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
9/18/202359 minutes, 21 seconds
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Ricordo di Charles Gayle, 1939 - 2023

Sax tenore ma anche valente polistrumentista, Charles Gayle, afroamericano, nato a Buffalo nel 1939, emerge nel jazz d'avanguardia solo negli ultimi anni ottanta. Nei sessanta insegna musica all'università e a New York partecipa alla scena del free jazz, ma senza cercare di farsi notare. Poi sceglie la vita dell'homeless, e suona per strada e nella metropolitana a New York e dintorni, rarissimamente in bar o club, facendo una musica senza compromessi, completamente libera: nel suo sax tenore è potentemente sedimentata la memoria di Sonny Rollins, Albert Ayler, John Coltrane, ma Gayle ha una sua fortissima personalità. Alla metà degli ottanta però la Knitting Factory gli offre un ingaggio settimanale, e nell'87 una etichetta svedese decide di fargli incidere un album: è il primo di una lunga serie di dischi sotto suo nome, e l'inizio di una carriera che Gayle non aveva mai avuto né cercato di avere. Profondamente religioso, Gayle riversa nelle sue energetiche improvvisazioni tutto il suo trasporto spirituale, ma anche il desiderio di suonare con la potenza e lo scatto con cui si tira di boxe, sua grande passione. Con Charles Gayle, morto a 84 anni il 5 settembre, se ne va quello che assieme a David S. Ware, mancato già da diversi anni, è stato il più importante sax tenore di quell'area free newyorkese che negli ultimi decenni ha ruotato interno a William Parker, e in assoluto uno dei più formidabili sax tenori di tutto il jazz - non solo dell'avanguardia - a cavallo tra secolo scorso e nuovo millennio. Lo ricordiamo col classico Touchin' On Trane (1991), in trio con William Parker al basso e Rashied Ali, il batterista dell'ultimo Coltrane; con Always A Pleasure (1993), in cui è nel gruppo di Cecil Taylor; con Requiem (2004) di William Parker; e con Live in Belgium (2015) in trio con gli italiani Manolo Cabras e Giovanni Barcella.
9/11/202357 minutes, 32 seconds
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Sonny Rollins: Go West!

Giovedì 7 settembre Sonny Rollins compie 93 anni: si è da tempo ritirato dall'attività, ma continua a rilasciare interviste sempre molto lucide e interessanti. Come quella raccolta nel 2021 da Ashley Kahn che correda, assieme a note appunto di Kahn, il cofanetto Go West! (tre Lp o tre Cd o in digitale) da poco pubblicato dalla Craft. Nel marzo del '57 Sonny Rollins, 26 anni, arriva a Los Angeles con il gruppo di Max Roach: se non la prima è una delle prime volte che prende l'aereo per un ingaggio, ma è certamente la sua prima volta in California. Ne approfitta la Contemporary, l'etichetta del produttore Lester Koenig, che propone a Rollins, talento emergente, di incidere un album, che uscirà nell'estate del '57 col titolo di Way Out West: con Ray Brown e Shelly Manne ad accompagnarlo, è la prima registrazione di Rollins in trio sax/contrabbasso/batteria, la formula che sarà poi quella dell'epocale Freedom Suite incisa da Rollins un anno dopo. Nell'ottobre del '58, Rollins a Los Angeles registra con una formazione più ampia un altro album per la Contemporary, Sonny Rollins and the Contemporary Leaders: sarà la sua ultima incisione degli anni cinquanta, perché poi Rollins, che patisce la pressione che è il risvolto del suo successo, ma che constata anche le difficoltà subito insorte nella sua carriera per aver fatto un disco "politico" come la Freedom Suite, decide di prendersi un periodo sabbatico, nel corso del quale si esercita al sax sul Williamsburg Bridge. I due album sono adesso riproposti nel cofanetto della Craft assieme ad un terzo album, costituito da interessanti tracce alternative che erano già state pubblicate nell'86 ma che ormai da moltissimo erano fuori catalogo. Tre dischi da ascoltare - e da accompagnare con la lettura dell'intervista con i ricordi di Rollins sulle due incisioni - per festeggiare degnamente il compleanno del grandissimo Sonny.
9/4/202359 minutes, 42 seconds
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Grandi inediti - John Coltrane with Eric Dolphy: Evenings at the Village Gate

Ha fatto giustificata sensazione questa estate l'uscita di Evenings at the Village Gate, grande inedito live di John Coltrane risalente al 1961, pubblicato dalla Impulse! Nel 2021 la Impulse! aveva pubblicato (vedi la nostra puntata del 29 novembre 2021) A Love Supreme Live in Seattle, un inedito assolutamente prezioso dal punto di vista del suo rilievo storico ed estetico, ma che purtroppo lascia alquanto a desiderare quanto a qualità della registrazione: nel caso invece di Evenings at the Village Gate il livello della musica è stratosferico, ma anche della qualità della registrazione non ci si può proprio lamentare. Al sax tenore e al sax soprano, nell'agosto del '61 Coltrane si esibisce al Village Gate con Eric Dolphy, flauto, clarinetto basso e sax alto, McCoy Tyner al piano, Reggie Workman al contrabbasso e in una delle due serate fotografate dalle registrazioni da cui è stato ricavato l'album anche un secondo contrabbassista, Art Davis, e Elvin Jones alla batteria. Il momento che l'album documenta rappresenta un tassello molto importante per la ricostruzione della progressione della ricerca di Coltrane prima delle registrazioni dell'autunno del '61, realizzate al Village Vanguard e ai concerti europei. Al Village Gate Coltrane era fresco dell'exploit di My Favorite Things, che, pubblicato anche come singolo in 45 giri, aveva avuto molto successo: ma Coltrane è ormai entrato in una fase in cui la sua musica dal vivo è già molto più avanzata, audace, dei suoi album appena usciti. Basti pensare alla differenza tra il carattere rassicurante del My Favorite Things che era così piaciuto e quello, con un'improvvisazione di Coltrane molto più "delirante", che sentiamo proporre dal sassofonista al Village Gate: è solo uno dei motivi di grande fascino di questo album.
8/28/202359 minutes, 49 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 21/08/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
8/21/202357 minutes, 25 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 14/08/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
8/14/202357 minutes, 55 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 31/07/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
7/31/202357 minutes, 14 seconds
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Peter Brotzmann 1941-2023 (3)

Nell'autunno del '68 viene organizzato a Berlino il Total Music Meeting, come anti-festival in contrapposizione all'ufficialità del festival del jazz di Berlino: da questa iniziativa trae origine l'etichetta discografica Fmp, che diventerà un riferimento per l'improvvisazione europea e documentarà largamente decenni di attività di Brotzmann. In due sedute dell'aprile del '69, Brotzmann registra l'album Nipples, metà in quartetto con Fred Van Hove al piano, Buschi Niebergall al contrabbasso e Han Bennink alla batteria (ne abbiamo ascoltato qualche minuto in chiusura della puntata scorsa), e metà con loro tre e con Evan Parker al sax tenore e Derek Bailey alla chitarra; altra testimonianza, dopo Machine Gun, della maturazione della collaborazione transnazionale all'interno della musica improvvisata europea: Brotzmann e Niebergall tedeschi, Parker e Bailey inglesi, Van Hove belga e Bennink olandese. Il trio che Brotzmann costituisce con Van Hove e Bennink è una delle combinazioni fondamentali nel percorso del sassofonista. Nel '70 il trio ha occasione di prodursi con l'aggiunta di Albert Mangelsdorff al trombone: nato nel '28 e dunque di una dozzina d'anni più anziano di Brotzmann, Mangelsdorff, uno dei più importanti jazzisti europei della sua generazione, dal jazz moderno si era spostato verso il free jazz e l'improvvisazione radicale. I tre Lp (poi diventati due Cd) pubblicati dalla Fmp che documentano due concerti del quartetto a Berlino nel '71 sono un classico dell'improvvisazione europea. In questa puntata torniamo anche, con qualche dettaglio in più, sugli anni e il contesto in cui Brotzmann cresce, sulla sua folgorazione per Sidney Bechet che lo porta al jazz - partendo dal jazz tradizionale - e sulla sua formazione artistica e i suoi contatti con protagonisti del movimento Fluxus.
7/24/202359 minutes, 18 seconds
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Peter Brotzmann 1941-2023 (2)

Machine gun era il soprannome dato a Peter Brotzmann da Don Cherry, con riferimento alla potenza di fuoco del sassofonista: e Machine Gun diventò il titolo dell'album inciso in ottetto da Brotzmann nel fatidico maggio del '68, titolo assolutamente calzante rispetto al free di fortissimo impatto del disco, con una carica sonora in cui si sente tutta l'urgenza delle pulsioni liberatorie dell'epoca e che a distanza di più di mezzo secolo da quando fu registrato mantiene intatta la propria forza catartica. Per la confraternita internazionale dell'improvvisazione radicale, Machine Gun è assurto a disco di culto, e a ben vedere è stato un antesignano del punk e degli indirizzi no wave e noise che avrebbero avuto una larga diffusione tra seconda metà degli anni settanta e anni ottanta. "C'era la sensazione molto ingenua - ha avuto occasione di ricordare Brotzman - che noi potevamo avere una piccola parte nel cambiare il mondo": e a suo modo Machine Gun effettivamente ha contribuito a cambiarlo.
7/17/202358 minutes, 5 seconds
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Peter Brotzmann 1941-2023 (1)

Il 22 giugno è mancato il sassofonista Peter Brotzmann, figura emblematica dell'improvvisazione radicale europea, di cui è stato negli anni sessanta uno dei principali capiscuola. Per questo suo ruolo, per la sua arte, per l'urgenza della sua espressione, per la sua coerenza nel corso dei decenni Brotzmann è stato un simbolo, e si è conquistato grande considerazione e anche grande affetto. In alcune puntate di Jazz Anthology gli rendiamo omaggio con una selezione di sue incisioni: cominciamo con For Adolphe Sax, il suo debutto discografico del '67, con Peter Kowald al contrabbasso e Sven-Ake Johansson alla batteria, un trio classico dell'improvvisazione europea delle origini; e con la sua partecipazione, nella stessa fase, ai primi passi della Globe Unity, cruciale esperienza orchestrale della free music del vecchio continente.
7/10/202359 minutes, 50 seconds
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Nexus live a All You Need Is Pop (2)

Seconda parte della registrazione del concerto tenuto domenica 11 giugno 2023 da Nexus alla festa di Radio Popolare. Completiamo la puntata con l'avvio di The Dreamtime, eccellente album da poco uscito di Daniele Cavallanti and The Songilnes Band (etichetta Felmay), in cui oltre a Cavallanti e Tononi ritroviamo anche altri musicisti che abbiamo ascoltato nel concerto di Nexus: Cavallanti sax tenore, Roberto Ottaviano sax soprano, Alessandro Castelli e Tony Cattano tromboni, Roberto Frassini Moneta e Andrea Grossi contrabbassi, Tononi batteria.
7/3/202359 minutes, 51 seconds
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Nexus live a All You Need Is Pop

Per chi non c'era e per chi c'era e riascolterà volentieri, Jazz Anthology in due puntate vi propone la registrazione del concerto tenuto domenica 11 giugno 2023 da Nexus al Teatro La Cucina all'ex Paolo Pini, nell'ambito di All You Need Is Pop, la festa di Radio Popolare: al contrabbasso Roberto Frassini Moneta, al vibrafono Luca Gusella, al trombone Tony Cattano, i due "soci fondatori" di Nexus, Tiziano Tononi alla batteria e e Daniele Cavallanti al sax tenore, e, ospite speciale, al sax soprano Roberto Ottaviano.
6/26/20231 hour, 12 seconds
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Sylvie Courvoisier - Cory Smythe: The Rite of Spring -Spectre d'un songe; The Vampires: Nightjar

Pianista svizzera che da un quarto di secolo vive a New York ed è affermata nell'ambito del jazz di ricerca, Sylvie Courvoisier qualche anno fa si è appassionata dalla Sagra della primavera di Stravinski e ne ha elaborato un arrangiamento per solo pianoforte nello spirito di una interpretazione jazzistica, con tutte le liberta del caso: per poi scoprire che la famiglia Stravinski, che detiene il controllo sull'opera del compositore, non consente interpretazioni pianistiche della Sagra che non siano la versione scritta da Stravinski stesso per due pianoforti o per pianoforte a quattro mani. Allora Sylvie Courvoisier ha cercato un pianista adatto a seguire due strade parallele: eseguire la versione pianistica della Sagra per due pianoforti, e, sempre per due pianoforti, interpretare una composizione originale creata da Courvoisier "in dialogo" con Stravinski. Il pianista lo ha trovato in Cory Smythe, ferratissimo dal punto di vista classico, ma anche attivo nel campo dell'improvvisazione con figure della statura di Anthony Braxton. Il risultato, che merita ripetuti ascolti, lo propone l'etichetta Pyroclastic. Non ci capita spesso di ascoltare del jazz proveniente dall'Australia: lo facciamo questa sera ascoltando Nightjar, pubblicato dall'etichetta Earshift Records e intestato a The Vampires, con ospite il pianista Chris Abrahams. I Vampires sono un gruppo nato a Sidney nel 2005; Abrahams è noto come pianista e organista/tastierista del trio australiano di culto Necks, formatosi a Sidney nel 1986.
6/19/202359 minutes, 50 seconds
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Ground Music Festival: Gabriele Mitelli e Annalisa Luise ospiti di Jazz Anthology

Protagonista fra i più brillanti e dinamici del nostro panorama jazzistico, Gabriele Mitelli è questa sera - assieme ad Annalisa Luise - ospite di Jazz Anthology, ma in veste di direttore artistico: di Ground Music Festival, che si terrà in provincia di Brescia dal 16 al 18 giugno e dal 21 al 23 luglio. In programma diverse forme di espressioni artistiche d'avanguardia: da segnalare, in particolare, il 23 luglio, un prezioso solo di Marc Ribot, uno dei più grandi chitarristi della musica di oggi.
6/12/20231 hour, 29 seconds
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The birth of bop: The Savoy 10-Inch Lp Collection

Le prime registrazioni che documentano il bebop - il nuovo, audace linguaggio che irrompe sulla scena del jazz negli anni quaranta - sono effettuate dal vivo fra il '41 e il '43 nei locali di New York in cui i giovani boppers si ritrovano e maturano la fisionomia della loro nuova musica. Le prime registrazioni formali, di studio, di questa tendenza sono invece effettuate nel '44, e - per una serie di motivi - non sono realizzate dalle case discografiche più grandi, ma da etichette più piccole, agili e coraggiose. Diverse delle primissime registrazioni di studio ascrivibili al bebop effettuate nel '44 sono realizzate da un'etichetta nata nel '42, la Savoy, che poi nel corso degli anni quaranta continua a condurre importanti registrazioni di musicisti di ambito bebop. Nei primi anni cinquanta la Savoy pubblica una scelta delle registrazioni bebop effettuate negli anni quaranta in cinque album 10 pollici, con l'intestazione The birth of bop. Adesso la Craft Recordings (Universal) ha ripubblicato la serie dei cinque volumi di The birth of bop della Savoy in altrettanti 10 pollici che riprendono la grafica originaria e mantengono l'identica successione dei brani degli album degli anni cinquanta. The birth of bop, disponibile anche come doppio cd, è una miniera di brani meravigliosi, che ci comunicano l'ebbrezza di una musica straordinariamente innovativa colta nel momento del suo farsi: tra i musicisti che compaiono Charlie Parker, Tiny Grimes, Budd Johnson, un ventiduenne Dexter Gordon, un diciannovenne Stan Getz (sia Gordon che Getz alla loro prima seduta di incisione a proprio nome), Don Byas, Kai Winding, J.J. Johnson, Bud Powell, Max Roach, Fats Navarro, Al Haig, Eddie Lockjaw Davis, Leo Parker, Serge Chaloff, Allen Eager...
6/5/202358 minutes, 30 seconds
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Nexus alla festa di Radio Popolare: Daniele Cavallanti e Tiziano Tononi ospiti di Jazz Anthology

Incontratisi alla fine degli anni settanta, nel 1980-81 due musicisti milanesi, il sassofonista Daniele Cavallanti e il batterista Tiziano Tononi, danno vita ad un progetto comune, che, legati ad una stagione anche sociale e politica in cui quella collettiva è stata una dimensione tanto importante, scelgono di chiamare Nexus. A oltre quarant'anni di distanza Nexus non solo continua ad essere un esempio anomalo nel jazz italiano di proposta non intestata ad un singolo musicista, ma rappresenta un caso più unico che raro - nel panorama del jazz della penisola ma forse anche europeo - di sodalizio tanto longevo: in questi decenni Nexus si è distinto per la cifra originale, la grande qualità espressiva e l'estrema coerenza con cui ha declinato e elaborato l'iniziale ispirazione proveniente dalle esperienze dell'avanguardia d'oltre oceano degli anni sessanta. Il Top Jazz 2021 del mensile Musica Jazz ha assegnato a Nexus il suo premio alla carriera. Ospiti di Jazz Anthology, Cavallanti e Tononi ripercorrono la vicenda di Nexus e presentano l'esibizione con cui domenica 11 giugno (h. 22, Teatro La Cucina) concluderanno All You Need Is Pop, la festa di Radio Popolare all'ex Paolo Pini. Guest per l'occasione di Nexus, il sassofonista Roberto Ottaviano, proclamato musicista italiano dell'anno dal Top Jazz 2022 di Musica Jazz.
5/29/20231 hour, 10 seconds
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Alexander Hawkins - Angelika Niescier: Soul in Plain Sight; A. Hawkins Mirror Canon: Break a Vase; A. Hawkins Trio: Carnival Celestial (Intakt)

La Intakt ha appena pubblicato Carnival Celestial, album in trio piano (ma anche sintetizzatore e campionamenti), basso e batteria del pianista inglese Alexander Hawkins, uno dei più brillanti, versatili e richiesti fra i musicisti europei di area jazzistica affermatisi nel nuovo millennio. Tra il 2019 e il 2021 avevamo presentato i primi quattro album di Hawkins usciti con l'etichetta svizzera - le puntate le potete trovare in podcast. Nel frattempo la Intakt oltre a Carnival Celestial ha pubblicato altri due cd di Hawkins, non meno meritevoli di attenzione, e in questa puntata ci rimettiamo in pari: il duo con la sassofonista tedesca Angelika Niescier, uscito nel '21, e l'album dell'Alexander Hawkins Mirror Canon, con diversi organici (e la presenza fra gli altri del sassofonista britannico Shabaka Hutchings, diventato ormai un personaggio di culto con gruppi come Sons of Kemet e The Comet is Coming).
5/15/202358 minutes, 32 seconds
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Novara Jazz 2023: ospiti Rob Mazurek e Corrado Beldì

Con un denso programma che si articolerà nell'arco delle giornate di due fine settimana lunghi, 1-4 e 8-11 giugno, quest'anno Novara Jazz arriva al ragguardevole traguardo della ventesima edizione: per l'occasione sono nostri ospiti Corrado Beldì, direttore artistico, che ci illustra il cartellone di Novara Jazz 2023, e - per la prima volta a Jazz Anthology - Rob Mazurek, dagli anni novanta - quando è emerso sulla scena del jazz con l'esperienza di Chicago Underground - una delle figure più rappresentative e dinamiche del jazz contemporaneo. Mazurek ci parla dei tre diversi progetti - New Future City Radio, con Damon Locks, Exploding Star Orchestra e Chicago/Sao Paulo Underground - con cui sarà il mattatore di questa edizione: e, in diretta dal palco dell'Auditorium Demetrio Stratos di Radio Popolare, ci regala due brani in solo, in uno dei quali combina magistralmente pianoforte, piccolo trumpet, voce e percussioni.
5/8/20231 hour, 9 seconds
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Don Cherry: la ristampa di Song of Soil di Masahiko Togashi

Originariamente pubblicato solo in Giappone, grazie ad una meritoria ristampa dell'etichetta francese Wewantsounds è tornato da poco disponibile, in vinile e cd, l'album Song of Soil, intestato al batterista giapponese Masahiko Togashi e registrato a Parigi nel '79 in trio con Don Cherry e Charlie Haden. All'epoca Cherry e Haden erano nella capitale francese e suonavano alla Chapelle des Lombards; negli anni sessanta enfant prodige della batteria e fra i pionieri del free jazz nipponico, poi vittima di un incidente che lo lasciò paralizzato dalla vita in giù ma che non fermò la sua carriera, Togashi riuscì ad avere l'ok per l'incisione da Martin Meissonier, all'epoca agente/tuttofare di Don Cherry, e arrivò appositamente a Parigi dal Giappone. Oltre che per la qualità della musica, questa ristampa di Song of Soil si distingue anche per il libretto di accompagnamento, che oltre ad un profilo di Togashi, comprende un testo con passaggi di intervista a Meissonier. Già animatore di programmi radiofonici e giornalista a Libération, Meissonier, che sarebbe poi stato una figura chiave della fase di lancio della musica africana e della world music negli anni ottanta, lavorò per Don Cherry dalla seconda metà degli anni settanta all'81, e offre un ritratto di prima mano, molto interessante e delizioso, del Don Cherry che in quegli anni era un assiduo frequentatore della capitale francese: ""Già ai tempi di France Musique avevo preso il gusto per una mentalità aperta: ma con Don ero passato alla pratica".
5/1/202359 minutes, 30 seconds
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25 aprile: l'antifascismo di Charlie Haden

Nell'aprile del 1969 Charlie Haden riunisce a New York una straordinaria compagine, con cui registra l'Lp Liberation Music Orchestra. Nel passaggio fra anni sessanta e settanta l'album fra epoca: è uno dei dischi che rappresentano il canto del cigno del free jazz, e, carico delle urgenze degli anni sessanta, è allora - e rimane a tutt'oggi - uno dei più riusciti esempi di impegno politico nel jazz. Fra i brani Song of the United Front, scritta nel '34 da Eisler/Bracht per sostenere il fronte unito fra socialdemocratici e comunisti nella lotta contro il nazismo. Nell'album Song of the United Front precede una ampia medley in cui con straordinario pathos l'orchestra interpreta tre canzoni repubblicane della guerra di Spagna. Nel disco Haden ha anche l'ardire di inserire una sua composizione - Song for Che - dedicata ad Ernesto Che Guevara, che era stato ucciso solo due anni prima. Haden pagherà cara la sua audacia politica: benché l'album venga considerato un capolavoro, per anni Haden non riuscirà ad incidere album a suo nome, e dovrà aspettare l'82 per incidere un'altro album orchestrale nello spirito di Liberation Music Orchestra, The Ballad of the Fallen, nel quale torna fra l'altro sulla guerra civile spagnola e dedica un brano a Dolores Ibarruri, la Pasionaria di "No pasaran". Nel '71, durante un concerto del quartetto di Ornette Coleman a Cascais, in Portogallo, Haden dedica il suo Song for Che "ai movimenti di liberazione dei popoli neri del Mozambico, dell'Angola e della Guinea", che stanno conducendo la lotta armata contro il colonialismo portoghese: in Portogallo c'è la dittatura fascista di Marcelo Caetano e Haden viene arrestato dalla polizia politica. Il 25 aprile 1974 Caetano è rovesciato da un sollevamento di militari democratici. In The Ballad of The Fallen Haden interpreta Grandola Villa Morena, la canzone che poco dopo la mezzanotte del 24 aprile aveva dato il segnale di inizio dell'operazione insurrezionale, mentre nel '76 intitola For a Free Portugal un suo duo con Paul Motian, in cui campiona il sonoro di un'azione militare del Movimento di Liberazione dell'Angola.
4/24/202359 minutes, 44 seconds
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more miles to go: Walter Prati e Daniele Cavallanti ospiti di Jazz Anthology

Allegato al numero di aprile del mensile Musica Jazz, esce in cd "more miles to go", un lavoro concepito e realizzato da Walter Prati, con la sua Experimental Music Company. Il riferimento a Miles Davis è duplice: nella scelta delle composizioni rivisitate (Nardis, In A Silent Way, Solar...), ma anche nel procedimento di post-produzione con cui i brani sono stati elaborati, che richiama il lavoro d'avanguardia del produttore Teo Macero su album di Miles Davis come Bitches Brew e On The Corner. Ospiti in studio a parlarci di "more miles to go" (che sarà presentato dal vivo a Milano il 28 aprile alla Fabbrica del vapore) Walter Prati e Daniele Cavallanti, uno dei musicisti coinvolti in questo progetto.
4/17/202358 minutes, 12 seconds
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Wadada Leo Smith: Fire Illuminations (Kabell)

Mentre un po' per volta continua il nostro work in progress di ricostruzione cronologica della carriera di Wadada Leo Smith, dedichiamo una puntata extra al suo album più recente, Fire Illuminations: Wadada lo ha ha appena pubblicato - solo in digitale - con la Kabell, l'etichetta personale con cui mezzo secolo fa il trombettista fece uscire i primi album a suo nome. Il 5 e 6 maggio Waddada Leo Smith sarà al festival Angelica, a Bologna, per le sue prime due (e per il momento uniche) date europee dopo il covid: a ottantun anni, Wadada è in piena attività e ad alto livello, come testimonia già il tenore della formazione impegnata in questo album, denominata Orange Wave Electric: Nels Cline, Brandon Ross e Lamar Smith alle chitarre elettriche, Bill Laswell e Melvin Gibbs ai bassi elettrici, Pheeroan AkLaff alla batteria, Mauro Refosco alle percussioni, Hardedge all'elettronica. Album autorevole e lucido, Fire Illuminations sta dalle parti del Wadada Leo Smith le cui radici artistiche affondano nel blues del Delta e poi affascinato dal Miles Davis elettrico: è il prodotto di una serie di sedute di incisione condotte con diverse configurazioni della formazione, e di un intenso lavoro di post-produzione, il tutto nell'arco di quattro anni. Fire Illuminations è la prima di diverse uscite di Leo Smith previste per il 2023. Uno dei brani dell'album è dedicato al grande Tony Williams, due portano nel titolo Muhammad Ali: "Muhammad Ali's Spiritual Horizon" e "Muhammad Ali and George Foreman's Rumble in Zaire Africa".
4/10/202359 minutes, 45 seconds
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50 anni dopo: il Gaetano Liguori Idea Trio in diretta a Jazz Anthology

A Milano nei primi anni settanta fu attivo per un breve periodo un locale che è rimasto ben presente nella memoria degli appassionati dell'epoca: il Jazz Power di piazza del Duomo, sopra il bar Motta, dove, con la direzione artistica di Franco Fayenz, si esibirono gruppi come quelli di Gato Barbieri, Jean-Luc Ponty, Keith Jarrett, solo per fare qualche nome per quanto riguarda il jazz internazionale, e molti dei più importanti jazzisti italiani. Il 3 aprile 1973, era un sabato, nella programmazione pomeridiana il Jazz Power tenne a battesimo un gruppo destinato, con la sua impronta free e la sua fisionomia innovativa (in particolare il basso elettrico invece del contrabbasso), a fare epoca sulla scena del jazz italiano degli anni settanta: il trio del pianista Gaetano Liguori con Roberto Del Piano al basso e Filippo Monico alla batteria. Siamo al 3 aprile 2023, sono passati esattamente cinquant'anni, e Gaetano Liguori, Roberto Del Piano e Filippo Monico sono sul palco dell'Auditorium Demetrio Stratos di Radio Popolare per un concerto in diretta per Jazz Anthology: con qualche racconto sui primi passi di questo storico trio, e intatta la passione di tanti anni fa nel suonare assieme.
4/3/202357 minutes, 31 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 27/03/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
3/27/202359 minutes, 41 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 20/03/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
3/20/202356 minutes, 42 seconds
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Eddie "Lockjaw" Davis with Shirley Scott: Cookin' with Jaws and the Queen

In un cofanetto di quattro Cd l'etichetta Craft Recordings ripropone debitamente rimasterizzati dai nastri originali quattro album per la Prestige registrati in tre sedute nel corso del '58 dal sax tenore Eddie "Lockjaw" Davis e dalla organista Shirley Scott: gli album furono pubblicati col titolo di Cookbook, volumi 1, 2 e 3, e di Smokin'. Avviato alla metà degli anni cinquanta, il sodalizio di Eddie Davis e Shirley Scott è stato magistrale nell'ambito di un hard bop legato al blues e al rhythm'n'blues, nel filone soul jazz: un sodalizio che ha anche molto contribuito a popolarizzare la formula sax tenore/organo. Vigoroso, esuberante, sensuale, e di grande effervescenza in travolgenti improvvisazioni su tempo veloce, Eddie Davis è stato uno dei migliori sax tenori della sua epoca, e ha trovato in Shirley Scott, nata come pianista, organista sensibile, con grandi doti come accompagnatrice, una partner ideale. Tra i grandi motivi di fascino di queste incisioni, la abbondante presenza di Jerome Richardson al flauto, un musicista che è stato molto importante per la valorizzazione di questo strumento nel jazz.
3/13/202359 minutes, 42 seconds
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Turiya: Hamid Drake ospite di Jazz Anthology

Presentata lo scorso anno in diversi importanti festival europei (Parigi, Berlino, Guimaraes, Lubiana, Skopje...), Turiya, la celebrazione di Alice Coltrane concepita da Hamid Drake, sabato 25 marzo arriva finalmente anche in Italia, grazie a Bergamo Jazz: per l'occasione Hamid Drake, uno dei più grandi batteristi del jazz contemporaneo e una lunga carriera di assoluto rilievo, è ospite di Jazz Anthology, assieme a Ludmilla Faccenda che ci aiuta nella conversazione, nel nostro auditorium Demetrio Stratos. Hamid Drake ci racconta che cosa hanno rappresentato e continuano a rappresentare per lui - che giovanissimo ebbe occasione di incontrarla - la musica e la spiritualità di Alice Coltrane, come ha creato Turiya - in cui si fondono musica, danza, canto, spoken word - e come ha scelto i performer che ha coinvolto; nell'ultima parte della trasmissione, Hamid Drake ci offre poi in diretta uno splendido esempio di canto legato ad una dimensione spirituale, accompagnandosi con un tamburo a cornice, strumento di cui è un virtuoso.
3/6/202359 minutes, 45 seconds
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Wadada Leo Smith (14)

Nel gennaio dell'81, prima di tornare in Europa per lavorare nuovamente in trio (come abbiamo visto nella puntata precedente) con Peter Kowald e Gunter Sommer, Leo Smith partecipa ad una registrazione in Connecticut con una compagine orchestrale; si tratta di un terzo importante capitolo delle sue esperienze orchestrali di questa fase, dopo la partecipazione alla Creative Orchestra diretta da Braxton nel '78 e la direzione da parte dello stesso Smith di un'altra Creative Orchestra nel '79: l'album esce intestato a Creative Improvisors Orchestra, col titolo The Sky Cries The Blues. Nell'81 la pubblicazione da parte dell'editore Nistri Lischi di Pisa, col titolo Note sulla natura della musica, dei testi di Leo Smith pubblicati negli Stati uniti nel '73 col titolo Creative Music, più altri testi scritti fino al '79, consolida in Italia lo status di Leo Smith come figura emblematica dell'improvvisazione e della musica appunto "creativa". Intanto in questo periodo Smith è protagonista di una espansione della sua estetica che non coincide con la sua immagine di improvvisatore puro e duro: in alcuni suoi album Smith si richiama al blues quando non addirittura al reggae - Smith guarda non superficialmente alla cultura rastafariana ed è molto legato alla figura di Bob Marley - ed è in questo senso in sintonia con il concetto di Great Black Music caro all'Art Ensemble of Chicago. Degli assaggi di questa espansione in direzione blues si trovano in Procession of the Great Ancestry, registrato nell'83 ma pubblicato diversi anni dopo, nell'89.
2/27/202359 minutes, 45 seconds
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Omaggio a Burt Bacharach (2): Great Jewish Music - Burt Bacharach

Nel '92 John Zorn e Marc Ribot firmarono un manifesto sulla "nuova cultura radicale ebraica": trent'anni fa la presa di posizione di Zorn e Ribot rappresentò uno spartiacque rispetto alla percezione della presenza ebraica nella musica americana innovativa del Novecento, molto più diffusa di quello che si era abituati a pensare: dalla maggior parte dei grandi autori del Great American Songbook e fino a Bacharach, da moltissimi dei più importanti jazzmen bianchi ad alcune decisive figure del rock, come Bob Dylan, Lou Reed, Iggy Pop, da un minimalista come Steve Reich a molti degli americani di Musica Elettronica Viva, e poi moltissimi dei protagonisti dell'avantgarde bianca newyorkese emersa fra anni settanta e ottanta di cui Zorn è stato il catalizzatore. Nel '95 Zorn con la sua etichetta Tzadik vara la collana Great Jewish Music, nella quale nel '97 pubblica un doppio Cd dedicato alla musica di Bacharach: prodotto da Zorn, con venti brani realizzati da un ampio assortimento di formazioni e artisti, da Wayne Horvitz a Dave Douglas, da Marc Ribot a Joey Baron, da Zeena Parkins a Ikue Mori, da Medeski Martin and Wood a Bill Frisell, il volume della Tzadik è un originale omaggio a Bacharach e un brillante spaccato della scena avantgarde newyorkese di fine Novecento.
2/20/202359 minutes, 42 seconds
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Omaggio a Burt Bacharach (1): Stan Getz, What The World Needs Now

L'8 febbraio è mancato a 94 anni Burt Bacharach, uno dei più grandi autori di canzoni della seconda metà del secolo scorso. Nato nel '28, Bacharach, che studiava pianoforte classico fin dall'infanzia, da ragazzo aveva maturato un forte interesse per il jazz, e negli anni quaranta a New York con degli espedienti (non era ancora maggiorenne) riusciva ad infilarsi nei locali della 52esima Strada, il laboratorio del nuovo rivoluzionario linguaggio del jazz, il bebop; poi nei suoi studi musicali aveva approfondito l'armonia utilizzata nel jazz, e anche a questo rapporto con il jazz va ricondotta l'originalità e la complessità (dietro l'apparenza "easy") dei suoi successi. In questa puntata gli rendiamo omaggio ricordando il caso più ampio e organico di attenzione a Bacharach in ambito jazzistico nel periodo in cui Bacharach fa epoca: l'album di Stan Getz, registrato fra il '66 e il '68, What The World Needs Now. Nell'ultima parte della trasmissione proponiamo poi un assaggio della fortuna jazzistica di Bacharach negli anni sessanta, con suoi brani interpretati da Sinatra/Basie, Ella Fitzgerald, Bill Evans, Sarah Vaughan.
2/13/202359 minutes, 45 seconds
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Toshinori Kondo (2)

Dedicato ad Albert Ayler, registrato dal vivo a Berlino nel '93, pubblicato dalla Fmp, etichetta di riferimento dell'improvvisazione europea, Die Like a Dog è un album classico degli anni novanta, con un quartetto che riunisce all'insegna dell'improvvisazione tre continenti: il sassofonista Peter Brotzmann, caposcuola dell'improvvisazione europea, Kondo, giapponese, e gli americani William Parker al contrabbasso e Hamid Drake alla batteria. In queste due puntate troviamo Kondo con la sua tromba in quattro situazioni molto diverse: nell'improvvisazione radicale newyorkese della seconda metà degli anni settanta, nella sua musica elettrica degli anni ottanta-novanta, in Die Like a Dog in cui l'improvvisazione appare più vicina a quella del free jazz storico, e per finire in una situazione ulteriormente diversa, il live Eternal Triangle in trio con Massimo Pupillo, basso ed elettronica, e Tony Buck, batteria. Quattro situazioni che valgono come testimonianze della versatilità di Kondo, del suo talento che è consistito anche nell'essere pertinente, centrato, rispetto a contesti molto differenti. Recentemente pubblicato da I dischi di Angelica, Eternal Triangle è stato registrato nel maggio 2019 a Bologna nell'ambito del festival di Angelica. Kondo è mancato un anno e mezzo dopo, nell'ottobre 2020. Scrive Massimo Pupillo in una nota di copertina: "Non sapevamo certo che quel live sarebbe stato l'ultimo di Toshinori Kondo fuori dal Giappone e il suo ultimo concerto con una band".
2/6/202359 minutes, 58 seconds
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Toshinori Kondo (1)

Prendiamo spunto dalla recente uscita di Eternal Triangle, live del trio di Toshinori Kondo, Massimo Pupillo e Tony Buck registrato nel 2019 al festival di Angelica (pubblicato da I dischi di Angelica), per ricordare il trombettista giapponese, mancato a 71 anni nell'ottobre 2020. Kondo approda a New York nel '78, e si inserisce nel giro dell'improvvisazione radicale e delle sperimentazioni, un ambiente da cui stanno emergendo le nuove tendenze che caratterizzano la scena newyorkese della seconda metà dei settanta e degli ottanta: le improvvisazioni '78-79 documentate da album della etichetta Ictus di Andrea Centazzo, con Centazzo, Polly Bradfield, Eugene Chadbourne, Tom Cora e il giovane John Zorn, destinato a fare molta strada, testimoniano del temperamento di Kondo in un contesto free e della sua maestria negli effetti. Negli ottanta Kondo si indirizza però anche verso una musica che impiega strumentazione elettrica ed elettronica, e che sul piano dei ritmi guarda al rock, alla black music, alla dance: un album come Brain War, del principio degli anni novanta, rappresenta bene la sua band Kondo Ima, che ottiene buoni riscontri commerciali.
1/30/202359 minutes, 42 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 23/01/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
1/23/202359 minutes, 42 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 16/01/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
1/16/202359 minutes, 42 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 09/01/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
1/9/202359 minutes, 29 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 02/01/2023

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
1/2/20231 hour, 3 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 26/12/2022

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
12/26/202259 minutes, 42 seconds
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Roberto Ottaviano, Alexander Hawkins: Charlie's Blue Skylight; Roberto Ottaviano: Skins

Prima che cali il sipario sul 2022, anno del centenario della nascita di Charles Mingus, ascoltiamo l'album che appunto quest'anno Roberto Ottaviano e Alexander Hawkins hanno consacrato a composizioni del grande contrabbassista, Charlie's Blue Skylight (pubblicato da Dodicilune). La collaborazione fra il sassofonista pugliese e il pianista inglese dura ormai da diversi anni, e l'intesa fra i due musicisti è alla base della felice formula con cui Ottaviano e Hawkins hanno scelto di affrontare il repertorio mingusiano, quella di un essenziale duo sax soprano (di cui Ottaviano è un grande specialista) e pianoforte, che appare di brillante agilità, freschezza, respiro. Assieme ai brani di Charlie's Blue Skylight ascoltiamo anche una traccia da Skins, album in solo di Ottaviano (pubblicato da Produzioni Discografiche nel Gioco del Jazz) registrato nella chiesa rupestre di San Nicola, in Puglia. P.S. Nel frattempo il Top Jazz 2022, referendum del mensile Musica Jazz, i cui risultati sono stati resi noti nel gennaio 2023, ha proclamato Roberto Ottaviano "musicista italiano dell'anno", mentre Charlie's Blue Skylight si è aggiudicato il terzo posto fra i dischi italiani dell'anno.
12/19/202259 minutes, 23 seconds
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Wadada Leo Smith (13)

A cavallo fra anni settanta e ottanta, Leo Smith collabora e gira in tour in Europa con il contrabbassista Peter Kowald e con il batterista Gunter Sommer, tedesco dell'ovest il primo e dell'est il secondo, entrambi figure di primissimo piano della musica improvvisata europea. Per tutta una fase i protagonisti della produzione della Fmp, etichetta - nata alla fine degli anni sessanta - di riferimento dell'improvvisazione tedesca ed europea, erano stati improvvisatori tedesco-occidentali, olandesi, inglesi, scandinavi e svizzeri. Il primo allargamento di orizzonti era avvenuto all'interno dell'area tedesca, con pionieristici contatti con improvvisatori tedesco-orientali, fra i quali Sommer. Il trio Smith-Kowald-Sommer testimonia di questo e di un ulteriore allargamento, cioè il dialogo della Fmp e dei suoi improvvisatori con i più avanzati improvvisatori afroamericani: Leo Smith è un battistrada di questo dialogo, che avrà poi importanti sviluppi nel lavoro della Fmp (che negli anni ottanta stabilirà un importante rapporto con Cecil Taylor). Intanto al principio degli anni ottanta Leo Smith attira l'interesse anche del produttore Giovanni Bonandrini, attivo a Milano (negli anni ottanta viene più volte proclamato produttore dell'anno dal referendum della rivista di jazz americana Down Beat), che nell'82 pubblica Go in Numbers, live del quartetto di Smith registrato a New York nel gennaio del 1989.
12/12/202259 minutes, 50 seconds
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Libri - Roberto Masotti: You Tourned The Tables On Me; Markus Muller: Free Music Production: The Living Music; Angela Davis: Blues e femminismo nero; Paul Bley con David Lee: Liberare il tempo

In questa puntata passiamo in rassegna quattro importanti libri usciti quest'anno. You Tourned The Tables On Me è la nuova edizione (editore seipersei), in formato più grande, di un classico di Roberto Masotti, il grande fotografo mancato nell'aprile scorso: un lavoro emblematico della trasversalità dell'approccio di Masotti alla scena musicale degli anni settanta. Curato da Markus Muller, Free Music Production: The Living Music (testi in inglese o tedesco), è un monumento alla Fmp, l'etichetta tedesca che è stata il principale riferimento discografico per l'improvvisazione radicale europea. Blues e femminismo nero (Edizioni Alegre) è un fondamentale e illuminante saggio di Angela Davis - autrice che non ha bisogno di presentazioni - sulle istanze protofemministe presenti nella produzione di Ma Rainey, Bessie Smith e Billie Holiday: una traduzione che si attendeva da anni. Come quella di Liberare il tempo di Paul Bley, pubblicato nella eccellente collana Chorus di Quodlibet: autobiografia molto stimolante e allo stesso tempo godibile per la vena di humour che la percorre di uno dei più grandi pianisti emersi nel jazz della seconda metà del novecento.
12/5/202259 minutes, 50 seconds
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Samara Joy: Linger Awhile; Buechi, Hellmuller, Jerjen: Moontrail

Fra i nuovi, giovani personaggi che sono emersi negli ultimissimi anni sulla scena del jazz un posto di riguardo spetta certamente a Samara Joy, afroamericana, 24 anni, nel 2019 rivelazione della Sarah Vaughan International Jazz Vocal Competition. Fino a questo momento Samara Joy ha principalmente interpretato brani dal repertorio storico di cui le grandi cantanti della vicenda del jazz hanno dato letture memorabili, e - come mostra Linger Awhile, il suo secondo album, pubblicato dalla Verve - sa farlo con molta freschezza, con una sua personalità, e con una asciuttezza e un gusto che le danno un profilo più contemporaneo rispetto ai grandi modelli del canto jazz del passato; ma Samara Joy sta ancora cercando una sua strada e muove anche i primi passi nella definizione di una fisionomia artistica e di un repertorio originale: ha per esempio scritto le parole per Nostalgia, un brano degli anni quaranta del trombettista Fats Navarro. Nella seconda parte della puntata passiamo ad una dimensione musicale molto diversa con la vocalist svizzera Sarah Buechi, che in Moontrail, pubblicato dalla intakt, alterna riferimento al tema e improvvisazione, in una scaletta di brani in cui compaiono sia brani originali che brani americani molto noti come Moon River.
11/28/202259 minutes, 50 seconds
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Wadada Leo Smith (12)

Dopo l'incisione nel maggio del '79 di Spirit Catcher, Leo Smith torna in Europa. Come avevamo visto nelle puntate precedenti, un anno prima, nel maggio del '78, Leo Smith era stato nelle file della ambiziosa Creative Orchestra guidata con successo da Anthony Braxton in una tournée europea che aveva toccato anche il festival tedesco di Moers. Dopo la felice esperienza con la Creative Orchestra di Braxton nel '78, Burkhard Hennen, che dirige il festival di Moers, chiede a Leo Smith e a Roscoe Mitchell se per l'edizione '79 della rassegna vogliono fare qualcosa di analogo con un'altra orchestra, da condividere fra Smith e Mitchell. Smith impiega nel lavoro con l'orchestra delle idee di scrittura e delle soluzioni nelle partiture piuttosto originali e complesse. Dopo alcuni giorni di intense prove l'orchestra - con una formazione coincidente per parecchie presenze con quella della Creative Orchestra di Braxton del '78, ma anche con diverse differenze, di nomi e di organico - si esibisce al festival e quindi a Parigi, dove viene registrata. La Moers Music - proiezione discografica del festival tedesco - pubblica il lavoro di Leo Smith e quello di Roscoe Mitchell con l'orchestra in due distinti Lp: quello intestato a Leo Smith esce come Leo Smith Creative Orchestra, intitolato Budding of a Rose, un album che non è mai stato ristampato in Cd. Esperienza estremamente importante nel percorso di Leo Smith, il lavoro con la Creative Orchestra chiude degnamente i suoi anni settanta.
11/21/202259 minutes, 45 seconds
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Elton Dean: On Italian Roads. Live in Milan 1979 - ospite Riccardo Bergerone

Nel libriccino con le note di copertina dell'album di Elton Dean "On Italian Roads. Live in Milan 1979", si trova riprodotto un vecchio manifesto con scritto: "Radio Popolare FM 101.500 - presenta - Elton Dean - con - Keith Tippett - Louis Moholo - Harry Miller - Al Cinema teatro Cristallo". Sulla locandina ci sono due date, sabato 24 e domenica 25, senza indicazione di mese e di anno, ma il mese era febbraio e l'anno appunto il '79. I due concerti furono entrambi sold out, con circa mille spettatori ciascuno. Emersa in rete, adesso una registrazione della magnifica musica proposta al Cristallo dal quartetto del sassofonista inglese - si tratta di uno solo dei due set di uno dei due concerti - è diventata a più di quarant'anni di distanza un Cd pubblicato da una etichetta inglese, la British Progressive Jazz. Il concerto rientrava in una tournée italiana organizzata da un giovanissimo appassionato torinese, Riccardo Bergerone, che questa sera è ospite di Jazz Anthology.
11/14/202259 minutes, 20 seconds
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Wadada Leo Smith (11)

Nel '79 Leo Smith torna a consacrare - dopo Creative Music inciso nel '71, che aveva rappresentato il suo debutto discografico personale - un intero Lp alla dimensione del solo, Ahkreanvention, pubblicato con la sua etichetta Kabell. Nel '79, in maggio, Smith incide anche un album per l'etichetta Nessa: due dei quattro brani sono realizzati in quintetto con musicisti del suo abituale giro degli anni settanta, Dwight Andrews, Bobby Naughton, Wes Brown e Pheeroan Ak Laff; in altri due Smith, alla tromba. è affiancato da tre arpiste, un altro dei "progetti speciali" che come il brano per tre trombe compreso in Divine Love Smith ha cominciato ad affiancare al lavoro con i suoi gruppi regolari.
11/7/202259 minutes, 16 seconds
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Ricordo di Franco Fayenz; Nduduzo Makhathini: In The Spirit of Ntu

Nei giorni scorsi è mancato a Milano, a 92 anni, Franco Fayenz, decano della critica jazzistica in Italia: lo ricordiamo ascoltando la sua introduzione ad un famoso speciale con protagonista Don Cherry da lui curato per la Rai nel '76 , e un paio di momenti della splendida musica proposta dal gruppo di Cherry in quella occasione. Passiamo poi all'attualità discografica con In the Spirit of Ntu, nuovo album del pianista sudafricano Nduduzo Makhathini: quarantenne, influenzato da musicisti sudafricani come il pianista Abdullah Ibrahim e il pianista e polistrumentista Bheki Mseleku, attraverso quest'ultimo Makhathini ha scoperto il quartetto di John Coltrane con McCoy Tyner, che è diventato un esempio importante per il suo approccio al piano. Makhathini, che ha fatto fra l'altro parte del gruppo Shabaka and the Ancestors del sassofonista britannico Shabaka Hutchings, è, dopo vari album con la sua etichetta personale Gundu e con Universal South Afrika, al suo secondo album con la Blue Note.
10/31/202258 minutes, 29 seconds
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Wadada Leo Smith (10)

Leo Smith aveva conosciuto Manfred Eicher nel '70, quando nella formazione con cui Smith aveva effettuato un tour europeo Eicher era al contrabbasso: all'epoca Eicher stava per dare vita ad una etichetta che avrebbe avuto molta fortuna, la Ecm. Quando nel '78 Leo Smith incide l'album Divine Love per la Ecm, la creatura di Manfred Eicher è nel frattempo diventata una etichetta di grande prestigio. Oltre a Dwight Andrews e a Bobby Naughton, suoi abituali partner in quegli anni, in Divine Love c'è Charlie Haden, che in un brano si aggiunge al trio di Smith, mentre un altro brano è inciso da Smith in trio con altri due grandi trombettisti, Lester Bowie e Kenny Wheeler, ed è basato su una particolare concezione dell'organizzazione della musica, che Smith impiega per la prima volta in una dimensione che non sia quella del solo. Divine Love esce nel '79 ed è il primo album di Leo Smith a godere di una ampia distribuzione: sia dal punto di vista artistico che della sua diffusione, è uno snodo importante nella carriera di Leo Smith, un album che lo proietta negli anni ottanta. Leo Smith non trascura però lo scavo nella dimensione del solo, a cui nel '79 torna a consacrare un intero Lp, Ahkreanvention, pubblicato con la sua etichetta Kabell.
10/24/202258 minutes, 33 seconds
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Franco D'Andrea ospite di Jazz Anthology

Complici gli strani anni dell'emergenza covid che abbiamo attraversato, Franco D'Andrea, di casa a Radio Popolare, mancava dai nostri studi già dal 2019: questa sera torna a Jazz Anthology per presentare Franco D'Andrea Meets DJ Rocca, duo pianoforte/elettronica pubblicato in Cd triplo da Parco della Musica Records. D'Andrea e DJ Rocca sono entrati in contatto verso la metà del decennio scorso, e DJ Rocca è apparso negli album di D'Andrea Electric Tree Vol. 1 e Intervals I e II (questi ultimi presentati da D'Andrea in puntate di Jazz Anthology del 2017-18 reperibili in podcast): ma la formula senza mediazioni del duo proietta la loro collaborazione in una dimensione ancora più audace: il risultato è un album formidabile, in cui palpita il senso dell'esplorazione e nel quale una serrata, lucida forma dialogica fa reagire competenze e background diversi in una direzione visionaria e risolutamente contemporanea. Ottantun'anni e una inesausta tensione alla ricerca, al nuovo, al non convenzionale, D'Andrea ci racconta come è nato l'album e, approfittando del pianoforte del nostro Auditorium, ci illustra con degli esempi come sono stati costruiti i brani.
10/17/20221 hour, 12 seconds
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Wadada Leo Smith (9)

Un anno dopo la "Company Week", nel maggio del '78 Leo Smith e Anthony Braxton sono di nuovo in Europa. Smith è uno dei solisti maggiormente in evidenza nella formidabile Creative Orchestra che Braxton dirige nelle tappe di un serrato tour europeo, che tocca fra l'altro Colonia, dove l'orchestra viene registrata dal vivo (nel '95 il concerto sarà pubblicato in un doppio Cd dalla Hat Hut), e il New Jazz Festival di Moers, in Germania, rassegna che all'epoca è un riferimento fondamentale per l'Europa per le tendenze più avanzate del jazz. Oltre che con l'orchestra di Braxton, a Moers Smith si esibisce anche con un proprio trio, con il vibrafonista Bobby Naughton - che abbiamo già incontrato nelle puntate precedenti - e il sassofonista Dwight Andrews, anche loro nelle file della Creative Orchestra, ed entrambi facenti parte del giro che Leo Smith si è creato dopo il suo trasferimento in Connecticut. L'esibizione si traduce in un album pubblicato dalla Moers Music, l'etichetta del festival, intitolato The Mass on the World. A quel punto degli anni settanta, per i critici e gli appasionati più attenti all'avanguardia, Leo Smith appare già in Europa - e anche in Italia, dove comincia ad esibirsi - come un'icona dell'improvvisazione.
10/10/202258 minutes, 36 seconds
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Wadada Leo Smith (8)

Nel '77 Leo Smith è in Europa, e assieme ad Anthony Braxton suona con la Company, esperienza cruciale dell'improvvisazione radicale europea. Braxton aveva avuto contatti con gli improvvisatori europei fin dal suo soggiorno parigino del '69, ma questo non toglie che la partecipazione di Braxton e Smith agli incontri di improvvisatori della Company rappresenta - dato il carattere particolarmente appunto radicale dell'impostazione della Company - un momento assolutamente pionieristico di rapporto dell'avanguardia neroamericana con l'improvvisazione radicale europea. La pratica della Company si basava infatti sull'approccio rigoristicamente e drasticamente improvvisativo del chitarrista britannico Derek Bailey, che dell'improvvisazione radicale europea era uno dei capiscuola. Smith e Braxton prendono parte alla prima "Company Week", che si tiene a Londra nel maggio del '77. Leo Smith si muove con disinvoltura e si ritaglia uno spazio di rilievo nelle sedute della Company: la sua partecipazione - come si può ricavare dagli album della Incus che documentano la "Company Week" del '77 - rappresenta una notevolissima testimonianza della sue grandi doti in un contesto improvvisatoivo, in termini di intuizione, prontezza di riflessi, capacità con reazioni istantanee di essere pertinente rispetto ad una situazione, di non subirla e di darle senso.
10/3/202258 minutes, 33 seconds
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Ricordo di Pharoah Sanders, 1940-2022

Mancato la settimana scorsa a 81 anni, Pharoah Sanders, tra i più grandi sax tenori del jazz della seconda metà del novecento, è stato a partire dagli anni sessanta una figura emblematica dell'avanguardia, ma poi, più di altri protagonisti del jazz di punta di quell'epoca, Sanders attraverso l'acid jazz, l'hip hop, la voga del jazz "spirituale" degli ultimi anni, è stato via via scoperto da generazioni più giovani e ha goduto di un ricambio di attenzione. In questa puntata lo ricordiamo prima accanto a Coltrane, con A Love Supreme Live in Seattle del '65, e con l'Olatunji Concert, l'ultimo concerto di Coltrane documentato da una registrazione, dell'aprile del '67; poi con due dei suoi album che negli anni successivi alla morte di Coltrane hanno fatto epoca, Thembi, inciso nel '70, e Karma, inciso nel '69, e contenente The Creator Has A Master Plan, brano di culto grazie innanzitutto al quale Sanders è arrivato alle generazioni che negli anni sessanta non erano ancora nate.
9/26/202258 minutes, 58 seconds
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Grandi inediti - Ella Fitzgerald: Ella at the Hollywood Bowl. The Irving Berlin Songbook

Nel febbraio del 2021 - potete ritrovare la puntata in podcast - Jazz Anthology vi aveva presentato un importante inedito di Ella Fitzgerald, The Lost Berlin Tapes, che documenta un concerto berlinese del '62 della grande cantante. E' una grande gioia adesso avere a disposizione un altro live inedito, anche questo pubblicato dalla Verve, che risale al '58 e che ha la notevole particolarità di essere interamente dedicato al repertorio di Irving Berlin: delle serate incentrate sul repertorio di un solo autore non erano affatto abituali per la Fitzgerald, che anche quando il successo le consentì di esibirsi spesso in grandi sale, aveva mantenuto l'abitudine, presa nei club, di rivolgersi al pubblico con un assortimento di brani piuttosto vario. Questo live, registrato nell'agosto del '58, è l'unico caso finora nella discografia della Fitzgerald di live consacrato ad uno solo dei grandi autori dell'"american songbook"; si tratta inoltre dell'unica occasione nota in cui la Fitzgerald si è presentata dal vivo col direttore Paul Weston, responsabile dell'orchestra e degli arrangiamenti dell'album della Fitzgerald dedicato a Berlin, registrato qualche mese prima, e in questo live le sue interpretazioni guadagnano ancora dalla sollecitazione del rapporto col pubblico, così importante per Ella. L'album fotografa solo la seconda parte della serata al prestigioso Hollywood Bowl, mentre la prima era stata incentrata sul repertorio di Cole Porter: quindi gli appassionati possono sperare nella Verve....
9/19/202259 minutes, 28 seconds
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Joel Ross: The Parable; Immanuel Wilkins: The 7th Hand

Protagonisti di due nuovi album pubblicati dalla Blue Note, il vibrafonista Joel Ross - ventisettenne, chicagoano, newyorkese di adozione - e il sassofonista Immanuel Wilkins - ventisettenne, originario di Filadelfia - sono due delle personalità più interessanti espresse dalle giovani generazioni del jazz d'oltre Atlantico. Wilkins compare anche nell'album di Ross, in cui troviamo anche la flautista Gabrielle Garo, giovane polistrumentista di Brooklyn che ha fra l'altro lavorato con la big band del batterista Bobby Sanabria, veterano del latin jazz a New York, e che è leader di propri gruppi: con lei ha lavorato la trombonista Kalia Vandever, che pure troviamo in questo album. L'ultimo brano dell'album di Wilkins ha un evidente debito con Coltrane, e può essere ascritto ad una certa vena neo-spirituale che percorre diverso jazz fatto da musicisti delle giovani generazioni e che alle nuove generazioni di ascoltatori vogliono rivolgersi.
9/12/202258 minutes, 42 seconds
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Anteloper: Pink Dolphins; Burnt Sugar: Angels Over Oakanda

In appendice alla puntata che abbiamo dedicato la settimana scorsa alla compianta Jaimie Branch, ascoltiamo Pink Dolphins, il recente album - pubblicato dalla International Anthem - di Anteloper, il duo di Jaimie Branch con Jason Nazary: Jaimie Branch alla tromba, Jason Nazary alla batteria, ed entrambi all'elettronica. Nel disco troviamo, tanto in veste di produttore che di strumentista, Jeff Parker, uno dei più interessanti chitarristi dell'avanguardia di oggi: Parker è membro della AACM, la storica associazione dei musicisti creativi di Chicago, ha vissuto l'esperienza di Chicago Underground, una delle più importanti nel jazz d'avanguardia degli ultimi decenni, e ha fatto parte di un celebrato gruppo post-rock come i Tortoise. Nella seconda parte della trasmissione presentiamo il più recente album della Burnt Sugar, una formazione che si ispira ad una galassia di esperienze musicali come il Miles Davis elettrico, la Band of Gypsies di Hendrix, i Funkadelic, Sun Ra, fondata alla fine degli anni novanta da Greg Tate: Tate, ahimé mancato a 64 anni nel dicembre 2021, pochi mesi dopo l'uscita dell'album, è stato uno dei più importanti intellettuali afroamericani degli ultimi decenni, ma anche musicista, come chitarrista autodidatta e leader della Burnt Sugar.
9/5/202258 minutes, 33 seconds
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Ricordo di Jaimie Branch, 1983-2022

Il 22 agosto è mancata improvvisamente nella sua casa di Brooklyn, a soli 39 anni, la trombettista, bandleader, compositrice e vocalist Jaimie Branch. Jaimie Branch era uno dei talenti più notevoli emersi negli ultimi anni sulla scena del jazz, e solo dal 2017 la sua carriera aveva cominciato a decollare: con lei la musica d'avanguardia perde una figura chiave per quanto riguarda tutta un'area di jazz di ricerca d'oltre Atlantico e di nuovi sviluppi portati nel jazz dalle ultime generazioni, ma perde anche una grande presenza sotto il profilo umano. Impensabile questa tragica conclusione vedendola un mese fa apparentemente felice sui palchi del festival Jazz em Agosto a Lisbona. Ricordiamo Jaimie Branch ascoltandola in brani della Exploding Star Orchestra di Rob Mazurek (con cui si è esibita a Lisbona), del suo originale gruppo Fly or Die, di An UnRuly Manifesto del sassofonista James Brandon Lewis, e come guest del trio del chitarrista svizzero David Gisler.
8/29/202256 minutes, 42 seconds
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70 anni fa: il quartetto senza pianoforte di Gerry Mulligan (2)

Nel '52 l'estetica del "quartetto senza pianoforte" di Gerry Mulligan afferra lo spirito dei tempi e gli dà una traduzione musicale che fa epoca. E' singolare che una musica come quella del quartetto di Mulligan con Baker, così felice e distesa, rilassata e tersa, nascondesse in realtà pesanti tensioni, per vie delle relazioni tutt'altro che armoniose fra Mulligan e Baker e per via dei cupi problemi di tossicodipendenza di entrambi. Il sodalizio Mulligan-Baker dura in effetti poco, meno di un anno: nel maggio del '53 proprio la registrazione di My Funny Valentine, che nella loro interpretazione si trasforma in un clamoroso successo, è l'ultima del quartetto.
8/22/202259 minutes, 59 seconds
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70 anni fa: il quartetto senza pianoforte di Gerry Mulligan (1)

Nella storia del jazz pochi piccoli complessi hanno fatto colpo, sono stati popolari, e sono entrati così profondamente nell'immaginario come il "quartetto senza pianoforte" di Gerry Mulligan con Chet Baker alla tromba: in due puntate, ne ricordiamo la breve vita in coincidenza con i settant'anni dalla prima seduta di incisione della celebre formazione, 16 agosto 1952. Nel giugno del '52 a Los Angeles Gerry Mulligan dovrebbe registrare in quartetto, ma il pianista non si fa vedere. Poi Mulligan viene scritturato in trio in un club della città, e un giovane trombettista, Chet Baker, comincia ad aggiungersi in jam al gruppo...
8/15/202257 minutes, 48 seconds
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Wadada Leo Smith: The Emerald Duets (Tum); String Quartets Nos. 1-12 (Tum)

In questa seconda puntata che dedichiamo ai due cofanetti che l'etichetta finlandese Tum ha da poco pubblicato come conclusione delle sue iniziative discografiche per celebrare gli ottant'anni di Wadada Leo Smith, completiamo la presentazione di The Emerald Duets ascoltando brani dai due cd realizzati da Wadada in duo con Jack DeJohnette: nel primo Wadada suona la tromba ma anche il piano, e DeJohnette batteria, piano, e fender Rhodes, nel secondo Wadada suona solo la tromba e DeJohnette solo la batteria. Wadada ha avuto una precoce passione per la dimensione del quartetto d'archi, fin dagli anni sessanta, e a questa passione ha potuto dare sfogo sia in incisioni che in concerti in questa ultima decina d'anni. Adesso la Tum, facendo le cose veramente in grande, pubblica la più consistente uscita discografica di Wadada fino ad oggi, e cioè un cofanetto di ben sette cd, che comprende i primi dodici quartetti d'archi scritti da Wadada appunto a partire dagli anni sessanta: nella seconda parte della puntata ne ascoltiamo due, fra cui il 10, dedicato ad Angela Davis.
8/8/202258 minutes, 17 seconds
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Wadada Leo Smith: The Emerald Duets (Tum)

Mentre abbiamo in corso una serie che ripercorre tutta la carriera di Wadada Leo Smith, vi proponiamo intanto in due puntate di Jazz Anthology qualche assaggio da due cofanetti che l'etichetta finlandese Tum ha recentemente pubblicato come conclusione delle sue iniziative discografiche per celebrare gli ottant'anni del grande trombettista. Cominciamo da The Emerald Duets, un box di cinque cd in cui Wadada - non nuovo all'interesse per il lavoro in duo con batteristi - si confronta con quattro grandi batteristi del jazz contemporaneo: Pheeroan Ak Laff, spesso al suo fianco fin dagli anni settanta, Andrew Cyrille, uno dei massimi batteristi del free jazz, Han Bennink, uno dei caposcuola dell'improvvisazione radicale europea, e Jack DeJohnette, che nella sua carriera ha lavorato fra gli altri con Miles Davis e Keith Jarrett. In questa puntata ascolteremo brani tratti dai cd, uno per ciascuno, con Ak Laff, Bennink e Cyrille.
8/1/202257 minutes, 38 seconds
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Intakt: Reiney-Laubrock-Lopez, No Es La Playa; Ingrid Laubrock - Andy Milne, Fragile; Borderlands Trio, Wandersphere; David Murray - Brad Jones - Hamid Drake, Brave New World Trio.

Sassofonista tedesca e newyorkese di adozione, Ingrid Laubrock è tra i musicisti più sistematicamente valorizzati dalla svizzera Intakt: la ritroviamo in due album, No Es La Playa, intestato a lei, al batterista Tom Rainey, e al bassista Brandon Lopez, e Fragile, in duo con il pianista canadese Andy Milne (che ha lavorato fra l'altro con i Five Elements di Steve Coleman). Con Wandersphere, nuovo (doppio) Cd del Borderlands Trio, cioè Stephan Crump, contrabbasso, Kris Davis, painoforte, e Eric McPherson, batteria, siamo nell'ambito di una improvvisazione estremamente libera, e di un interplay fra i tre musicisti il meno convenzionale possibile, e per lo più lontanissimo dalle modalità abituali di un trio piano-basso-batteria. Il Brave New World Trio è nato nel 2021 - in un momento in cui per via della pandemia era difficile trovare occasioni concertistiche per i musicisti - da una serie di ragioni che hanno a che fare con l'Italia: l'iniziativa è stata del management italiano di Murray, che ha suggerito al sassofonista di esibirsi, per alcune date in Europa, con Brad Jones, eccellente bassista che in quel momento viveva vicino a Venezia, e con Hamid Drake, considerato uno dei migliori batteristi del jazz di oggi, che è spesso a Milano. Generalmente Murray si esibisce in quartetto con pianoforte, ma in trio un mattatore come lui non sente certo la mancanza del pianoforte ed è ancora più libero.
7/25/202259 minutes
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Felipe Salles: Tiyo's Songs of Life

Del sassofonista Felipe Salles, brasiliano di Sao Paulo ma newyorkese di adozione, nel 2020 (potete trovare la puntata in podcast) abbiamo presentato The New Immigrant Experienca, un lavoro ispirato da conversazioni con i Dreamers, gli immigrati arrivati irregolarmente negli Stati Uniti da bambini. Ecco ora un nuovo album di Salles, anche questo con una esplicita valenza politica, Tiyo's Songs of Life, pubblicato dalla Tapestry. Tiyo Attallah Salah-El, all'anagrafe David Riley Jones, afroamericano, nasce in Pennsylvania nel '32, presta servizio nella guerra di Corea e viene decorato, suona il sax tenore in ambito rhythm'n'blues ma si mette nei guai e incorre in una condanna all'ergastolo, senza possibilità di libertà condizionale. Salah-El trascorre quasi cinquant'anni in un carcere della Pennsylvania: prende una laurea e un master, dà vita alla Coalition for the Abolition of Prisons, suona e compone. Fino alla morte nel 2018, a ottantasei anni. Per anni Lois Ahrens, attivista per l'abolizione delle carceri, ha cercato dei musicisti che potessero interpretare la musica di Tiyo, senza trovare chi fosse disposto a farlo, fino a quando ha contattato Salles. Sensibile alla problematica del carcere come sistema punitivo e non già "correttivo" e alla piaga della carcerazione di massa negli Usa come in Brasile, Salles, sax tenore fluido e comunicativo, ha costituito un quartetto e ha inciso le composizioni di Tiyo Attallah Salah-El: Tiyo adeso vive nella sua musica, finalmente non più dietro le sbarre.
7/18/202259 minutes, 55 seconds
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Grandi inediti - Albert Ayler: Revelations

Nel luglio del '70, Albert Ayler teneva nel sud della Francia due concerti, che, parzialmente documentati già nel '71 da due album postumi della Shandar diventati di culto (Nuits de la Fondation Maeght), sono entrati nella leggenda del free jazz: si trattava di una testimonianza dell'arte di un musicista del tutto fuori del comune, che la morte prematura, sopravvenuta in circostanze mai chiarite solo pochi mesi dopo i concerti francesi, nel novembre del '70, rendeva ancora più straordinaria. Altro materiale da quelle serate è poi stato pubblicato nel nuovo millennio dalla Esp. Ma adesso la Elemental Music, in un cofanetto di quattro CD o cinque LP pubblica l'integrale delle due serate, offrendoci molta musica inedita e proponendo i brani esattamente nell'ordine in cui furono eseguiti. Figura di originalità assoluta, protagonista della scena degli anni sessanta di forza espressiva con pochi paragoni, nei concerti della Fondation Maeght Ayler giganteggia come un musicista di creatività esplosiva, ma anche con una poetica ampia, ricca, sfaccettata. I nastri da cui è ricavato questo integrale sono stati reperiti negli archivi dell'Ina, l'Istituto Nazionale Francese dell'audiovisivo: le registrazioni erano state effettuate con apparecchiature professionali da Radio France, e la qualità del suono è eccellente; i dischi sono accompagnati da un prezioso libretto con molte foto e testimonianze (circa 100 pagine nell'edizione in Cd). Per il livello della musica, l'importanza storica e la qualità del cofanetto, Revelations di Ayler rappresenta uno dei punti più alti raggiunti finora nel trend di pubblicazione di importanti inediti di jazz a cui assistiamo da alcuni anni.
7/11/202259 minutes, 42 seconds
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Grandi inediti - Chet Baker Trio Live in Paris

L'ultimo decennio - '78-88 - della carriera e della vita di Chet Baker è fondamentalmente europeo e abbondantemente parigino. Dopo gli eroici furori del free jazz e la sbornia del jazz-rock, negli anni ottanta si riaprono ampi spazi di agibilità per un jazz più ortodosso, acustico, morbido. A Parigi intanto si assiste ad una fioritura di locali di jazz. I nuovi club della Rive droite fanno a gara per avere Baker, che nella capitale francese trova occasioni di lavoro, attenzione e rispetto, e fidati accompagnatori. Le registrazioni '83-84 effettuate da Radio France all'Esplanade de La Défense e al Petit Opportun (uno dei club di riferimento dell'epoca) adesso pubblicate dalla Elemental Music fotografano questa felice congiunzione astrale, e ci propongono un Chet Baker nella dimensione intima, cameristica, da lui molto amata, del trio con pianoforte e contrabbasso, e senza batteria.
6/13/202259 minutes, 35 seconds
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Novità We Insist!: Fazio, Tramontana, Blend 3; gli Stati generali del jazz italiano; ristampa di Bossa Nova di Basso e Valdambrini

Una puntata di attualità italiana, e non solo discografica, perché Luigi Onori (storica firma del manifesto, autore con Riccardo Brazzale e Maurizio Franco di La storia del jazz, Hoepli 2020) ci offre un articolato resoconto degli Stati generali del jazz italiano, che si sono tenuti a Bologna dal 19 al 22 maggio. Apriamo la trasmissione con tre belle novità pubblicate dalla We Insist!, giovane etichetta che coltiva un forte interesse per un tipo di jazz di ricerca e di espressioni improvvisative che altrove non trovano molto spazio: Girotondo, dell'Enrico Fazio Ensemble, Unfolding To Be You, solo del trombonista Sebi Tramontana, e Songs and Poems di Blend 3. In chiusura la segnalazione della ristampa (su etichetta Giotto Music) di Bossa Nova di Basso e Valdambrini, una chicca del jazz italiano anni sessanta: inciso nel dicembre del '62 nella scia dei primi album all'insegna del connubio jazz/bossa nova, come Jazz Samba di Getz (uscito nell'aprile '62).
6/6/202259 minutes, 1 second
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Mingus at 100: Mingus, il ritratto a fumetti di Massarutto e Squaz

Per la seconda puntata con cui rende omaggio a Charles Mingus in occasione dei cent'anni dalla nascita, Jazz Anthology ha ospite Flavio Massarutto, che ha scritto la sceneggiatura di Mingus, un lavoro a fumetti realizzato assieme al disegnatore Squaz, pubblicato da Coconino Press-Fandango. Giornalista, collaboratore del manifesto, Massarutto è un grande esperto del rapporto jazz/fumetto (in podcast potete trovare la puntata del marzo 2021 in cui abbiamo presentato il suo secondo libro sull'argomento), e la sua passione ha finito per portarlo non solo a studiarli, i fumetti, ma anche a farli. Gli abbiamo chiesto di parlarci del ritratto di Mingus che ha firmato con Squaz, e di scegliere cinque brani di Mingus e di presentarli ai nostri ascoltatori.
5/30/202259 minutes, 32 seconds
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Mingus at 100: The Lost Album From Ronnie Scott's

Quest'anno - l'anniversario per l'esattezza cadeva il 22 aprile - ricorrono cento anni dalla nascita di una delle figure fondamentali del jazz moderno, Charles Mingus, e per l'occasione al grande contrabbassista e compositore dedichiamo due puntate di Jazz Anthology. In tre puntate del luglio dello scorso anno (che potete trovare in podcast) avevamo presentato tre significativi inediti di Mingus usciti negli ultimi anni: un live a Detroit nel '73; la riedizione, con un'ottantina di minuti inediti, di Mingus at Carnegie Hall, album ricavato da una storica esibizione di Mingus nel gennaio del '74 nella prestigiosa sala newyorkese; e un live a Brema nel '75, accoppiato con un live nella stessa città nel '64. Ora, col titolo The Lost Album From Ronnie Scott's, la Resonance Records - che si è distinta con la pubblicazione di importanti inediti - mette a disposizione due ore e mezzo di musica registrate nel famoso locale londinese in una serata dell'agosto del '72, che ci mostrano un Mingus vitalissimo, audace, travolgente: dopo gli inediti precedenti, si tratta di un ulteriore, notevole arricchimento della documentazione sull'ultima stagione di creatività di Mingus prima della malattia che nel gennaio del '79 lo porterà ad una morte prematura.
5/23/202259 minutes, 19 seconds
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Louis Armstrong: Un lampo a due dita

La scoperta del rilievo del Louis Armstrong scrittore risale alla fine degli anni ottanta: poi un decennio dopo è arrivata una scelta di scritti di Armstrong meticolosamente curata da Thomas Brothers, pubblicata nel '99 dalla Oxford University Press (titolo originale: Louis Armstrong in His Own Words. Selected Writings). Si tratta di un notevolissimo (e godibilissimo a leggersi) florilegio delle diverse forme e destinazioni prese dalla intensa attività di scrittura di Armstrong lungo un arco di tempo che va dai primi anni venti alle soglie della morte, sopravvenuta nel '71: una raccolta che adesso, col titolo Un lampo a due dita, la collana Chorus della Quodlibet ha il merito di mettere finalmente a disposizione del lettore di casa nostra, con una impresa meritoria che ha richiesto un lavoro complesso e certosino da parte del traduttore Giuseppe Lucchesini e del curatore e prefatore Stefano Zenni. Su questo libro, che arricchisce in maniera importante la letteratura riguardante il jazz, ci offre un ampio parere Giorgio Rimondi, studioso che si è ampiamente dedicato al rapporto jazz/scrittura e jazz/letteratura.
5/16/202258 minutes, 52 seconds
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Per Roberto Masotti (1947-2022)

Nella notte tra il 24 e il 25 aprile è mancato a Milano, portato via da una crudele malattia, Roberto Masotti, grande fotografo che dalla fine degli anni sessanta ha seguito con passione jazz, musica improvvisata europea, avanguardie (da Demetrio Stratos a Battiato a John Cage) e per molti anni anche musica classica come fotografo ufficiale (assieme alla moglie Silvia Lelli) della Scala. Roberto è stato più volte ospite di Jazz Anthology. L'ultima nel maggio del 2019, per presentare il suo libro Jazz Area: lo ricordiamo riproponendovi pressoché integralmente la puntata. Stava per inaugurarsi la grande mostra sua e di Silvia Lelli a Palazzo Reale: abbiamo preferito non tagliare o correggere i riferimenti a quel momento, perché sentire Roberto parlare al futuro, di cose che voleva fare e che stavano per avvenire, ci dà l'illusione di averlo ancora con noi.
5/9/20221 hour, 17 seconds
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Giorgio Gaslini: Concerto della Resistenza

Quest'anno Jazz Anthology va in onda il 25 aprile, e abbiamo pensato allora di festeggiare la festa della Liberazione proponendo in questa puntata il Concerto della Resistenza tenuto dal quartetto di Giorgio Gaslini nell'Aula magna dell'Università Statale di Milano il 24 aprile 1974: il Concerto della Resistenza si tradusse in un album, pubblicato all'epoca con questo titolo dalle Edizioni di Cultura Popolare del Movimento Studentesco, e mai ristampato in Cd. Con Gianni Bedori al sax soprano e tenore, Bruno Tommaso al contrabbasso e Andrea Centazzo alle percussioni, il quartetto di Gaslini era un gruppo innovativo e originale, una delle cose migliori del jazz italiano di quegli anni. Con questo concerto il Movimento Studentesco metteva in pratica una indicazione che era venuta proprio da Salvatore Toscano, dirigente carismatico di quella organizzazione politica (e poi mancato prematuramente), che riteneva importante portare all'attenzione dei militanti - e delle masse, come si diceva allora - il jazz come forma d'arte di grande rilievo politico. Il successo di inziative come il concerto di Gaslini fu il preludio all'allestimento di una rassegna che fece epoca nel jazz italiano di allora, "Nuove tendenze del jazz italiano" (novembre 1975). Fra i brani in scaletta Fischia il vento, ma anche (il golpe in Cile era avvenuto solo pochi mesi prima, settembre 1973) la Cancion del poder popular. Come bonus finale, Bella Ciao nell'interpretazione di Marc Ribot dal suo album Songs of Resistance.
4/25/202259 minutes, 42 seconds
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60 anni fa: Jazz Samba di Stan Getz e Charlie Byrd (2)

Il successo di Jazz Samba non è immediatissimo, ma dopo l'estate del '62 l'album comincia a decollare in classifica, trainato da Desafinado, il brano che apre l'album, che viene lanciato come singolo in versione abbreviata a 2 minuti. Un po' ormai il connubio jazz/bossa nova è nell'aria, un po' è Jazz Samba di Getz a fare da detonatore, fatto sta che dopo la pubblicazione dell'album di Getz è una corsa a incidere album di jazz all'insegna della bossa nova. Tra questi c'è subito un altro album di Getz, Big Band Bossa Nova, registrato alla fine di agosto con arrangiamenti e direzione di Gary McFarland: Big Band Bossa Nova rimarrà non solo uno dei migliori album di questo filone realizzati nel '62 ma di tutto l'insieme del fenomeno jazz/bossa nova.
4/18/202257 minutes, 17 seconds
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60 anni fa: Jazz Samba di Stan Getz e Charlie Byrd

In due puntate, torniamo sul 1962 "brasiliano" di Stan Getz: nel febbraio del '62 Getz incide Jazz Samba, che esce in aprile: dopo l'estate del '62 l'album comincia a decollare nelle vendite, e col clamoroso successo di Jazz Samba esplode il fenomeno del connubio jazz/bossa nova. Fantastico esempio della capacità del grande sassofonista di prendere disinvoltamente in mano un materiale, di farne una cosa propria e di ricamarci magistralmente (l'album fu inciso in tre ore in tutto), Jazz Samba è uno degli album più popolari di tutta la storia del jazz, e ha brillantemente anticipato il fenomeno della world music.
4/11/202258 minutes, 30 seconds
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Wadada Leo Smith (7)

Fra i nuovi rapporti che Leo Smith allaccia col suo trasferimento in Connecticut, c'è anche il musicista bianco Bobby Naughton, pianista e organista che negli anni sessanta era rimasto folgorato dal free jazz ed era passato al vibrafono, e nei primi anni settanta si era fatto vivo con Leo Smith. Nel '76 Smith, Naughton e altri musicisti danno vita al Creative Music Improviser's Forum, che riprende il modello della AACM di Chicago e che fino all'84 organizza concerti di musica creativa in Connecticut. Alla metà dei settanta Naughton concepisce un album in trio, senza batteria, con l'obiettivo di suonare musica che non fosse basata su un ritmo stabile ed esplicito. Naughton compone la musica al pianoforte, la prova separatamente con Smith e col clarinettista Perry Robinson e il trio si riunisce però per la prima volta solo in studio al momento della registrazione, nell'aprile del '76. L'album, intitolato The Haunt, e cointestato ai tre musicisti, è un significativo esempio di combinazione di composizione e improvvisazione, ed è tra le incisioni più originali realizzate nel jazz d'avanguardia nella seconda metà dei settanta. Nell'agosto del '76 Leo Smith torna ad incidere un album personale - il suo terzo - con un organico più ampio di New Dalta Akhri, comprendente, oltre ad Anthony Davis al piano e a Wes Brown al contrabbasso, anche il sassofonista Oliver Lake e il ventunenne betterista Pheeroan Ak Laaf: l'album esce per l'etichetta di Smith, la Kabell, col titolo Song of Humanity.
4/4/202258 minutes, 37 seconds
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Intakt: Dave Gisler Trio with Jaimie Branch and David Murray, See You Out There; Punkt Vrt Plastik, Zurich Concert

..Due novità di due formazioni pubblicate dalla Intakt di cui ci siamo già occupati a Jazz Anthology. Del trio del chitarrista svizzero Dave Gisler avevamo a suo tempo segnalato Zurich Concert, un live registrato nel 2019 alla rassegna Unerhoert!, con guest la trombettista statunitense Jaimie Branch, una delle più interessanti figure dell'avanguardia affermatesi negli ultimi anni: la collaborazione con Jaimie Branch aveva funzionato così bene che Gisler si era già ripromesso una allargamento stabile del gruppo a quartetto; poi nel 2020 il trio ha avuto occasione di avere come guest in un club di Zurigo il sassofonista David Murray, anche in questo caso con reciproca soddisfazione: e così la Intakt ha suggerito di incidere in quintetto un nuovo album di studio di Gisler. In una puntata del novembre scorso abbiamo presentato il precedente album di Punkt Vrt Plastik, il trio della pianista slovena Kaja Draksler, del bassista svedese Petter Eldh e del batterista tedesco Christian Lillinger; il nuovo album, registrato dal vivo alla Rote Fabrik di Zurigo, è non meno convincente: da ascoltare anche in vista dell'arrivo di Kaja Draksler a Brescia il 24 aprile, in trio con Lillinger e con il sassofonista Tobias Delius.
3/28/202259 minutes, 38 seconds
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Wadada Leo Smith (6)

Dopo il ritorno nel '70 da Parigi, le strade di Leo Smith e Anthony Braxton si erano separate. Nell'ottobre del '74 però Smith è di nuovo in studio di incisione con Braxton, per un brano in trio con Richard Teitelbaum (negli anni sessanta a Roma uno degli animatori di Musica Elettronica Viva) che viene pubblicato nell'album di Braxton Trio and Duet. Nel febbraio del '76 poi Smith è di nuovo con Anthony Braxton per l'incisione dell'album di Braxton Creative Music Orchestra 1976; la formazione è molto ampia, oltre venti musicisti, e qualificatissima, praticamente una all stars (fra i componenti Roscoe Mitchell, Jon Faddis, George Lewis, Muhal Richard Abrams, Frederic Rzewski, Teitelbaum, Karl Berger, Dave Holland, Barry Altschul), le composizioni sono di Braxton, ma Smith ha un ruolo di rilievo in questo album che è un lavoro molto significativo nella produzione di Braxton degli anni settanta: suona in due dei sei brani dell'album, ma dirige l'orchestra in altri tre.
3/21/202257 minutes, 41 seconds
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Wadada Leo Smith (5)

Nei primi anni settanta Leo Smith crea il gruppo New Dalta Ahkri, che avrà diversi organici. E' con questa intestazione che Smith realizza il suo secondo album personale, Reflectativity, registrato nel novembre del '74 - sempre per la Kabell, la sua etichetta - in trio con Anthony Davis al pianoforte e Wes Brown al contrabbasso. E' proprio con gli album con Leo Smith degli anni settanta che Anthony Davis, di dieci anni meno di Leo Smith (aveva ventitré anni all'epoca di Reflectativity), comincia a mettersi in luce: Davis - che tornerà poi a collaborare con Smith anche successivamente - sarà poi un notevole pianista e leader nell'ambito del jazz d'avanguardia, ma la sua fama sarà legata soprattutto alla creazione di alcune opere, la più famosa delle quali è The Life and Times of Malcolm X. Nelle note di copertina alla ristampa di Reflectativity nel cofanetto Kabell Years: 1971-1979, pubblicato dalla Tzadik, l'etichetta di John Zorn, Davis ha scritto che la musica di Smith "vive non solo nelle sue note e nei suoi gesti musicali, ma nei silenzi (...). In questa negoziazione la musica diventa scultura - letteralmente un modellare lo spazio musicale all'interno del silenzio".
3/14/202258 minutes, 47 seconds
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Gonzalo Rubalcaba a Bergamo Jazz

..Con un paio di album della sua nutrita discografia, ritroviamo in questa puntata il pianista cubano Gonzalo Rubalcaba, certamente da annoverare fra i migliori pianisti di jazz di oggi: l'occasione è il suo ritorno - domenica 20 marzo - a Bergamo Jazz, dove nel 2009 si è esibito con il suo trio e nel 2018 in un godibilissimo duo di pianoforti con Chucho Valdes. Questa volta Rubalcaba si esibirà assieme alla cantante cubana Aymée Nuviola, con la quale ha pubblicato l'album Viento y Tiempo, un omaggio alla musica popolare cubana.
3/7/202258 minutes, 25 seconds
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Wadada Leo Smith (4)

Tornato nei primi mesi del '70 dal suo lungo soggiorno parigino, Leo Smith non vede a Chicago molte prospettive, e in settembre decide di trasferirsi in Connecticut, per raggiungere il sassofonista Marion Brown che ha incontrato per la prima volta nel corso dell'estate. Nel dicembre del '71 Leo Smith incide il primo album a suo nome, interamente in solo, in cui si alterna a tromba, flicorno, percussioni e altri strumenti: intitolato Creative Music - 1, viene pubblicato dalla Kabell, etichetta dello stesso Smith. Nell'album non mancano fra l'altro segnali dell'interesse di Smith per culture di altre parti del mondo (Africa, GIappone, Indonesia...), interesse che il soggiorno parigino ha stimolato. Il trasferimento nel '70 in Connecticut rappresenta per Smith l'inizio di un nuovo periodo, perché se il suo primo album personale lavora su alcune direttrici che sono tipiche della AACM - solo, polistrumentismo, senso dello spazio... - allo stesso tempo il fatto di essere lontano da Chicago, ma anche da New York, dove nel frattempo Braxton e Leroy Jenkins si sono trasferiti, apre per lui una fase di riflessione individuale e anche di emancipazione dalla AACM.
2/28/202257 minutes, 35 seconds
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Wadada Leo Smith (3)

Iniziamo la puntata facendo un piccolo passo indietro: prima di partire per Parigi, nel luglio del '69 Leo Smith partecipa alla registrazione di quella che diventerà la seconda facciata de Young at Heart/Wise in Time, secondo album di Muhal Richard Abrams: del quintetto raccolto in studio fa parte anche il sassofonista Henry Theadgill, che, dopo aver collaborato con Abrams nella prima metà degli anni sessanta, è appena tornato dal Vietnam. Rientrato da Parigi negli Stati Uniti nel '70, Smith registra con la Creative Construction Company, cioè un sestetto comprendente Anthony Braxton, Leroy Jenkins e Muhal Richard Abrams, solidarizza con Henry Threadgill, e collabora con Marion Brown, sassofonista che nei sessanta ha inciso con Shepp e ha persino partecipato ad Ascension di Coltrane, e poi dal '67 è stato tre anni in Europa: la storia di Brown è dunque più lunga e importante di quella di Smith, che ha inciso solo con i chicagoani che hanno appena cominciato a farsi conoscere: ma è proprio Smith a dare l'impronta più originale alle registrazioni in duo realizzate con Brown nel '70.
2/21/202259 minutes, 32 seconds
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Grandi inediti – Erroll Garner: Symphony Hall Concert

Nel 2021, in cui ricorrevano cento anni dalla nascita di Erroll Garner, sono stati pubblicati un album (cd o Lp) con una selezione di brani da una esibizione del trio di Garner alla Symphony Hall di Boston nel '59, e un box celebrativo, contenente fra l'altro in tre Lp l'integrale di quel concerto. Garner è stato uno dei più grandi pianisti della storia del jazz, e anche uno dei personaggi del jazz più amati dagli appassionati: e ascoltando la musica di Garner alla Symphony Hall non è difficile capire perché. C'è chi ha detto che il segreto della musica di Garner è stato che il pianista era una persona risolta, felice: e molta della bellezza della musica di Gerner sta in questo suo slancio positivo, gioioso, contagioso. Ma Garner non è solo esuberante: in effetti la sua composizione più celebre, Misty, che naturalmente interpreta anche alla Symphony, è una ballad. C'è qualcosa di ironico nel fatto che Garner - del resto per niente compassato, e vocalizzando senza inibizioni come era sua abitudine mentre suonava - si esibisse in un tempio della musica classica come la Symphony Hall, dimora della prestigiosa Boston Symphony Orchestra: autentico prodigio, Garner era diventato un pianista fenomenale senza saper leggere neanche un rigo di musica.
2/7/202258 minutes, 55 seconds
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Grandi inediti - Bill Evans: Behind The Dikes

..Negli ultimi anni c'è stato in campo jazzistico un grosso trend di pubblicazioni di inediti importanti, e una delle grandi figure che più hanno beneficiato - forse quella che più ha beneficiato in assoluto - di questo trend è Bill Evans. Oltre a farci ascoltare musica di qualità straordinaria, gli inediti di Evans ci permettono di moltiplicare i termini di raffronto fra i suoi diversi trii dal vivo, e fra diverse interpretazioni live dei brani del suo repertorio. Pubblicato nel 2021 dalla Elemental Music, Behind The Dikes rende conto di tre date olandesi di Bill Evans nel '69. Nel marzo del '69 il pianista registra a Hilversum, con la Metropol Orkest, orgoglio della radio pubblica dei Paesi Bassi, due brani che aveva già inciso nel '65 negli Stati Uniti con un'orchestra sinfonica; il giorno dopo Evans col suo trio, allora formato da Eddie Gomez al contrabbasso e Marty Morell alla batteria, si esibisce in uno studio di Hilversum davanti ad un piccolo pubblico di invitati, in due set per un totale di quattordici brani tutti offerti da questo album; infine in novembre il trio di Evans tornò in Olanda, e ad Amsterdam partecipò con il breve set qui documentato ad una diretta radiofonica organizzata dalla European Broadcastin Union.
1/31/202258 minutes, 28 seconds
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Tiziano Tononi ospite di Jazz Anthology

Torna a Jazz Anthology Tiziano Tononi. Il batterista e percussionista milanese ci presenta The Call: For A New Life (Felmay), il nuovo album di Nexus, che Tononi da tanti anni anima assieme a Daniele Cavallanti: a Nexus, progetto di longevità e di coerenza più uniche che rare sulla scena del jazz italiano, è appena stato attribuito il premio alla carriera del mensile Musica Jazz; Tononi ci parla inoltre del lavoro discografico sui nativi americani a cui sta lavorando; e dal palco dell'Auditorium Demetrio Stratos da cui la trasmissione è in diretta ci fa ascoltare due brani con due strumenti che ha scelto per questa serata nel suo arsenale di percussioni.
1/24/202257 minutes, 22 seconds
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Gaetano Liguori: La mia storia del jazz

Gaetano Liguori torna a Jazz Anthology a presentarci il suo nuovo libro La mia storia del jazz, da poco pubblicato da Jaca Book: dopo due anni buoni Jazz Anthology torna ad avere un ospite in studio e in diretta, e siccome per garantirci le distanze del caso trasmettiamo dallo studio montato nel nostro Auditorium Demetrio Stratos e in auditorium c'è un pianoforte, Gaetano apre e chiude la trasmissione suonandoci dei suoi brani. Intanto lo scorso anno è uscito in Francia un piccolo e prezioso libro, firmato da My Cat Is an Alien e da Philippe Robert, e intitolato Free Jazz Manifesto (editore Lenka Lente), che allinea, con poche righe di presentazione in inglese e francese, circa 170 album di free music; di questi solo tre sono italiani, e uno di questi è Collective Orchestra di Gaetano Liguori: uscito nel '76, l'album è stato ristampato nel 2016 e ne ascoltiamo un assaggio che ci riporta a tante cose che Gaetano racconta nel suo libro...
1/17/202258 minutes, 4 seconds
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Wadada Leo Smith (2)

Nel giugno del '69 Leo Smith partecipa, in trio con il violinista Leroy Jenkins, alla registrazione di un nuovo album di Anthony Braxton: proprio firmato da Smith è il brano che dà il titolo al disco. Un paio di mesi dopo Smith è a Parigi, dove nel frattempo sono già arrivati Roscoe Mitchell col suo gruppo (che proprio in questa occasione assume il nome di Art Ensemble of Chicago) e Anthony Braxton. I musicisti chicagoani si mescolano con Archie Shepp e altri reduci dal Festival Panafricano di Algeri e con altri esponenti dell'avanguardia afroamericana, in una estate parigina che sarà il canto del cigno del free jazz ma anche il trampolino di lancio del post-free di cui i chicagoani - in quel momento ancora sconosciuti a New York - sono gli alfieri. Nel settembre del '69 e nel gennaio del '70 Smith a Parigi partecipa all'incisione di altri due album di Anthony Braxton, destinati all'etichetta francese Byg; ma, non accreditato sull'album, è alla tromba anche in Comme à la radio, famoso Lp della cantante francese Brigitte Fontaine. Nel corso del suo soggiorno parigino, che si prolunga fino ai primi mesi del '70, Smith ha anche occasione di incontrare per la prima volta, e di frequentare regolarmente, in un rapporto molto formativo, Ornette Coleman.
1/10/202259 minutes, 49 seconds
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Whiteman Christmas: 25 dicembre 1938

Negli anni venti Paul Whiteman viene proclamato dai media "il re del jazz" sulla base di un enorme successo ottenuto in realtà edulcorando la bruciante novità del jazz in una blanda musica da ballo spesso largamente in debito con la musica classica. Tuttavia Whiteman aveva una sincera considerazione per i veri "re" del jazz, per musicisti come Duke Ellington e Louis Armstrong, ed era un musicista preparato, a suo modo onesto e profondamente appassionato alla musica. A partire dal '24 Whiteman investe molte risorse nell'organizzazione di ambiziose serate annuali intitolate "Experiment in Modern Music". Alla prima edizione viene presentata una composizione di Gershwin che Whiteman gli ha commissionato: è la Rhapsody in Blue, con cui la carriera di Gershwin decolla. Nel '38 molta acqua è passata sotto i ponti e Whiteman organizza "Experiment in Modern Music" già programmandola come l'ultima edizione: la serata si tiene alla Carnegie Hall il 25 dicembre, con in cartellone fra gli altri Ellington, con una composizione commissionata da Whiteman, Artie Shaw all'apice del successo, e Armstrong, che è per la prima volta nel tempio newyorkese della musica classica e che canta due spiritual.
1/3/202259 minutes, 20 seconds
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Modern Jazz Quartet Christmas: 23 dicembre 1954; 24 dicembre 1971

Rudy Van Gelder aveva allestito il suo primo studio di registrazione nel soggiorno della casa dei genitori, ad Hackensack, in New Jersey: a guardare le date di registrazione di alcune storiche incisioni del jazz moderno, bisogna dire che nei giorni prima di Natale del '54 in quello studio casalingo - e così importante nella storia del jazz - c'era decisamente un bel traffico. Il 24 dicembre, come abbiamo visto due puntate fa, Miles Davis incide alla testa di un gruppo con Thelonious Monk al piano, Milt Jackson al vibrafono, Percy Heath al contrabbasso e Kenny Clarke alla batteria; ma Jackson, Heath e Clarke erano stati al Van Gelder Studio anche il giorno prima, assieme al pianista John Lewis, come membri del Modern Jazz Quartet, che il 23 dicembre del '54 realizzò alcune tra le sue più classiche incisioni, fra cui Django, magnifica composizione di Lewis. Anni dopo, nel '71, il fortunato quartetto tenne il suo annuale concerto alla Town Hall di New York la vigilia di Natale, e in quella occasione regalò ai suoi fan un incontro con Paul Desmond, uno dei maggiori e più amati sassofonisti del jazz moderno: John Lewis si preoccupò di documentarlo con una registrazione, e dopo la morte di Desmond pensò di rendere omaggio al sassofonista ricavando dalla registrazione un album.
12/27/202159 minutes, 6 seconds
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Miles Christmas: 22 dicembre 1965

Dietro i concerti di Miles Davis al Plugged Nickel di Chicago del dicembre 1965 c'è proprio un motivo natalizio: Miles aveva l'abitudine di passare il periodo di Natale a Chicago, dove viveva la sorella. Il '65 per Miles, fra l'abbandono da parte della moglie Frances Taylor, operazioni all'anca e la frattura di una gamba, non è stato un anno facile, e diversi ingaggi del suo quintetto hanno dovuto essere annullati. Ma in autunno il quintetto riprende a suonare dal vivo, e va subito a gonfie vele: tanto che i musicisti del gruppo, in particolare Tony Williams e Herbie Hancock, trovano che nelle esibizioni ci sia così tanta sicurezza che rischia di trasformarsi in routine; proprio sull'aereo che li porta a Chicago, pensano a come - senza dire niente a Miles - aggiungere un po' di pepe. La Columbia ha predisposto la registrazione della seconda e terza serata (22 e 23 dicembre, i brani che ascoltiamo sono dalla serata del 22) dell'ingaggio al Plugged Nickel: Miles non vorrebbe, ma se rifiuta di essere registrato deve accollarsi le spese che la Columbia ha già sostenuto. Così la registrazione si fa: e così abbiamo una esaltante testimonianza del livello raggiunto dal vivo dal quintetto di Davis poco più di un anno dopo l'arrivo di Wayne Shorter al sax tenore.
12/20/202158 minutes, 30 seconds
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Miles Christmas: 24 dicembre 1954

A Natale siamo tutti più buoni, recita un famoso adagio: Miles Davis però anche a Natale lo era fino ad un certo punto. Tanto che è proprio nella seduta d'incisione del 24 dicembre del '54 che senza tanti complimenti dice a Thelonious Monk di non stargli sotto col piano quando prende i soli. Nella sua autobiografia Davis smentisce la vulgata secondo la quale la tensione fra i due sfociò in un pugno da parte di Miles: anche altre testimonianze ci dicono che il pugno non ci fu. Però Monk si offese. Ma si adeguò alla richiesta di Miles, che all'inizio del '54 si era finalmente liberato dalla schiavitù dell'eroina che aveva compromesso la sua carriera e stava tornando perentoriamente al comando: come ci dicono i brani incisi quella vigilia di Natale del '54, una bella strenna che sotto l'albero continua a fare la sua bella figura anche quasi settant'anni dopo.
12/13/202159 minutes, 42 seconds
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Wadada Leo Smith (1)

Fin dalla seconda metà degli anni sessanta tra i grandi protagonisti dell'avanguardia, Wadada Leo Smith il 18 dicembre compie ottant'anni: distintosi col post-free della cosiddetta "scuola di Chicago" e con l'improvvisazione più conseguente, in anni più recenti, col diradarsi della presenza sulla scena dei grandi esponenti del jazz delle generazioni precedenti, e col bisogno sulla scena del jazz di credibili e consistenti figure di riferimento, Wadada ha attirato l'attenzione di un pubblico più ampio. La serie che gli dedichiamo ripercorrerà la sua lunga carriera e sarà anche l'occasione per passare in rassegna i numerosi album degli ultimi anni, in cui Wadada è stato gratificato da una notevole e meritata visibilità discografica. Cominciamo dalla sua partecipazione nel '68 a 3 Composition of New Jazz, primo album personale di Anthony Braxton, continuando con la sua presenza in Funky Skull, album funk-jazz del contrabbassista Melvin Jackson, e in Humility in the Light of the Creator, primo album del sassofonista Maurice McIntyre.
12/6/202157 minutes, 22 seconds
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Grandi inediti - John Coltrane: A Love Supreme Live in Seattle

Fra i più popolari se non il più popolare fra i dischi di Coltrane, album emblematico della sua ricerca, e uno dei dischi di jazz più famosi anche fra chi non segue specificamente il jazz, A Love Supreme viene inciso da John Coltrane nel dicembre del '64. Dal sassofonista questo lavoro fu proposto dal vivo solo in rare occasioni: l'unica documentata da una registrazione era quella del luglio del '65 al festival di Antibes, dove la suite fu eseguita da Coltrane, in quartetto, su richiesta degli organizzatori. Ora è venuta alla luce, ed è stata pubblicata dalla Impulse!, una esecuzione di A Love Supreme in settetto (proprio in quel periodo Coltrane aveva cominciato ad espandere l'organico del proprio gruppo) di durata più che doppia rispetto ad A Love Supreme incisa in studio, registrata in un club di Seattle nell'ottobre del '65: un documento eccezionale, una delle più grandi ed emozionanti scoperte di questi ultimi anni così prodighi di importanti inediti nel campo del jazz.
11/29/202158 minutes, 15 seconds
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Intakt: James Brandon Lewis, Code of Being; Punkt Vrt Plastik, Somit; Fred Frith, Road

Torniamo sulle uscite della Intakt per tre album molto diversi fra loro pubblicati dall'etichetta svizzera nel 2021. In due puntate del settembre 2020 - che si possono trovare in podcast - ci eravamo occupati dei due precedenti album per la Intakt del sax tenore afroamericano James Brandon Lewis, uno dei personaggi più in vista del jazz di oggi: il nuovo album, realizzato con il suo quartetto regolare con il pianista Aruan Ortiz, il bassista Brad Jones e il batterista Chad Taylor si intitola Code of Being. Uno degli album che hanno fatto più effetto quest'anno, e non solo fra le produzioni Intakt, è la seconda uscita del trio Punkt Vrt Plastik, formato dalla pianista slovena Kaja Draksler, dal bassista svedese Petter Eldh e dal batterista tedesco Christian Lillinger: molto appassionante sia il pianismo della Draksler che l'interplay del trio, con il modo non convenzionale di procedere di basso e batteria. Infine un corroborante doppio cd, Road, di Fred Frith, grande chitarrista e sperimentatore: un cd in trio con basso e batteria, l'altro con l'aggiunta al trio della sassofonista danese Lotte Anker o della trombettista portoghese Susana Santos Silva.
11/22/202159 minutes, 53 seconds
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Grandi inediti: Nina Simone - The Montreux Years (1968-90)

..Con un doppio Lp o doppio Cd di Nina Simone, la Bmg ha inaugurato qualche mese fa la serie The Montreux Years, destinata a valorizzare registrazioni tratte da Montreux Sounds, l'archivio di registrazioni del Montreux Jazz Festival fondato da Claude Nobs, il compianto creatore e direttore del festival svizzero. Nina Simone si esibì a Montreux cinque volte, nel '68, alla seconda edizione del festival, poi nel '76, nell'81, nell'87 e infine nel '90. In uno dei due Cd è riportata integralmente l'esibizione del '68, ed è la prima volta che il concerto completo è pubblicato su Cd; nell'altro Cd è proposta invece una scelta dagli altri quattro concerti, dando spazio soprattutto a quello del '76, una delle prime esibizioni di Nina Simone in Europa da diversi anni, perché Nina Simone si era trasferita a vivere in Africa, in Liberia.
11/15/202157 minutes, 55 seconds
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Louis Armstrong (13): la All Stars live nel '62; What a Wonderful World (1967); I Will Wait for You (1968); Disney Songs The Satchmo Way (1968); Louis Armstrong and His Friends (1970)

Jazz Anthology di lun 08/11/21
11/8/202158 minutes, 46 seconds
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Louis Armstrong (12): Armstrong and Ellington Recording Together for the First Time (1961); The Great Reunion (1961 - pubblicazione 1963)

Jazz Anthology di lun 01/11/21
11/1/20211 hour, 11 minutes, 56 seconds
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Louis Armstrong (11): The Real Ambassadors (1961); Live in Berlin (1965)

Jazz Anthology di lun 25/10/21
10/25/202157 minutes, 54 seconds
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Broken Shadows: Broken Shadows (Intakt)

Broken Shadows è una composizione di Ornette Coleman apparsa in Crisis, album del sassofonista registrato dal vivo nel '69 e pubblicato nel '72, e poi registrato da Coleman in studio nel '71 ma pubblicato solo nell'82, nell'album intitolato proprio Broken Shadows. Nel 2017 il sax alto Tim Berne e il sax tenore Chris Speed hanno formato un quartetto con Reid Anderson e Dave King (il contrabbassista e il batterista del popolare trio Bad Plus), scegliendo di chiamarlo col titolo della composizione di Coleman. Broken Shadows, di cui la Intakt ha pubblicato quest'anno l'album omonimo, e che domenica 24 ottobre sarà di scena a JazzMi, si dedica a riletture di brani di Coleman, di Charlie Haden, il grande contrabbassista che tanto è stato accanto a Coleman, e di Dewey Redman e di Julius Hemphill, sassofonisti (il primo ha figurato in importanti gruppi e incisioni di Coleman) entrambi come Coleman di Fort Worth, Texas. L'interessante scelta del quartetto è quella di non dilungarsi negli assoli, e di valorizzare le melodie dei brani. Prima di ascoltare Broken Shadows, ricordiamo anche Spy vs Spy, l'album di John Zorn e Tim Berne dell'89 dedicato al repertorio colemaniano.
10/18/202157 minutes, 22 seconds
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Louis Armstrong (10): Satchmo The Great (1957); The Real Ambassadors (1961)

Jazz Anthology di lun 11/10/21
10/11/202158 minutes, 5 seconds
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Louis Armstrong (9): Ella and Louis Again; Porgy and Bess (1957)

Jazz Anthology di lun 04/10/21
10/4/202159 minutes, 46 seconds
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Louis Armstrong (8): Ella and Louis (1956)

Jazz Anthology di lun 27/09/21
9/27/202158 minutes, 16 seconds
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Louis Armstrong (7): Louis Armstrong Plays W.C. Handy (1954); Satch Plays Fats (1955); Ambassador Satch (1956)

Jazz Anthology di lun 20/09/21
9/20/20211 hour, 23 seconds
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Louis Armstrong (6): Satchmo at Pasadena (1951)

Jazz Anthology di lun 13/09/21
9/13/202157 minutes, 52 seconds
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Louis Armstrong (5): la All Stars; il festival del jazz di Nizza (1947-48)

Jazz Anthology di lun 23/08/21
8/23/202159 minutes, 33 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 16/08/2021

..Louis Armstrong (4): I primi anni trenta (1929-33)
8/16/202159 minutes, 45 seconds
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Louis Armstrong (3): gli Hot Five e gli Hot Seven; con Earl Hines (1926-29)

Jazz Anthology di lun 09/08/21
8/9/202159 minutes, 5 seconds
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Louis Armstrong (2): con Fletcher Henderson; con Bessie Smith; gli Hot Five (1924-26)

Jazz Anthology di lun 02/08/21
8/2/202159 minutes, 52 seconds
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Louis Armstrong (1): con King Oliver (1923)

Jazz Anthology di lun 26/07/21
7/26/202159 minutes, 50 seconds
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Grandi inediti - Charles Mingus: Mingus in Bremen (1964 e 1975)

Jazz Anthology di lun 19/07/21
7/19/202159 minutes, 50 seconds
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Grandi inediti: Charles Mingus - Mingus at Carnegie Hall (1974)

Album molto noto della discografia di Mingus, Mingus at Carnegie Hall fu ricavato da una esibizione del contrabbassista del gennaio del '74 e fu pubblicato nello stesso anno dalla Atlantic. L'Lp originario conteneva solo due tracce, una per facciata, due interpretazioni di oltre venti minuti ciascuna di due brani del repertorio di Ellington, C Jam Blues e Perdido: si trattava dell'ultima parte del concerto, in cui al sestetto di Mingus, in un clima da jam session, si erano aggiunti tre sassofonisti che avevano lavorato con Mingus in fasi precedenti della sua carriera, John Handy, Charles McPherson e Roland Kirk. Ora la Rhino, nel formato di tre Lp o due cd, ripropone l'album completo di tutta la prima parte del concerto, quasi ottanta minuti supplementari. Con quattro giovani, John Faddis alla tromba, George Adams al sax tenore, Hamiet Bluiett al baritono, Don Pullen al piano, e con alla batteria il fidato Dannie Richmond ritornato all'ovile, Mingus rilegge tre suoi classici, Peggy's Blue Skylight, Celia, Fables of Faubus (a cui si aggiunge il brillante Big Alice firmato da Pullen): l'arte di Mingus, con la sua meravigliosa vena melodica e il suo temperamento, che in una musica spumeggiante, scattante, nervosa, trova nuova carica e ragione d'essere nel contatto con l'energia di l'impeto di una nuova generazione.
7/12/202159 minutes, 50 seconds
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Grandi inediti - Charles Mingus: Jazz in Detroit. Strata Concert Gallery (1973)

Fra i grandi protagonisti delle vicenda del jazz, Charles Mingus è tra quelli la cui musica sta maggiormente beneficiando del trend di pubblicazione di inediti nel campo del jazz a cui si è assistito negli ultimi anni, e che si conferma anche in questo. Sull'onda dell'uscita di una edizione di molto accresciuta di Mingus at Carnegie Hall, in tre puntate passiamo in rassegna questo e altri due importanti inediti del contrabbassista. Cominciamo da Jazz in Detroit - Strata Concert Gallery, pubblicato nel 2018 da Proof Records/BBE Music come cofanetto di cinque cd o di cinque Lp o in digitale. Nella versione in cd sono tre ore e tre quarti di musica più tre quarti d'ora di parlato radiofonico e di intervista con il batterista Roy Brooks, che ci presentano Mingus in una residenza a Detroit nel '73, quando il contrabbassista è alle soglie del gruppo con cui avrebbe vissuto l'ultima stagione della sua creatività, prima che gli venisse diagnosticata la malattia che nel '79 lo portò via a soli cinquantasei anni. Di quel gruppo qui c'è già il pianista Don Pullen, mentre al sax tenore troviamo John Subblefield, alla tromba Joe Gardner e alla batteria appunto Roy Brooks. Fra i pezzi forti di questo inedito una trascinante versione di 25 minuti di uno dei capolavori di Mingus, Pithecanthropus Erectus, e due versioni di Dizzy Profile, una composizione dedicata da Mingus a Dizzy Gillespie, di cui non si hanno altri esempi nella discografia del contrabbassista.
7/5/202159 minutes, 42 seconds
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Grandi inediti - Miles Davis: Merci Miles! Live at Vienne 1991

Nell'estate del '91 Miles Davis tenne quello che sarebbe stato il suo ultimo tour europeo: tornato negli Stati Uniti, dopo alcuni altri concerti (l'ultimo all'Hollywood Bowl di Los Angeles il 25 agosto), Miles fu ricoverato in ospedale, le sue condizioni precipitarono e morì il 28 settembre. Alle soglie dei trent'anni dalla sua scomparsa (per l'occasione durante l'estate Radio Popolare gli dedicherà una serie speciale fuori da Jazz Anthology), la Rhino proprio nei giorni scorsi ha messo in circolazione (come doppio Lp, doppio Cd e in digitale) un live inedito di Davis, Merci Miles!, registrato il primo luglio 1991 all'arena di Vienne, in Francia. Nei concerti di quell'estate niente faceva presagire che la fine fosse vicina, e anche dalle testimonianze dei suoi musicisti citate nelle note di copertina da Ashley Khan (che sbaglia a scrivere che la tournée terminò a Nizza a metà luglio: l'ultimo concerto italiano fu a Castelfranco Veneto il 24 luglio) emerge un Miles Davis stanco alla fine del tour, ma focalizzato sulla musica e carismatico come leader: attraverso Merci Miles! la musica dell'ultimissimo Davis ci torna vitalissima, piena di colori, mai adagiata nella routine, incalzante e poetica. Fra i brani dell'album, oltre ad Hannibal ascoltiamo Human Nature e Time After Time, immancabili nei concerti di Davis dalla metà degli anni ottanta, e Penetration, uno dei due brani firmati da Prince compresi in questo live.
6/28/202159 minutes, 42 seconds
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Ches Smith: Path of Seven Colors

..Batterista affermato nell'ambito dell'avanguardia (lo ricordiamo accanto fra gli altri a Tim Berne, John Zorn, Marc Ribot e alla guida di propri gruppi), Ches Smith nel 2000 ha scoperto le percussioni del voodoo haitiano, e ha coltivato questo interesse studiando con musicisti di riferimento della musica haitiana negli Stati Uniti e suonando anche all'interno di situazioni religiose e tradizionali, sia a New York che ad Haiti. Nell'ultimo decennio poi Smith ha dato vita al gruppo We All Break, nato come quartetto, con il pianista Matt Mitchell e con i percussionisti e vocalist Daniel Brevil e Markus Schwartz, e poi allargato ad ottetto, con l'aggiunta di un altro percussionista-vocalist, Jean-Guy Fanfan Rene, della cantante Sirene Dantor Rene, del bassista Nick Dunston e del sassofonista Miguel Zenon. Col titolo Path in Seven Colors, e con accurate note di presentazione e corredo di testi, Smith in un elegante cofabnetto propone adesso con un cd registrato in ottetto nel 2020 l'esito più recente della sua passione per la musica del voodoo, e con un altro cd offerto come bonus la tappa in quartetto, precedente (2015) ma non meno interessante, della sua ricerca.
6/21/202159 minutes, 41 seconds
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Irene Schweizer at 80 (3)

..Nell'ultima puntata del nostro omaggio - attraverso gli album pubblicati dalla intakt - a Irene Schweizer per i suoi ottant'anni, consideriamo uno degli esempi del suo piano-solo, l'album Many and One Direction, registrato nel '96 (numero di catalogo 044); tocchiamo il suo sodalizio con la sassofonista svizzera Co Streiff, con l'album Twin Lines, registrato fra il '99 e il 2000 (numero 073); con l'album Willisau and Taktlos (con il sassofonista Fred Anderson e il batterista Hamid Drake) ricordiamo l'interesse di Irene Schweizer alla collaborazione con musicisti dell'avanguardia afroamericana (numero 104); e segnaliamo la continuità della sua passione per la formula del duo con batteristi con il secondo dei tre album con Pierre Favre, registrato nel 2003 (numero 084), e con il più recente album della Schweizer pubblicato dalla Intakt, il duo con Hamid Drake intitolato Celebration, registrato dal vivo al festival austriaco di Nickelsdorf nel 2019 e pubblicato quest'anno (numero 363).
6/14/202159 minutes, 41 seconds
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Irene Schweizer at 80 (2)

..In occasione degli ottant'anni di Irene Schweizer è stato reso disponibile in inglese un ampio e accurato volume sulla pianista svizzera scritto da Christian Broecking e in precedenza pubblicato in tedesco: in gran parte basato su interviste realizzate dall'autore con la Schweizer e con numerosi musicisti, operatori del settore, persone che hanno avuto a che fare con lei, This Uncontainable Feeling of Freedom - European Jazz and the Politics of Improvisation offre un eccellente ritratto della Schweizer e intorno a lei racconta con vivacità il mondo dell'improvvisazione europea in particolare negli anni ruggenti della free music del vecchio continente. Fin dall'adolescenza Irene Schweizer ha suonato anche la batteria, e non è un caso che nella sua discografia abbondino i duo piano-batteria: fra i primi titoli con cui la Schweizer è presente nel catalogo Intakt diversi sono appunto duo con batteristi, come quello con Han Bennink (numero di catalogo 010). Dalla metà degli anni settanta Irene Schweizer è stata attiva nel movimento delle donne, e assieme ad altre musiciste ha fatto parte del Feminist Improvising Group, un gruppo sperimentale nato nel '77: negli anni novanta poi Irene Schweizer, Maggie Nichols e Joelle Leandre hanno dato vita ad un'altra formazione tutta al femminile, il trio Les Diaboliques, di cui la intakt nel '94 ha pubblicato il primo album (numero di catalogo 033).
6/7/202159 minutes, 41 seconds
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Irene Schweizer at 80 (1)

il 2 giugno compie ottant'anni Irene Schweizer, da annoverare fra i pionieri dell'improvvisazione europea, e tra le figure più significative che il jazz d'avanguardia del vecchio continente ha espresso: le rendiamo omaggio scegliendo fra i trentatré album in cui la pianista svizzera appare nel catalogo Intakt qualche campione rappresentativo di vari aspetti della sua produzione. E' proprio di Irene Schweizer - dalla fine degli anni sessanta già pubblicata su altre etichette, in particolare sulla tedesca Fmp - l'Lp che nell'86 segna l'esordio della Intakt, Live at Taktlos, registrato alla prima edizione del festival zurighese nell'84, e poi nel 2005 ristampato in Cd (numero di catalogo 001). La Schweizer da quel momento è stata fondamentalmente pubblicata dall'etichetta svizzera, che ha ampiamente documentato il suo lavoro. Col titolo Musical Monsters (numero di catalogo 269), nel 2016 la Intakt ha anche pubblicato una registrazione live antecedente la nascita dell'etichetta, un concerto dell'80 al festival svizzero di Willisau di un formidabile quintetto assortito per l'occasione, con Don Cherry alla tromba, John Tchicai al sax alto, Irene Schweizer al piano, Leon Francioli al contrabbasso e Pierre Favre alla batteria: un eccezionale documento dell'incontro di un creatore del free jazz, Don Cherry, di un musicista europeo che nel free jazz d'oltre Atlantico si era inserito ai massimi livelli, John Tchicai, e di tre grandi protagonisti svizzeri dell'improvvisazione europea come Schweizer, Francioli e Favre.
5/31/202159 minutes, 42 seconds
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Soundpath, una composizione di Muhal Richard Abrams

Guru dell'"Associazione per la promozione dei musicisti creativi" di Chicago, l'ambito da cui sono emerse figure ancora oggi di punta come Anthony Braxton, Roscoe Mitchell, Henry Threadgill e Wadada Leo Smith, il pianista Muhal Richard Abrams, mancato nel 2017, è stato a partire dagli anni sessanta uno dei protagonisti cruciali dell'avanguardia. Su commissione di Bobby Zankel, leader di una formazione di Philadelphia, The Warriors of the Wonderful Sound, Muhal scrisse una composizione, Soundpath, che con la sua direzione fu presentato con successo appunto a Philadelphia nel 2012. Qualche mese prima di morire Muhal incoraggiò Zankel a riprendere il lavoro e a continuare a interpretarlo. Nel 2018 effettivamente Soundpath è stato riproposto a Philadelphia, con la direzione di Marty Ehrlich, forte di una lunga confidenza con la musica di Abrams, e con una formazione comprendente alcuni dei Warriors, e musicisti che avevano lavorato con Muhal a New York. Il giorno dopo la presentazione dal vivo Soundpath è stato inciso in studio, ed è adesso un album pubblicato dall'etichetta portoghese Clean Feed, che ci fa il regalo di una creazione prima inedita su disco di un musicista tanto importante, amato e rispettato. Fra i musicisti dell'orchestra, oltre a Ehrlich e Zankel, diversi nomi di tutto rilievo come Graham Haynes, Steve Swell, Michael Formanek e Chad Taylor.
5/24/202159 minutes, 42 seconds
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David Moss - Intakt (2)

Concludiamo la nostra retrospettiva su David Moss nel catalogo Intakt con gli altri tre album del batterista/vocalist pubblicati dall'etichetta svizzera. Nell'85 Moss forma la David Moss Dense Band, che - con partecipazioni di una sfilza di personaggi come John Zorn, Fred Frith, Arto Lindsay, Bill Laswell, Bill Frisell, Christian Marclay - diventa una delle cose emblematiche dell'avantgarde newyorkese degli anni ottanta: una incarnazione in quartetto della Dense Band, con Anthony Coleman alle tastiere, si ascolta in Texture Time, registrato nel '93 e pubblicato nel '94 (Intakt 034), che contiene fra l'altro un brano ispirato da italo Calvino, Invisible Cities. Time Stories, registrato nel '97 e pubblicato nel '98 (Intakt 054), consiste in una serie di duo di Moss (voce, batteria, percussioni, elettronica) con Heiner Goebbels (siamo nella fase in cui Moss collabora come vocalist con Goebbels per Surrogate Cities: proprio ascoltandolo cantare in quest'opera, Luciano Berio rimane colpito dal suo talento e lo chiama a partecipare alla sua opera Cronaca del luogo), Catherine Jauniaux, Hans Peter Kuhn, Koichi Makigami, Christian Marclay, Phil Minton e Frank Schulte. Con quattro di loro - Jauniaux, Minton, Makigami e Schulte - nel '97 Moss si esibisce a Zurigo, in un set documentato da Vocal Village Project Live at the Rote Fabrik, pubblicato nel 2001 (Intakt 068).
5/17/202159 minutes, 42 seconds
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David Moss - Intakt (1)

Il primo disco della Intakt - alle cui novità Jazz Anthology negli ultimi due anni ha dato ampio spazio - uscì trentacinque anni fa, nel 1986. Con due puntate dedicate agli album del percussionista/vocalist David Moss pubblicati dalla Intakt cominciamo una perlustrazione del catalogo "storico" dell'etichetta svizzera. Negli anni settanta secondo Down Beat fra i migliori batteristi sulla scena, già nel corso della sua collaborazione con Bill Dixon (1971-73) David Moss sviluppa però anche un forte interesse per l'espressione vocale. Negli anni ottanta come batterista/bandleader è tra i protagonisti dell'avantgarde newyorkese, ma si afferma anche nell'ambito della vocalità sperimentale. Alla fine del decennio Moss organizza il gruppo Direct Sound, che oltre a lui comprende altri quattro cantanti: Greetje Bijma, Shelley Hirsch, Anna Homler, Carles Santos: Direct Sound perché i cinque vocalist si esibiscono in solo, duo, trio senza accompagnamento strumentale e senza alcuna manipolazione delle voci, in una esaltazione della forza, della fisicità, della seduzione della voce. Un tour europeo dell'89 si traduce nell'album Five Voices (Intakt 015). Nel '91 poi Moss, quasi completamente da solo, con batteria, percussioni, chitarra, e suoni ed effetti vocali senza manipolazioni di alcun genere, realizza My Favorite Things (Intakt 022) in cui offre virtuosistiche, brillanti e spesso esilaranti rivisitazioni/reinvenzioni di brani di Prince, Ayler, Monk, Khaled, Bach, Miles Davis, e, naturalmente, di My Favorite Things.
5/10/202159 minutes, 42 seconds
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Black Top Presents: Some Good News; Evan Parker Quartet: All Knavery and Collusion

Dalla Gran Bretagna e dall'anno prima della pandemia due novità che testimoniano della vitalità dell'ambito della free music. Riferimento a Londra per il jazz d'avanguardia e la musica improvvisata, il Café Oto ha anche una attività discografica, con l'etichetta Otoroku; in due cd di circa 50 minuti ciascuno Some Good News documenta una serata al Café Oto del luglio 2019 con l'intenso flusso senza soluzione di continuità dell'improvvisazione di Orphy Robinson, marimba ed elettronica, Pat Thomas, piano ed elettronica, William Parker, contrabbasso e altri strumenti, Hamid Drake, percussioni, e della vocalist Elaine Mitchener. La Cadillac è una etichetta con una storia gloriosa e ormai antica, che dopo la morte del leggendario John Jack che l'aveva fondata nel 1973 è stata presa in mano da Mike Gavin, che sta facendo un eccellente lavoro con ristampe del catalogo storico, inediti provenienti dall'archivio (si veda la puntata di Jazz Anthology dell'ottobre 2018 dedicata a The Last Night at the Old Place, di Mike Westbrook) e nuove incisioni; nel giugno 2019 Evan Parker ha tenuto con Alexander Hawkins al piano, John Edwards al contrabbasso e Paul Lytton alla batteria uno dei suoi appuntamenti mensili al Vortex, altro club londinese di riferimento, e il giorno dopo con questo eccellente quartetto - con cui è al sax tenore - ha inciso questo album, che poi, ormai in tempi di pandemia, ha preso come titolo All Knavery and Collusion, ispirato dal Diario dell'anno della peste di Defoe.
5/3/202159 minutes, 41 seconds
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Jonas Gwangwa 1937-2021 (2)

Cointestato a Hugh Masekela e al trombettista Herb Alpert, che negli anni sessanta era stato un fenomeno di straordinario successo con la formula di una esuberante musica pseudomessicana, Main Event Live, registrato nel '78 a Los Angeles, è un album non molto noto, forse anche per via di un pregiudizio nei confronti di un maestro dell'easy listening come Alpert, ma è un disco dal vivo magnifico, dinamico, vitale, a cui Gwangwa dà un contributo molto importante, sia come trombonista che come autore di quattro degli otto brani. Con la fine degli anni settanta si apre poi per Gwangwa una nuova fase della sua vita e della sua carriera: Gwangwa sente il bisogno di tornare in Africa e di riavvicinarsi al suo paese, e accetta l'incarico - non privo di rischi - di dirigere Amandla, compagine che sul piano artistico-culturale rappresenta ufficialmente l'African National Congress. Con la fine dell'apartheid poi, nel '91, dopo esattamente trent'anni di esilio, il rientro in patria e gli ultimi decenni di una carriera gloriosa.
4/26/202159 minutes, 42 seconds
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Jonas Gwangwa 1937-2021 (1)

Jonas Gwangwa è stato una delle più importanti figure della generazione del jazz sudafricano emersa negli anni cinquanta: la sua scomparsa - a 83 anni, nel gennaio di quest'anno - ha suscitato in Sudafrica grande cordoglio, perché Gwangwa era onorato nel suo paese non solo per i suoi meriti musicali come trombonista e compositore, ma anche per il suo impegno militante, negli anni dell'esilio, nella lotta contro l'apartheid. In due puntate, ripercorriamo la sua carriera dagli esordi da ragazzino nella Father Huddleston Band (in cui si formò anche Hugh Masekela), fino alle incisioni degli ultimi decenni, dopo il rientro in patria, e lo facciamo richiamando in particolare l'attenzione su alcuni album ingiustamente non abbastanza conosciuti: in questa puntata gli Lp Jazz in Africa Vol. 1 e 2 incisi nel '59 col pianista americano John Mehegan e l'album di ambito free The Dragon Suite inciso nel '67 a New York dal polistrumentista Marc Levin e prodotto da Bill Dixon.
4/19/202159 minutes, 41 seconds
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Grandi inediti - Bailey-Bennink-Parker: Topographie Parisienne

L'improvvisazione radicale europea emerge con una fisionomia distinta rispetto a quella del free jazz d'oltre Atlantico nel corso degli anni sessanta. Nel 1970 tre capiscuola di questo filone, il sassofonista Evan Parker, il chitarrista Derek Bailey, entrambi britannici, e il batterista Han Bennink, olandese, incidono The Topography of the Lungs: prima uscita della Incus, etichetta fondata - in un'ottica di autogestione - proprio da Parker e Bailey assieme al batterista britannico Tony Oxley, The Topography of the Lungs viene subito riconosciuto come una pietra miliare dell'improvvisazione europea. E tuttavia The Topography of the Lungs, primo album del trio, rimane anche l'ultimo: negli anni successivi in effetti Bailey, Bennink e Parker hanno occasione di suonare assieme in contesti più ampi, ma raramente si producono invece come trio, e non registrano mai un altro album. E' in particolare Bailey, con la sua concezione rigorista dell'improvvisazione, che tende a sfuggire a gruppi con una configurazione fissa. Questo spiega l'importanza di Topographie Parisienne, pubblicato nel 2019 dalla francese Fou Records, un cofanetto di quattro cd, che documentano una serata dell'aprile 1981 al Dunois, glorioso locale parigino: ben tre ore e mezzo di musica, con due solo di Evan Parker, diversi duo nelle tre combinazioni possibili, e soprattutto due brani in trio di oltre quaranta minuti ciascuno, che rappresentano l'unica altra consistente testimonianza, oltre a The Topography of the Lungs, del trio di questi tre maestri.
4/12/202159 minutes, 41 seconds
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Grandi inediti - Stan Getz: Getz at the Gate

Nel 1960, per la prima volta in un decennio, Getz non risulta il sax tenore dell'anno nel referendum del mensile Down Beat: la consultazione questa volta ha premiato John Coltrane, il sax tenore che fa parte del gruppo di Miles Davis. Getz sente vacillare il suo trono e capisce che deve rientrare negli Stati Uniti. Non è che sia stato lontano moltissimo, ma nei due anni e mezzo della sua assenza molti cambiamenti cruciali sono intervenuti nella scena del jazz e nel pubblico, a cominciare dall'irruzione del free jazz. Getz deve rimontare la china. Quando nel novembre del '61 si esibisce al Village Gate di New York con Steve Kuhn al piano, John Neves al contrabbasso e Roy Haynes alla batteria, Getz è alle soglie dell'uscita del suo album con Bob Brookmeyer, che contribuirà a rilanciare la sua popolarità, e a qualche mese dall'incisione di Jazz Samba, che si tradurrà in un clamoroso successo: ma lo Stan Getz che si esibisce al Gate è ancora uno Stan Getz che si sta battendo per tornare in cima, per riaffermare il suo ruolo di grande star, è uno Stan Getz che non fa prigionieri. Pubblicato dalla Verve nel 2019, Getz at the Gate è stato ricavato da una registrazione realizzata dalla stessa Verve, e poi dimenticata nei suoi archivi per decenni: evidentemente la Verve aveva preso in considerazione l'idea di pubblicare un live, che poi però, dopo l'exploit di Jazz Samba, in quegli anni non avrebbe avuto senso: ma un live che fa felici noi oggi.
4/5/202159 minutes, 41 seconds
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Grandi inediti - Stan Getz: Live in Paris 1959

Fra i grandi inediti di ambito jazzistico venuti alla luce in questi ultimi anni, un posto di rilievo hanno senz'altro due inediti di Stan Getz di cui ci occupiamo in questa e nella prossima puntata. Live in Paris 1959 è stato pubblicato nel 2018 nella collana di grandi concerti parigini Live in Paris a cui ha dato vita Frémeaux et Associés, benemerita etichetta francese con un catalogo straordinario che va dal jazz alla world music alla canzone francese alle grandi interviste agli audiolibri (se volete ascoltare l'Etranger in versione integrale letto da Camus, ecco dove cercarlo). Live in Paris 1959 coglie il grande sassofonista in un momento molto particolare della sua vita e della sua carriera: nel '58 Getz al termine di una tournée decide di trattenersi in Europa - dove rimarrà fino alla fine del '60 - sia per stare vicino alla moglie svedese, sia per cercare di staccare dall'eroina. Dalla Danimarca, dove si stabilisce, si sposta in Europa, e suona con americani di passaggio o espatriati e con musicisti locali. A Parigi Getz è ben lieto di poter avere a fianco un batterista formidabile come Kenny Clarke, uno dei creatori della nuova concezione della batteria nel bebop, che poi nel '56 ha scelto di trasferirsi nella capitale francese. In queste registrazioni effettuate per lo più dal vivo all'Olympia e alcune in studio, Getz oltre che da Clarke è accompagnato da un altro americano ormai parigino di adozione, il chitarrista Jimmy Gourley, e da due francesi specializzati nell'accompagnare grandi jazzisti americani, Martial Solal - il più originale pianista europeo della sua generazione - e il contrabbassista Pierre Michelot, che nel '57 aveva partecipato (come del resto Kenny Clarke) all'incisione a Parigi della musica di Miles Davis per il film Ascensore per il patibolo.
3/29/202159 minutes, 41 seconds
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Libri: Flavio Massarutto, Il jazz dentro; Geoff Wills, Frank Zappa e la musica jazz; Gianni Lenoci, Alchimia dell'istante; Franco Minganti, Cool, Calm, Collected Essays.

Nella prima parte della trasmissione, corredata da brani in tema, intervistiamo Flavio Massarutto, grande esperto del rapporto fra jazz e fumetto, sul suo nuovo libro su questo argomento, Il jazz dentro (Stampa Alternativa). Poi Claudio Chianura ci presenta due libri di cui è l'editore (Auditorium Edizioni) e del primo anche il traduttore: Frank Zappa e la musica jazz di Geoff Wills, un lavoro documentato e minuzioso che sorprenderà chi su questo tema si è lasciato ingannare dalla famosa affermazione di Zappa "il jazz non è morto, ha solo uno strano odore"; e Alchimia dell'istante, riflessioni e paradossi di un improvvisatore, con cui il compianto Gianni Lenoci, eccellente pianista mancato prematuramente nel 2019, ci offre significativi pensieri sul processo creativo e l'improvvisazione. Infine Franco Minganti, studioso di cultura americana dagli interessi molto ampi, ci presenta la sua raccolta Cool, Calm, Collected Essays (Bacchilega Editore), in cui trova ampio spazio la sua passione per la musica.
3/22/202159 minutes, 43 seconds
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Intakt: Alexander Hawkins, Togetherness Music; Fred Frith-Ikue Mori, A Mountain Doesn't Know It's Tall

Fra i più brillanti musicisti europei di area jazzistica affermatisi nel nuovo millennio - compirà quarant'anni nel prossimo maggio - Alexander Hawkins da qualche anno ha trovato un interlocutore non occasionale nella Intakt, e in puntate di Jazz Anthology del 2019 e 2020 che potete trovare in podcast abbiamo seguito le sue uscite con l'etichetta svizzera: siamo adesso alla quarta, Togetherness Music, un ambizioso lavoro all'incrocio fra scrittura e improvvisazione, con una compagine di sedici elementi dalla fisionomia abbondantemente cameristica in cui figura però anche un maestro della free music europea come il sassofonista Evan Parker con improvvisazioni senza compromessi al sax soprano. Gli interessi della Intakt si estendono anche a musiche di ricerca che non rientrano propriamente in un'area definibile come jazzistica: nel caso del duo di Fred Frith - altro artista che ha con la Intakt un rapporto importante - e di Ikue Mori c'è comunque una fantastica dimensione improvvisativa, che si coniuga con il rumorismo e l'elettronica in seducentissimi paesaggi sonori, vivissimi, giocosi, pieni di humour e di musicalità.
3/15/202159 minutes, 40 seconds
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Franco D'Andrea at 80

Proprio oggi, 8 marzo, Franco D'Andrea compie ottant'anni. D'Andrea è di casa a Radio Popolare, e in attesa - non appena potremo riaprire la radio agli ospiti - di riaverlo in studio con noi, gli facciamo gli auguri con qualche flash sulla sua carriera. Cominciando da Night in Fonorama, registrato a Milano nel '64, bellissimo album intestato a Franco Tonani, in quintetto con Gato Barbieri al sax tenore; passando per gli anni settanta di Perigeo; ricordando un magnifico piano solo di cui siamo molto orgogliosi, Franco D'Andrea Live at Radio Popolare, registrato nel 2005 durante una diretta dal nostro auditorium; e concludendo con il più recente approdo della sua inesausta ricerca, il trio New Things, con Mirko Cisilino alla tromba e Enrico Terragnoli alla chitarra e all'elettronica.
3/8/202159 minutes, 40 seconds
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Intakt: Ingrid Laubrock; Snakeoil; Om; Dave Gisler Trio with Jaimie Branch

Dopo le puntate che abbiamo dedicato a novità dell'etichetta svizzera in agosto-settembre, torniamo sulla Intakt con uscite degli ultimi mesi dello scorso anno. Tra i musicisti che nella Intakt hanno trovato un interlocutore che li ha valorizzati in maniera sistematica c'è la sassofonista tedesca e newyorkese di adozione Ingrid Laubrock (a sue uscite con la Intakt avevamo dedicato anche tutta una puntata di Jazz Anthology del dicembre 2019): della Laubrock la Intakt ha adesso pubblicato il doppio cd Dreamt Twice, Twice Dreamt, il cui gli stessi brani sono interpretati sia da un piccolo gruppo che da una orchestra da camera più alcuni soliti. Con registrazionei dal vivo fra il 2009 e il 2017, The Deceptive 4 è il sesto album del gruppo Snakeoil del sassofonista Tim Berne, da una decina d'anni a questa parte una delle proposte più consistenti e coerenti del jazz più avanzato. In It's About Time, rivive Om, quartetto svizzero formato da nomi ben noti dell'avanguardia svizzera (Urs Leimgruber, Christy Doran, Bobby Burri, Fredy Studer), che con una musica sospesa fra jazz e rock ebbe un bel momento fra anni settanta e primi ottanta. Registrato dal vivo al festival Unerhoert nel 2019, Zurich Concert è un avvincente live che ci fa apprezzare la brillante intesa - malgrado si trattasse di una prima volta - del trio del chitarrista svizzero Dave Gisler con la trombettista americana Jaimie Branch, una delle figure di punta dell'avanguardia di oggi.
3/1/20211 hour, 8 seconds
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Grandi inediti - Sonny Rollins: Rollins in Holland

In un 2020 che è stato prodigo di inediti jazzistici, una delle più belle sorprese è stato certamente Rollins in Holland, pubblicato dalla Resonance, etichetta che si è distinta proprio nel campo degli inediti. Triplo vinile o doppio Cd, Rollins in Holland coglie il grande sax tenore nei Paesi Bassi nel 1967. I motivi di interesse sono molti: le registrazioni olandesi documentano Rollins all'interno di una fase ('66-'72) in cui il sassofonista diserta gli studi di incisione; Rollins trova una immediata sintonia con i due musicisti olandesi che lo accompagnano, il contrabbassista Ruud Jacobs e il batterista Han Bennink, e questo trio si ritaglia un posto significativo fra i trii di Rollins. Che la musica meritasse di essere fatta conoscere lo ha ritenuto lo stesso Rollins, che - non uso ad essere indulgente con le proprie prestazioni - considera la sua trasferta olandese del '67 uno dei punti alti della sua carriera e ha dato alla Resonance il suo imprimatur. I dischi sono proposti con dovizia di materiale di corredo, tra foto scattate durante le esibizioni olandesi del '67 di Rollins, testi dettagliati e interviste a Jacobs (nel frattempo mancato nel 2019) e Bennink, e allo stesso Rollins.
2/22/202159 minutes, 41 seconds
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Ricordo di Chick Corea, 1941-2021

In un inizio del 2021 che come perdite per il mondo del jazz non è meno luttuoso dell'anno che lo ha preceduto, per fortuna non si fa però l'abitudine alla scomparsa di tanti grandi musicisti: molta emozione ha suscitato la morte di Chick Corea, uno dei grandi pianisti di jazz della sua generazione, figura popolarissima da mezzo secolo a questa parte, e molto apprezzato anche sul piano personale da chi ha avuto il privilegio di conoscerlo. Gli rendiamo omaggio ripercorrendo con qualche flash il decennio tra i primi anni sessanta e i primi settanta, che è stato anche il più interessante della sua carriera: i primi ingaggi e le prime incisioni nell'ambito della musica latina e del latin jazz, le prime prove sotto suo nome, con gli album Tones for Joan's Bones e Now He Sings Now He Sobs, la collaborazione per il magnifico Sweet Rain di Stan Getz del '67, la partecipazione al quintetto "perduto" di Miles Davis fra il '68 e il '70, il gruppo d'avanguardia Circle con Anthony Braxton, e, ai primi passi del gruppo Return to Forever con Stanley Clarke, la nuova collaborazione con Stan Getz per Captain Marvel del '72.
2/15/202159 minutes, 42 seconds
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Grandi inediti - Ella Fitzgerald: The Lost Berlin Tapes

Negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi importanti inediti di grandi protagonisti della vicenda del jazz: un trend che si è confermato anche nel 2020. Nell'autunno scorso la Verve/Universal ha pubblicato, col titolo The Lost Berlin Tapes, un concerto del 1962 di Ella Fitzgerald a Berlino. Ella era stata con grande successo a Berlino nel 1960, e dalla sua esibizione era stato ricavato (e pubblicato a tamburo battente dalla Verve nello stesso anno) Ella in Berlin - Mack The Knife, che diventò uno dei più popolari album della cantante. Così Ella tornò a Berlino anche nel '61: questa esibizione è stata documentata dall'album Ella Returns to Berlin, pubblicato però solo trent'anni dopo, nel '91. Ella tornò anche nel '62, in una Berlino ormai divisa dal muro, e ora abbiamo a disposizione anche il suo concerto di quell'anno, che era stato registrato dal produttore e manager della Fitzgerald Norman Granz, e che poi fra tanti album della cantante pubblicati da Granz era rimasto nel cassetto, e che meritava invece senz'altro di vedere la luce: la registrazione è ottima, e in una prestazione - punteggiata da uragani di applausi - forse addirittura migliore di quella del suo classico Ella in Berlin, Ella Fitzgerald è travolgente e commovente.
2/8/202159 minutes, 42 seconds
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Il Quintetto Perduto di Miles Davis: un libro di Bob Gluck

A partire dall'estate del '68, attraverso una serie di avvicendamenti , il cosiddetto "secondo quintetto" di Miles Davis si riconfigura, e, mantenendo Wayne Shorter come sax, nel marzo '69 è ormai completamente rinnovato nella ritmica, con Chick Corea al piano, Dave Holland al basso e Jack DeJohnette alla batteria: è il cosiddetto "quintetto perduto" di Miles Davis, quintetto "perduto" perché mai entrato in studio di incisione con questo assetto, così come del resto il sestetto e il settetto che di lì a poco rappresentano delle espansioni del quintetto. Recentemente messo a disposizione del lettore italiano da Quodlibet, il libro di Bob Gluck "Miles Davis, il Quintetto Perduto e altre rivoluzioni" offre una serrata e appassionante disamina della musica del gruppo con cui Davis lavora dal vivo a cavallo fra '68 e '70, e avanza il sospetto che la sua esclusione dagli studi di incisione sia tutt'altro che casuale: con la sua strumentazione elettronica combinata con l'utilizzo di forme aperte e astratte e la sua grande componente di improvvisazione libera, a ben vedere il quintetto perduto è esteticamente - come Gluck mostra - sulla stessa lunghezza d'onda di alcune delle esperienze più audaci e radicali di ambito jazzistico dell'epoca. Nel corso della trasmissione ascoltiamo Miles dal vivo nell'estate-autunno '69 e nel marzo '70, e due esempi della musica dei gruppi coevi a cui Gluck fa riferimento, Circle e Revolutionary Ensemble.
2/1/202159 minutes, 42 seconds
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Ma Rainey, the Mother of the Blues

Prodotto da Denzel Washington. diretto da George C. Wolfe, con Viola Davis nella parte di Ma Rainey e Chadwick Boseman nella parte della figura cruciale fra quelle dei musicisti che accompagnano la cantante (Boseman che ricordiamo nel ruolo del supereroe africano Black Panther, e qui nella sua ultima interpretazione per il grande schermo, prima della morte nell'agosto scorso), Ma Rainey's Black Bottom - che si può vedere su Netflix - ha suscitato un notevole interesse. Ma chi era Ma Rainey? In questa puntata di Jazz Anthology vi raccontiamo in breve la sua storia, vi ricordiamo il suo ruolo cruciale nello sviluppo del blues urbano e vi facciamo ascoltare alcune delle sue più importanti incisioni, realizzate negli anni Venti: cominciando proprio dal brano da cui il film prende il titolo, Ma Rainey's Black Bottom.
1/25/202159 minutes, 41 seconds
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Keith Tippett: The Monk Watches The Eagles

La novità che Jazz Anthology presenta questa sera ci serve anche per rendere omaggio a Keith Tippett, una delle perdite più dolorose tra le tante che il mondo della musica ha sofferto nell'anno che ci siamo appena lasciati alle spalle. In autunno, per l'etichetta Discus, è uscito postumo The Monk Watches The Eagle. Non siamo di fronte ad una creazione di carattere jazzistico, e Tippett, che è compositore e direttore dell'opera, non suona il pianoforte: è una cantata per coro - i BBC Singers - per otto sassofoni - di cui quattro sono quelli dell'Apollo Saxophone Quartet, un complesso specializzato nell'esecuzione di un repertorio contemporaneo d'avanguardia per sax, e altri quattro sono invece degli improvvisatori, i due più noti sono Paul Dunmall e Chris Biscoe - e con la formidabile voce solista di Julie Tippett a cui si devono anche i testi. Si tratta di un lavoro contemporaneo di grande intensità, meditativo per un verso, ma anche dinamico e incisivo, a cui Tippett - che lo aveva dedicato al padre - teneva molto. The Monk Watches The Eagle è stato registrato dal vivo nel 2004, in occasione della sua prima esecuzione. Con un brano registrato a Ruvo di Puglia nello stesso anno da Tippett con la formazione pugliese Canto General, concludiamo la puntata ricordando il forte rapporto di Tippett con l'Italia, e il seguito e le amicizie che ha avuto nel nostro paese.
1/18/202159 minutes, 42 seconds
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C. Taylor, A. Braxton, R. Mitchell, M.Mengelberg, P. Brotzmann: novità di I dischi di Angelica

Angelica è una rassegna bolognese che da trent'anni in primavera propone un ampio cartellone dedicato a forme molto varie di avanguardia musicale. Già in passato Angelica ha pubblicato degli album, ma adesso la sua attività discografica sembra aver innestato un'altra marcia, con una nutrita serie di uscite e - forte di un archivio di registrazioni che testimonia della qualità della sua programmazione - con un livello molto alto delle proposte. Apriamo la puntata con un doppio cd prezioso per più di un motivo: At Angelica 2000 Bologna di Cecil Taylor, che documenta il solo dello straordinario pianista afroamericano nel 2000, ma anche la rara conversazione in pubblico alla quale Taylor si era concesso nella stessa occasione, di cui viene fornita la registrazione corredata di minuziosa trascrizione in inglese con traduzione in italiano. Passiamo in rassegna poi due album di due maestri afroamericani del post-free: il Duo (2018) del sassofonista Anthony Braxton con l'arpista Jacqueline Kerrod, e Splatter di Roscoe Mitchell, che presenta due esibizioni del 2017 di Mitchell, una delle quali con l'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna; e due di due capiscuola della free music europea: Rituals of Transition del compianto Misha Mengelberg (piano solo in diverse occasioni nel nuovo millennio, fra cui Bologna 2002), e The Catch of A Ghost cointestato al sassofonista tedesco Peter Brotzmann, al marocchino Moukhtar Gania e al chicagoano Hamid Drake, e registrato ad Angelica nel 2019.
1/11/202159 minutes, 42 seconds
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Jazz Christmas: Tony Bennett

Nato nel 1926 a New York da genitori calabresi, Tony Bennett è un grande crooner, uno dei migliori e più popolari cantanti nell'ambito che sta fra la musica leggera e il jazz. Verso una direzione più jazzistica, dopo gli esordi nel dopoguerra, si è indirizzato negli anni cinquanta e sessanta, negli anni cinquanta lavorando fra l'altro con l'orchestra di Count Basie; negli anni settanta Bennett ha poi inciso due pregevoli album in duo con Bill Evans. Nel corso della sua lunghisima carriera Bennett è stato protagonista di più di un album natalizio. In questa puntata prendiamo in considerazione il primo, Snowfall, inciso fra il '67 e il '68, con arrangiamenti e direzione d'orchestra di Robert Farnon, e - saltando quello realizzato nel 2002 con la London Symphony Orchestra - A Swingin' Christmas, un album di taglio più jazzistico dei suoi precedenti album natalizi, che Bennett realizza nel 2008 con la Count Basie Big Band, l'orchestra che continuava a portare il nome di Basie, scomparso già da una ventina d'anni: quando a ottant'anni suonati incide A Swingin' Christmas, Bennett si è lasciato alle spalle una fase di ribasso della sua carriera ed è entrato nel nuovo millennio saldamente sulla cresta dell'onda, conquistando nuove generazioni di ascoltatori.
1/4/202158 minutes, 41 seconds
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Jazz Christmas: June Christy

Uscito nel 1961, This Time of Year di June Christy è uno degli album natalizi di area jazzistica di maggiore originalità e pregio: non si basa infatti sulla riproposizione in chiave più o meno jazzistica di brani del repertorio natalizio, ma è costituito interamente di materiale originale, creato per l'occasione. June Christy è stata una delle migliori e più popolari cantanti di jazz della generazione emersa negli anni cinquanta. Classe 1925, la Christy nel '45 entra nell'orchestra di Stan Kenton, patrocinata da Anita O'Day, la straordinaria cantante che l'aveva preceduta nella formazione del grande bandleader. Di grande successo il suo album personale di debutto, Something Cool, del '53, arrangiato da Pete Rugolo, che aveva anche lui lavorato con Kenton. Di Rugolo sono anche gli arrangiamenti e la direzione orchestrale di This time of Year: nella ampia compagine impegnata nell'album troviamo jazzisti di vaglia, fra cui al sax tenore, al clarinetto basso e all'boe Bob Cooper, marito della Christy, al sax alto e al flauto Bud Shank, alla batteria Shelly Manne.
12/28/202059 minutes, 42 seconds
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Abbey Lincoln (10)

Anche nell'ultimo decennio della sua carriera Abbey Lincoln continua ad incidere per la Verve, sempre grazie al produttore Jean-Philippe Allard. Nel '98 realizza Wholly Earth (con Bobby Hutcherson); nel 2000 Over The Years (con Joe Lovano); nel 2002 It's Me (con Kenny Barron). L'ultimo album inciso da Abbey Lincoln, nel 2006, quando la cantante ha ormai settantasei anni, è Abbey Sings Abbey, in cui, con accompagnamento di chitarre, fisarmonica, violoncello, contrabbasso e batteria, rivisita brani di cui aveva scritto musica e testo e quel Blue Monk a cui aveva aggiunto delle parole, che Monk aveva apprezzato. Abbey Lincoln muore a New York nell'agosto 2010, pochi giorni dopo avere compiuto ottant'anni, e poco più di due settimane prima del cinquantesimo anniversario della prima seduta di incisione della Fredom Now Suite di Max Roach, una pietra miliare dal punto di vista estetico e civile alla cui forza e al cui fascino con la sua voce Abbey Lincoln aveva dato un contributo decisivo.
12/21/202059 minutes, 42 seconds
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Abbey Lincoln (9)

Negli anni novanta il produttore Jean-Philippe Allard continua a far incidere Abbey Lincoln a ritmo sostenuto, e la cantante si prende delle belle rivincite, dopo una carriera in cui, dopo la fase iniziale fra il '56 e i primi anni sessanta, non aveva avuto l'occasione di incidere moltissimo. Nel '92 in cui realizza Devil's Got Your Tongue è in studio anche per un album con il grande pianista Hank Jones. Nel '93 partecipa all'incisione dell'album Timelessness del pianista e sassofonista sudafricano Bheki Mseleku. Jean Philippe Allard le fa ponti d'oro e in A Turtle's Dream, album che Abbey Lincoln registra nel '94 - in cui la cantante interpreta fra l'altro Avec les temps di Leo Ferré - è coinvolto il chitarrista Pat Metheny. Nel '96 Abbey Lincol incide un altro album, Who Used To Dance, in cui canta fra l'altro Mr Tambourine Man di Dylan.
12/14/202059 minutes, 42 seconds
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Abbey Lincoln (8)

..Abbey Lincoln entra negli anni novanta con un album, The World Is Falling Down, che rilancia la sua carriera e apre una seconda primavera della sua vita artistica. Questo avviene proprio mentre grandi cantanti come Sarah Vaughan, Carmen McRae e Ella Fitzgerald stanno uscendo di scena e siamo alla fine di un'epoca per quanto riguarda il canto jazzistico. Inciso a New York nel '90, l'album, in cui Abbey Lincoln ha accanto accompagnatori di prim'ordine - Clark Terry, Jackie McLean, Charlie Haden, Billy Higgins - viene pubblicato dalla Verve. Dietro a questo rilancio c'è l'intervento di un intelligente produttore francese, Jean Philippe Allard. Il disco fa centro e un anno dopo Abbey Lincoln incide, sempre per la Verve, You Gotta Pay The Band, con la partecipazione di Stan Getz: per il grande sassofonista sarà una delle ultime sedute di incisione. La serie continua un anno dopo, con un altro album per la Verve, Devil's Got Your Tongue.
12/7/202059 minutes, 41 seconds
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Abbey Lincoln (7)

..Qualche anno dopo Talking to the Sun, nell'89 la Enja pubblica Abbey sings Billie, in cui Abbey Lincoln si confronta con il repertorio di Billie Holiday. Benché Billie Holiday sia stata la sua più importante ispirazione, l'idea non è di Abbey Lincoln: un programma dedicato a Billie Holiday le viene richiesto in occasione di una esibizione all'Universal Jazz Coalition, a New York, nel novembre 1987. Il concerto viene registrato e si traduce poi in due album: anche il secondo pubblicato, con lo stesso titolo, dalla Enja, nel 1992. In una intervista utilizzata per le note di copertina Abbey Lincoln dice di Billie Holiday: "non cercava di cantare bene o cose del genere, non cercava di dimostrare che era una grande cantante, non ha mai fatto un solo suono che sia stato insincero, ad effetto: cantava canzoni sulla sua vita, la vita della gente".
11/30/202059 minutes, 41 seconds
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Omaggio a Basilio Sulis

Dalla metà degli anni ottanta anima di "Ai confini tra Sardegna e Jazz", l'11 novembre scorso è mancato improvvisamente a Sant'Anna Arresi Basilio Sulis, che per chi ha frequentato il festival di Sant'Anna Arresi, così come per centinaia di musicisti fra i più importanti a livello internazionale che al festival hanno suonato, e che in generale non conoscevano nemmeno il suo cognome, era, semplicemente, Basilio. Con il suo temperamento, con la sua personalità speciale, Basilio con una determinazione non comune, in cui certo c'era moltissimo di sardo, è stato capace di portare avanti per trentacinque anni andando contro venti e maree il festival che aveva fatto nascere "in un angolo di periferia dell'impero", come gli piaceva dire. Votato al jazz più avanzato e audace, grazie a Basilio che lo ha guidato, "Ai confini tra Sardegna e Jazz" può vantare una tradizione, una identità e una indipendenza di scelte più uniche che rare. Rendiamo omaggio a Basilio Sulis con alcuni degli album che sono stati ricavati da concerti di protagonisti di primo piano del jazz d'avanguardia che il festival di Sant'Anna Arresi ha proposto nell'ultimo ventennio: Matthew Shipp, David S. Ware, Butch Morris, Roscoe Mitchell, Nicole Mitchell, Rob Mazurek, Evan Parker.
11/23/20201 hour, 16 seconds
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Abbey Lincoln (6)

Con il divorzio nel '70 da Max Roach, per Abbey Lincoln si apre un periodo piuttosto critico della sua vita. Per aiutarla ad uscire da una situazione difficile - Abbey Lincoln deve anche ricorrere ad una clinica psichiatrica - Miriam Makeba la porta in Africa, dove Abbey Lincoln adotta il nome di Aminata Moseka. Dopo l'album People In Me del '73, la sua attività come cantante è irregolare, e per un nuovo album bisogna attendere l'80, quando la Lincoln incide a Parigi un album - In Paris, poi ripubblicato anche con il titolo Golden Lady - con la partecipazione fra gli altri di Archie Shepp. Nell'87 esce Talking to the Sun, che nasce sulla base della collaborazione della Lincoln con il sassofonista Steve Coleman, esponente di una nuova generazione di musicisti afroamericani che con idee innovative si afferma proprio negli anni ottanta. Un album da cui si sente rispecchiata: "è finalmente la mia musica: l'ho concepito; sono la bandleader; ho scelto ogni brano; gli arrangiamenti sono miei; e sono io che ho selezionato i musicisti".
11/16/202059 minutes, 42 seconds
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Abbey Lincoln (5)

Nell'agosto del '61 Max Roach incide per la Impulse! Percussion Bitter Sweet, in due brani del quale compare anche la voce di Abbey Lincoln, largamente utilizzata in maniera non convenzionale, come uno strumento. Nel febbraio del '62 la Lincoln partecipa all'incisione di un altro album di Roach, It's Time, in cui assieme al gruppo di Roach è impiegato anche un coro diretto dal compositore afroamericano Coleridge Taylor Perkinson. Una registrazione non ufficiale (Parigi, 1964) ci consente di avere un'idea dell'attività di Abbey Lincoln dal vivo con il gruppo di Roach. Negli anni sessanta Abbey Lincoln avvia anche una significativa carriera come attrice, mentre dopo Straight Ahead del '61 bisogna attendere il '73 per un nuovo album personale della cantante: People in Me, con la partecipazione di tre musicisti che in quella fase fanno parte del gruppo elettrico di Miles Davis, il sassofonista Dave Liebman, il batterista Al Foster e il percussionista Mtume.
11/9/202059 minutes, 8 seconds
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Abbey Lincoln (4)

La Freedom Now Suite di Max Roach, con il cruciale ruolo di Abbey Lincoln, viene pubblicata dall'etichetta Candid, esperienza effimera ma che nel giro di pochi mesi, sotto la direzione artistica di un autorevole critico come Nat Hentoff, mette insieme un catalogo di assoluto rilievo. Dopo la Freedom Now Suite, Abbey Lincoln è presente in un brano dell'album intestato ai "Newport Rebels", che la Candid realizza nell'autunno del '60 sull'onda del controfestival organizzato da Charles MIngus e da Roach in polemica con la commercializzazione del festival di Newport. Poi nel febbraio del '61 la Lincoln incide per la Candid un nuovo album personale, Straight Ahead. Citato nelle note di copertina, Booker Little, uno dei grandi musicisti impegnati dell'album, commenta che Abbey Lincoln "non ha più paura": "Non ha paura delle dissonanze e di liberarsi musicalmente. Sta Imparando a fare quello che Billie Holiday ha fatto tanto bene, improvvisare sui sentimenti della canzone e non solo sulle note".
11/2/202059 minutes, 42 seconds
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Abbey Lincoln (3)

In Abbey Is Blue, Abbey Lincoln proprone fra l'altro una interpretazione di Afro Blue, brano di grande successo di Mongo Santamaria che la Lincoln è fra i primi a riprendere ed è forse la prima ad offrirne una versione cantata. L'episodio cruciale del sodalizio artistico di Max Roach e Abbey Lincoln è la Freedom Now Suite, uno dei capolavori del jazz della seconda metà del secolo, inciso nell'agosto-settembre del '60 con il cruciale contributo della cantante: dalla condizione degli schiavi e passando per il disincanto seguito all'emancipazione, la suite arriva all'Africa del '60, anno fatidico delle indipendenze africane ma anche del massacro di Sharpeville nel Sudafrica dell'apartheid. Non solo la Lincoln è decisiva per la forza e originalità espressiva della Freedom Now Suite, ma attraverso questo album offre una prova tangibile della possibilità di un'altra vocalità jazzistica, diversa da quella più canonica: la Lincoln dimostra che la vocalità jazzistica può essere anche grido, sospiro, riso, vocalità pura, insomma, ricerca libera, fuori dagli schemi.
10/26/20201 hour, 36 seconds
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Abbey Lincoln (2)

Nel '58 Abbey Lincoln incide a New York il suo terzo album, It's Magic, il secondo per l'etichetta Riverside: ad accompagnarla - in un repertorio più vario che nell'album precedente- quintetti e settetti con musicisti di prim'ordine (Art Farmer, Kenny Dorham, Curtis Fuller, Benny Golson, Wynton Kelly, Paul Chambers, Philly Joe Jones...). Nel '59 la Lincoln, con due formazioni diverse, incide il suo terzo album per la Riverside, Abbey Is Blue: fra i brani, Let Up è firmato dalla cantante, che si distinguerà anche come autrice di molto del proprio repertorio. Let Up è anche un eccellente esempio della sua inclinazione a focalizzarsi sul testo, con una interpretazione di grande temperamento e la tendenza al recitativo: ecco un aspetto della Abbey Lincoln che si differenzia da un canto jazz più convenzionale e swingante, e che cambia il ruolo della cantante nel jazz e apre innovativamente la strada alle audaci ricerche della vocalità jazzistica sperimentale degli anni sessanta e settanta.
10/19/20201 hour, 45 seconds
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Abbey Lincoln (1)

All'inizio degli anni cinquanta in un night di Honolulu, nelle Hawaii, si esibisce per un anno una cantante afroamericana poco più che ventenne che si presenta col nome d'arte di Gaby Lee: donna di straordinaria bellezza, ha successo come sensuale cantante di varietà. Nel '56, quando ormai ha adottato un nuovo nome d'arte, Abbey Lincoln, assai più impegnativo per la risonanza storico-civile del cognome, incide a Hollywood i suoi primi brani, e appare in The Girl Can't Help It - commedia musicale con protagonista Jane Mansfield che esce alla fine dell'anno - in cui interpreta un brano indossando un abito che era già stato utilizzato da Marilyn Monroe in Gli uomini preferiscono le bione. Ma una dimensione da cantante sexy non la soddisfa: Abbey Lincoln non vuole diventare la Marilyn Monroe nera. Così, dopo un primo album dal titolo ammiccante, Abbey Lincoln's Affair, a Story of a Girl in Love, vira verso una direzione più jazzistica, ispirata da Billie Holiday, dalla cui voce è rimasta folgorata da ragazzina, e nel '57 registra That's Him, il suo secondo album, in cui è accompagnata da una formazione stellare, Kenny Dorham, Sonny Rollins, Wynton Kelly, Paul Chambers e quel Max Roach che diventerà suo marito...Con questa serie Jazz Anthology vuole rendere omaggio ad una delle più grandi cantanti della storia del jazz, a novant'anni dalla nascita (agosto 1930), a dieci dalla morte (agosto 2010) e a sessant'anni dalla epocale We Insist! Freedom Now Suite (registrata fra agosto e settembre del 1960 e pubblicata nello stesso anno).
10/12/20201 hour, 46 seconds
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Makaya McCraven, Rob Mazurek...: novità dalla International Anthem

Una carrellata di novità dall'etichetta di Chicago. Dopo il fortunato album dedicato al repertorio di Gil Scott Heron, Makaya McCraven dà un seguito al suo precedente album Universal Beings con Universal Beings E & F Sides. Chicago Waves, l'album dei due musicisti californiani Carlos Nino e Miguel Atwood-Ferguson, dà l'idea dell'apertura di interessi dell'etichetta. Aquiles Navarro e Tcheser Holmes, di cui esce Heritage of the Invisible, secondo capitolo del loro album del 2014 dallo stesso titolo, fanno parte del collettivo Irreversible Entanglement, una formazione che ha attirato molto l'attenzione recentemente. Last but not least, Dimensional Stardust della Exploding Dtar Orchestra di Rob Mazurek è destinato ad essere nell'ambito del jazz di ricerca uno degli album di spicco del 2020.
10/5/20201 hour, 9 seconds
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Intakt: James Brandon Lewis, Molecular; Aruan Ortiz, Inside Rhythmic Falls

Dopo il live a Willisau di James Brandon Lewis in duo con Chad Taylor che vi abbiamo presentato tre puntate fa, la Intakt ha pubblicato un nuovo album del sassofonista afroamericano, Molecular, in cui alla batteria ritroviamo anche Chad Taylor. Brandon Lewis è un appassionato di biologia molecolare, e nella musica di questo album si fa orientare da concezioni piuttosto complesse, ma questo non gli impedisce di fare una musica molto comprensibile, non senza una buona dose di aperto lirismo. Al pianoforte in Molecular siede Aruan Ortiz: e il pianista cubano - già presente con diversi dischi nel catalogo Intakt - è anche l'intestatario di Inside Rhythmic Falls, in trio con un batterista che non ha bisogno di presentazioni, Andrew Cyrille, e col percussionista cubano Mauricio Herrera. Fra i più interessanti pianisti emrsi nel nuovo millennio, Ortiz, che vive a New York, si è distinto come una fugura importante dell'avanguardia, ma rimane molto legato alle sue radici culturali afrocubane: e - spiega il pianista, nato a Santiago de Cuba - ogni brano di questo album racconta una storia sull'Oriente dell'isola.
9/28/20201 hour, 41 seconds
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John Coltrane: Giant Steps, sessant'anni

Nel febbraio del 1960 usciva Giant Steps, epocale Lp di John Coltrane, uno degli album più importanti e popolari della storia del jazz. Per i sessant'anni dalla pubblicazione, la Rhino ha appena riproposto l'album in tre diverse formule: in doppio Lp e doppio Cd, con l'album originale e otto tracce alternative; e in una Super Deluxe Edition in download e streaming, con l'album, le otto tracce alternative e altre venti outtakes, cioè tutte le registrazioni esistenti delle session di Giant Steps.
9/21/20201 hour, 41 seconds
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Intakt: Omri Ziegele, All Those Yesterdays; Tim Berne, The Fantastic Mrs 10; Jim Black, Reckon

Continuiamo con novità discografiche pubblicate dall'etichetta svizzera Intakt. All Those Yesterdays è un album del Omri Ziegele Tomorrow Trio; Ziegele è dagli anni novanta uno dei più interessanti musicisti elvetici, e qui il sassofonista è affiancato dal contrabbassista Christian Weber e da un batterista di culto come Han Bennink. The Fantastic Mrs 10 è il sesto album di Snakeoil, da un decennio uno dei gruppi più stimolanti del jazz più avanzato, guidato dal sassofonista Tim Berne, una delle figure di punta della generazione affermatasi negli anni ottanta, e ancora proiettato nella ricerca. Fuoriclasse della batteria, Jim Black ha stabilito una forte intesa con il pianista austriaco Elias Stemeseder, che lavora a New York, tanto da formare un trio con lui e con Thomas Morgan al basso: trio originale e gustoso, che ha già inciso un altro album per la Intakt, e che adesso bissa con questo Reckon.
9/14/20201 hour, 41 seconds
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Intakt: James Brandon Lewis - Chad Taylor, Live in Willisau; Keita - Bonniman - Niggli, Kalan Teban

..Il festival del jazz di Willisau, in Svizzera, può vantare diversi importanti album intitolati Live in Willisau o Live at Willisau (Brotherhood of Breath, Cecil Taylor, Anthony Braxton), e l'album pubblicato dalla Intakt del sassofonista James Brandon Lewis e del batterista Chad Taylor si inserisce degnamente in questa tradizione, così come onora la gloriosa storia di duo sax/percussioni registrati al festival: Max Roach e Anthony Braxton, Max Roach e Archie Shepp, Rashied Ali e Arthur Rhames, Dewey Redman e Edward Blackwell. Completa la puntata un assaggio di Kalan Teban, secondo album pubblicato dalla Intakt del trio del balafonista ivoriano Aly Keita, e del batterista Lucas Niggli e del clarinettista e sassofonista Jan Galega Bronniman, entrambi svizzeri.
9/7/202059 minutes, 9 seconds
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Intakt: lngrid Laubrock - Kris Davis; Alexander Hawkins - Tomeka Reid

In questa puntata ritroviamo in album pubblicati dalla Intakt due musicisti di cui lo scorso anno avevamo presentato precedenti album usciti con l'etichetta svizzera. In una puntata (dicembre 2019) avevamo considerato tre album Intakt con denominatore comune la presenza della sassofonista tedesca, newyorkese di adozione, Ingrid Laubrock. Uno era in duo con la pianista giapponese Aki Takase: ecco ora Ingrid Laubrock di nuovo nella formula del duo con un pianoforte, in questo caso con la pianista canadese Kris Davis. In un'altra puntata (marzo 2019) avevamo invece presentato Iron into Wind, piano solo di Alexander Hawkins, che con la Intakt aveva pubblicato anche Uproot, il suo quartetto con la vocalist Elaine Mitchener. È estremamente positivo che un musicista giovane e dinamico come Hawkins trovi un interlocutore non occasionale in una etichetta come la Intakt: eccolo adesso in Shards and Constellations, duo con la violoncellista Tomeka Reid, una delle figure più interessanti espresse dalle ultime generazioni dell'AACM di Chicago.
8/31/202059 minutes, 42 seconds
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Novità di Federica Michisanti, Joelle Leandre - Pascal Contet, Enrico Fazio

..Tre novità intestate o cointestate a contrabbassisti. Jeux de couleurs (Parco della Musica Records) è il nuovo album dell'Horn Trio della contrabbassista Federica Michisanti, che proprio con l'Horn Trio in questi ultimi anni si è distinta fra i nuovi talenti del jazz italiano. Area Sismica (etichetta We Insist!) è un album registrato dal vivo ad Area Sismica di Forlì, che da anni organizza concerti e rassegne di grande qualità di musica di ricerca; ma Area Sismica è un titolo perfetto per la musica della contrabbassista Joelle Leandre, improvvisatrice consumata, una delle grandi figure della free music europea, e Pascal Contet, specialista del repertorio contemporaneo per fisarmonica, ma interessato anche all'improvvisazione: musica imprevedibile, che fa uscire dalla normalità, che tiene sul chi vive. Wabi Sabi (Leo Records) è un album pubblicato nel 2019 dal contrabbassista Enrico Fazio con la sua orchestra Critical Mass: compagine molto brillante, che offre una bella dimensione orchestrale, brani ariosi, vivaci, e interessanti interventi solistici.
8/24/202059 minutes, 42 seconds
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Bobby Previte, Jamie Saft, Nels Cline, Jerry Granelli: due uscite RareNoise

In una puntata di Jazz Anthology dell'ottobre 2019 avevamo ascoltato alcune novità della RareNoise, fra cui un album del quartetto del pianista e tastierista Jamie Saft. Ritroviamo Jamie Saft in due album RareNoise usciti quest'anno. Music from the Early 21st Century è cointestato a Bobby Previte, batteria, Saft, organo Hammond, Fender Rhodes e MiniMoog, e Nels Cline, chitarra. L'organico fa pensare a quello degli Hammond trio, ma la musica è ben diversa: questo è caso mai un Hammond trio passato attraverso l'esperienza dell'hard rock, di Hendrix, del free jazz, di un chitarrista d'avanguardia come Sonny Sharrock. Musica di tutt'altro tipo in The Gerry Granelli Trio Plays Vince Guaraldi & Mose Allison: classe 1940, Granelli è il batterista del fortunatissimo album A Charlie Brown Christmas di Vince Guaraldi, e ha lavorato poi regolarmente con quel singolare pianista e cantante che è stato Mose Allison. Granelli non è un habitué della rivisitazione di momenti del proprio passato, su cui torna qui con classe, con Bradley Jones al basso e con Saft che al pianoforte dà un'altra prova della sua versatilità e del suo talento.
8/17/20201 hour, 1 minute, 26 seconds
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Don Cherry: Om Shanti

..L'etichetta italiana Black Sweat Records ha ottenuto la registrazione originale della musica di un programma tv della Rai del '76, condotto da Franco Fayenz e intitolato Incontro con Don Cherry, e lo ha trasformato in un Cd, col titolo Om Shanti Om. Ci si può chiedere se abbia senso ricavare da un documento che era accessibile su Youtube un album, a maggior ragione considerando la forte componente visiva dell'arte di Don Cherry di quel periodo. Ma se l'aspetto visivo era a vari livelli non l'ultimo dei motivi di suggestione dell'arte di Don Cherry di allora, questo album ci porta a focalizzarci sull'ascolto, e a constatare che al netto della componente visiva delle performence di Cherry in quegli anni, la musica bastava e avanzava di per sé, e dietro la superficie "ficchettona" aveva anche tutto un suo rigore. Inoltre prima di Om Shanto Onm nessun album documentava la formazione ridota all'osso di questo album, che rappresenta uno dei momenti di più drastico allontanamento di Cherry dalla logica e dall'estatica del jazz, a favore di un radicale, visionario, sognate neofolclore universalistico di straordinaria poesia e limpidezza.
8/10/202059 minutes, 16 seconds
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Wayne Shorter (8)

..Su tutta la parte della carriera di Wayne Shorter successiva al Weather Report (un'esperienza che si esaurisce dopo la metà degli anni ottanta), ci limitiamo per concludere ad alcuni flash. Toccando la partecipazione di Shorter a Mingus, il memorabile album di Joni Mitchell che esce nel '79; e poi il duo di Shorter con Herbie Hancock, uscito nel '97 e intitolato 1 + 1. E terminiamo con il suo penultimo album, del 2013. Uno dei fatti più straordinari della carriera di Shorter è che il sassofonista ha raggiunto alcuni dei punti in assoluto più alti e interessanti della propria arte nella parte ormai tarda del suo percorso, nel nuovo millennio. Solo nel 2000, dopo oltre quarant'anni di carriera ai vertici del jazz, Shorter ha formato il suo primo gruppo acustico regolare sotto suo nome, il quartetto con Danilo Perez, John Patitucci e Brian Blade, con cui ha lavorato fino a che la salute glielo ha consentito. Un gruppo che certo non ha lisciato il pelo al pubblico, ma che al contrario lo ha sfidato, con una musica avventurosa, inquieta, non conformista, fortemente basata sull'improvvisazione, senza rete: e "senza rete", Without a Net, è il titolo del suo penultimo album, del 2013.
8/3/202059 minutes, 42 seconds
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Wayne Shorter (7)

..Miles in the Sky è allo stesso tempo il primo album di Davis in cui fanno la loro comparsa strumenti elettrici, e l'ultimo realizzato dal quintetto con Shorter, Hancok, Carter, Williams; in questa fase comincia anche a perdere peso nella musica di Davis Wayne Shorter come compositore: in Miles in the Sky c'è un solo brano di Shorter, Paraphernalia. Né in Filles de Kilimanjaro né in In a Silent Way ci sono brani di Shorter: per trovarne di nuovo uno bisogna aspettare Bitches brew, a cui Shorter contribuisce con Sanctuary. Shorter suona per l'ultima volta nel gruppo di Davis nel marzo del '70. Joe Zawinul, che Shorter conosce dalla fine degli anni cinquanta, quando entrambi erano nell'orchestra di Maynard ferguson, e che poi Shorter alla fine degli anni sessanta si è ritrovato collaboratore di Davis, nel gennaio del '71 lascia dopo dieci anni il gruppo di cannonball Adderley. Intanto Miroslav Vitous viene richiesto da Miles: non può, ma si fa poi vivo con Shorter e Zawinul con l'idea di formare un nuovo gruppo: è l'inizio dell'avventura dei Weather Report.
7/27/202059 minutes, 42 seconds
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Wayne Shorter (6)

Dopo i suoi primi tre album per la Blue Note, Shorter in alcuni degli album seguenti passa a formazioni più ampie: è il caso dell'album immediatamente successivo, The Soothsayer, inciso nel '65 (ma all'epoca Shorter registra molto per la Blue Note e non tutto esce subito: per questo album bisognerà aspettare il 1980), in sestetto con Freddie Hubbard alla tromba, James Spaulding al sax alto, McCoy Tyner al piano, Ron Carter al basso e Tony Williams alla batteria, questi ultimi due suoi compagni nel gruppo di Davis. Dopo avere inciso altri quattro album, alla fine degli anni sessanta, nella fatidica estate del '69 (pochi giorni dopo le sedute di incisione da cui nasce Bitches Brew di Miles Davis), Shorter realizza un album folgorante, Supernova: con lui, che ormai impiega anche il sax soprano, ci sono John McLaughlin e Sonny Sharrock alle chitarre elettriche, Miroslav Vitous al contrabbasso, Jack DeJohnette alla batteria e Chick Corea alla batteria e al vibrafono, questi ultimi due suoi compagni nel nuovo gruppo di Davis (Corea alle tastiere ma talvolta dal vivo anche alla batteria). Pieno di atmosfere originali, speciali, anticipatrici, Supernova è uno degli album che meglio rappresentano l'affascinante epoca musicale della fine degli anni sessanta.
7/20/202059 minutes, 41 seconds
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Wayne Shorter (5)

La misura della qualità eccelsa del quintetto di Miles Davis la dà in maniera indiscutibile il materiale registrato dal vivo: e nei live con il quintetto di Davis - prendiamo come esempi le registrazioni al Plugged Nickel di Chicago nel '65 e al festival di Newport nel '67 - Shorter è nelle sue prestazioni a livelli tra i più alti di tutta la sua carriera. Mentre lavora con Miles, Shorter prosegue con la sua produzione discografica personale: nel '64, dopo Night Dreamer e Juju (vedi la terza puntata) incide un terzo album, Speak No Evil, in quintetto con Freddie Hubbard alla tromba, con al piano e al contrabbasso i suoi due compagni nel gruppo di Davis nel quale Shorter è entrato da poco, e cioè Herbie Hancock e Ron Carter, mentre alla batteria c'è sempre Elvin Jones.
7/13/20201 hour, 36 seconds
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Omaggio a Ennio Morricone: The Big Gundown

Rendiamo omaggio a Ennio Morricone con l'album, The Big Gundown, che alla sua musica dedicò negli anni ottanta John Zorn, album che assieme a quelli dedicati da Hal Willner a Nino Rota, a Thelonious Monk, a Kurt Weill (di cui ci siamo occupati in quattro puntate di Jazz Anthology in aprile e maggio) fa parte della gloriosa stagione di avvio del fenomeno degli album-tributo. Zorn era stato coinvolto negli album dedicati a Monk e a Weill, e proprio incidendo il suo brano per l'album su Monk, Zorn aveva scoperto le risorse offerte dallo studio di registrazione in termini di sovraincisione e montaggio: questa esperienza dello studio di registrazione come strumento per comporre, per creare delle composizioni originali, confluisce in The Big Gundown. Morricone era stato una passione di Zorn praticamente da sempre, ma l'idea dell'album, inciso fra l'84 e l'85 e uscito nell'86, non era stata sua ma del produttore Yale Evelev. Dalla metà degli anni settanta Zorn era uno dei catalizzatori dell'avantgarde del Lower East Side: la sua associazione con un nome come quello di Morricone in un album pubblicato da un'etichetta importante come la Nonesuch diede una spinta notevole alla sua affermazione presso un pubblico più vasto.
7/6/202059 minutes, 43 seconds
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Wayne Shorter (4)

..Nel '64 il sassofonista George Coleman, che sa di non essere molto amato nel gruppo, lascia il quintetto di Miles Davis. Tony Williams, il batterista enfant prodige che Davis ha ingaggiato nel '63, suggerisce al trombettista di rimpiazzarlo con Sam Rivers: ma nel quintetto di Davis Sam Rivers dura giusto un'estate. Per Davis Rivers suona troppo free, non è il tipo di sassofonista che sta cercando. La prima opzione di Davis sarebbe Wayne Shorter, che però è impegnato con Art Blakey: ma appena Davis viene informato che Shorter ha lasciato i Messengers, Miles gli offre il posto. Con l'ingresso di Shorter, 31 anni, il secondo quintetto di Davis raggiunge l'assetto definitivo, con cui farà faville lasciando un segno trionfale negli anni sessanta. Shorter dà un contributo fondamentale tanto come solista che come compositore di diversi brani - basti citare il popolare Footprints - agli album del quintetto: Esp (registrato nel gennaio '65), Miles Smiles (ottobre '66), Sorcerer (maggio '67), Nefertiti (giugno-luglio '67).
6/29/202059 minutes, 27 seconds
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Wayne Shorter (3)

Dopo un altro album a proprio nome, Wayning Moments, inciso nel '61 e uscito nel '62 (con alla tromba Freddie Hubbard), Shorter, molto preso con il suo lavoro con i Jazz messengers, rientra in studio di incisione per un proprio album personale solo nel '64, ma questa volta per la Blue Note. In Night Dreamer, che esce nello stesso anno, Shorter ha accanto Lee Morgan, al piano McCoy Tyner, al basso Reggie Workman, alla batteria Elvin Jones: Tyner e Jones fanno in quel momneto parte del quartetto di John Coltrane, di cui ha fatto parte all'inizio dei sessanta anche Workman, poi entrato nei Messengers. Sempre nel '64 Shorter incide Juju, che esce nel '65: l'album questa volta è in quartetto, ancora con Tyner, Workman e Jones. Con i primi suoi due album per la Blue Note Shorter fa un salto dal punto di vista delle sue ambizioni compositive, e mostra uno stile più "emotivo" e immediato: entrambi gli album, così come diversi dei brani composti da Shorter che contengono, si affermano come dei classici.
6/22/202059 minutes, 41 seconds
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Wayne Shorter (2)

Fra il '59 e il '61 Shorter realizza i suoi primi album personali: Introducing Wayne Shorter, uscito nel '60 (con il trombettista Lee Morgan e con quella che era allora la ritmica di Miles Davis: Wynton Kelly al pianoforte, Paul Chambers al contrabbasso e Jimmy Cobb alla batteria), e Second Genesis, inciso nel '60 ma pubblicato solo nel '74. Shorter partecipa inoltre all'incisione di The Young Lions, uscito nel '61 e intestato collettivamente ai musicisti coinvolti.
6/15/202059 minutes, 53 seconds
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Wayne Shorter (1)

Senza dubbio una delle più grandi figure del jazz contemporaneo, ultimamente Wayne Shorter ha dovuto, a 86 anni e dopo la sua straordinaria carriera, fare ricorso all'aiuto di amici, colleghi e fan perché - in un paese come gli Stati Uniti che non assicura ai propri cittadini l'assistenza sanitaria - ha problemi di salute ma manca delle risorse ecominiche necessarie per poter ricevere cure adeguate: è una ingiustizia che ci addolora e che ci spinge a rendere omaggio a questo musicista che gli Stati Uniti dovrebbero considerare un grande patrimonio nazionale. Lo facciamo con una serie di puntate che ripercorrono, a grandi campate, la sua attività. Cominciamo dal Wayne Shorter che fra il '59 e il '64 si mette in luce non solo come sax tenore, ma anche come compositore di molto del nuovo materiale in repertorio e come direttore musicale con una formazione di primissimo ordine come i popolari e temibili Jazz Messengers di Art Blakey.
6/8/202059 minutes, 49 seconds
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Omaggio a Ellis Marsalis: Marsalis Family

Ellis Marsalis è una di quelle figure che i casi e le scelte della vita hanno tenuto lontano dal centro della vita jazzistica: ha passato tutta la sua vita a New Orleans, dove era nato nel 1934, e, eccellente pianista (negli anni cinquanta entrò in contatto con Ornette Coleman, negli anni sessanta incise con Nat e Cannonball Adderley) e insegnante di grande valore, sarebbe rimasto una gloria locale, se a proiettarlo ad una notorietà nazionale e internazionale non fosse poi intervenuta l'affermazione dei suoi figli e in particolare la celebrità di Wynton. Ellis Marsalis è mancato il primo aprile, portato via dal coronavirus: gli rendiamo omaggio con Marsalis Family, un brillantissimo album ricavato dal primo concerto - a New Orleans nel 2001 - in cui Ellis Marsalis e i suoi quattro figli musicisti - Wynton alla tromba, Delfeayo al trombone, Branford ai sax, Jason alla batteria - si trovarono riuniti sullo stesso palco.
6/1/20201 hour, 25 seconds
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Hal Willner: Weird Nightmare (2)

Completiamo l'ascolto dell'album dedicato da Hal Willner: oltre ai musicisti ricorrenti nell'album, troviamo come ospiti fra gli altri Chuck D dei Public Enemy, il banjoista Tony Trischka, lo scrittore Hubert Selby Jr e Leonard Cohen come voci recitanti, la vocalist Diamanda Galas, di nuovo Charlie Watts, questa volta con Keith Richards, e Dr John come vocalist. Dopo questo album-tributo, Willner ha continuato producendo album di personaggi come Lou Reed e Marianne Faithful, ma anche di scrittori e poeti come William Burroughs e Allen Ginsberg, lavorando per il cinema (America oggi e Kansas City di Altman), allestendo due album di canzoni di marinai e pirati. Concludiamo la puntata con due bonus, in attesa di ascoltare il suo album-tributo postumo dedicato a Marc Bolan, in uscita a settembre.
5/25/202059 minutes, 52 seconds
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Hal Willner: Stay Awake (2); Weird Nightmare (1)

..Con i brani con protagonisti James Taylor e Ringo Starr con Herb Alpert si conclude Stay Awake. Quattro anni dopo, nel '92, Willner realizza un altro album tributo, questa volta dedicato a Charles Mingus. La fisionomia di questo lavoro è piuttosto diversa da quella dei precedenti omaggi di Willner: invece di una grande varietà di artisti, qui c'è un gruppo base (fra gli altri Francis Thumm, Bill Frisell, Gary Lucas, Marc Ribot, Don Alias, percussionista in Bitches Brew di Miles, Greg Cohen, il contrabbassista la cui fama è legata alla sua collaborazione con John Zorn e Tom Waits) e una serie di ospiti: fra quelli che ascoltiamo in questa puntata Henry Threadgill, Robbie Robertson, Elvis Costello, Vernon Reid, Henry Rollins, Charlie Watts. Inoltre Willner sceglie di impiegare alcuni dei particolarissimi strumenti ideati dal compositore Harry Partch. Rispetto ai suoi precedenti album-tributo, qui Willner non è solo il regista dell'insieme dell'operazione ma è anche molto più direttamente responsabile del risultato complessivo, in termini di impronta musicale e di sound: e l'ambito pop-rock è rappresentato da alcuni suoi illustri protagonisti, ma non altrettanto come estetica. Nei brani che ci rimangono da ascoltare nella prossima puntata, anche un altro degli Stones, Keith Richards.
5/18/202059 minutes, 49 seconds
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Hal Willner: Stay Awake (1)

Fra Lost in the Stars e un nuovo album-tributo allestito da Willner, dedicato questa volta alle musiche dei grandi film a cartoni animati di Walt Disney, passano tre anni. Nel frattempo Willner ha lasciato il ruolo di coordinatore musicale di Saturday Night Live ed è passato a collaborare - lavoro che farà per qualche tempo - con Night Music, altro programma televisivo, sempre della NBC, dove porta fra gli altri John Cale, Miles Davis, John Zorn, Leonard Cohen, Sonny Rollins. Rispetto a Lost in the Stars, con Stay Awake, che esce nell'88, la creatività riprende quota. Scorriamo l'album ascoltando musiche da Pinocchio, Bambi, Dumbo, il libro della giungla, Biancaneve e i sette nani, La bella addormentata nel bosco, Mary Poppins, La carica dei cento e uno e altri film ancora, interpretati da Bill Frisell e Wayne Horvitz con la voce - molto popolare negli Usa - di Ken Nordine, Natalie Merchant con Michael Stipe, Los Lobos, Bonnie Raitt con i Was (Not Was), Tom Waits, Suzanne Vega, Syd Straw, Buster Poindexter, Yma Sumac con Lennie Niehaus, Aaron Neville con Dr John, Garth Hudson, NRBQ, Betty Carter, Replacements, Sinhead O'Connor, Sun Ra. Nella prossima puntata i brani finali dell'album, con protagonisti James Taylor, e Ringo Starr con Herb Alpert.
5/11/202059 minutes, 46 seconds
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Hal Willner: Lost in the Stars

Mentre sta lavorando a That's The Way I Feel Now, il doppio Lp dedicato a Monk, Willner concepisce un terzo album-tributo, consacrato questa volta a Kurt Weill, il grande musicista tedesco collaboratore di Brecht, autore delle musiche dell'Opera da tre soldi, e che poi, in esilio dalla Germania nazista, aveva avuto una seconda vita artistica, non meno interessante, nel mondo della musica americana. Uscito nell'85, Lost in the Stars ha il suo punto di forza in un assortimento di nomi di prestigio veramente eccezionale, ma rimane al di sotto della creatività degli album dedicati a Rota e a Monk con riletture delle musiche di Weill mediamente non altrettanto originali. Fra i protagonisti dell'album ascoltiamo Sting (nella ballata di Mackie Messer), Bruce Fowler, Stan Ridgway, Henry Threadgill (con Lester Bowie), Richard Butler, Bob Dorough, John Zorn, Van Dyke Parks, Lou Reed (in September Song), Carla Bley (con Phil Woods in Lost in the Stars), Tom Waits, Elliott Sharp, Dagmar Krause, Charlie Haden (in Speak Low).
5/4/202059 minutes, 48 seconds
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Hal Willner: That's The Way I Feel Now (2)

In questa puntata completiamo l'ascolto integrale del doppio Lp dedicato nell'84 da Hal Willner a Thelonious Monk, con, nell'ordine, Randy Weston, il duo Steve Lacy/Elvin Jones, un fulminante John Zorn, una formazione comprendente Pat Patrick e Roswell Rudd, gli Shockabilly di Eugene Chadbourne, Mark Bingham, Joe Jackson allora sulla cresta dell'onda (che interpreta Round Midnight), Bobby McFerrin/Bob Dorough, la pop star Peter Frampton, Steve Lacy in solo, Steve Slagle, e un eccezionale duo Steve Lacy/Gil Evans.
4/27/202058 minutes, 50 seconds
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Hal Willner: That's The Way I Feel Now (1)

Nell'84 Hal Willner, che dall'81 è diventato coordinatore musicale del popolare programma televisivo Saturday Night Live, allestisce un secondo, memorabile, album-tributo, questa volta a Thelonious Monk, che era mancato nell'82. Gli ingredienti sono gli stessi già impiegati brillantemente in Amarcord Nino Rota, ma su una scala più ampia - un Lp doppio - e con un tasso più alto di partecipazioni di ambito pop-rock. Anche qui il livello della musica è straordinario, con interpretazioni dei cavalli di battaglia di Monk spesso decisamente irrituali, ma sempre senza tradire lo spirito del grande pianista-compositore; anche qui è di grande effetto l'assortimento di musicisti coinvolti; e anche qui è una sorpresa trovare impegnati musicisti la cui associazione con la musica di Monk non è affatto scontata. In questa puntata percorriamo il primo Lp e arriviamo all'inizio della terza facciata: con, nell'ordine, Bruce Fowler (trombonista con Zappa e Captain Beefheart), i NRBQ, Donald Fagen, Dr. John, la band di Carla Bley con Johnny Griffin, Barry Harris, il gruppo dance Was (Not Was) con Sheila Jordan, Mark Bingham, Steve Lacy in duo con Charlie Rouse, veterano dei gruppi di Monk, Sharon Freeman, Todd Rundgren.
4/20/202059 minutes, 49 seconds
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Hal Willner: Amarcord Nino Rota

La sua attività di produttore è stata amplissima e variegata: lavorò fra gli altri con Lou Reed e Marianne Faithful, e nelle prima metà degli ottanta fu coordinatore musicale del popolarissimo programma televisivo Saturday Night Live. Ma la fama internazionale di Hal Willner - mancato il 7 aprile scorso per complicazioni da coronavirus - è legata in particolare ad alcuni memorabili album-tributo che Willner allesti' a partire dal principio degli ottanta. All'epoca la compresenza in uno stesso album di artisti appartenenti ad ambiti musicali diversi era tutt'altro che scontata. Nell'81 Willner, venticinquenne, realizzò Amarcord Nino Rota, un omaggio all'autore delle musiche dei film di Fellini: la genialità di Willner stava tanto nell'assortimento di musicisti coinvolti, quanto nella sorpresa che riusciva ad ingenerare nell'ascoltatore proponendogli la musica del grande compositore rivisitata da artisti la cui associazione col mondo musicale di Rota e dei film di Fellini era in molti casi tutt'altro che ovvia: chi si sarebbe aspettato di trovare Rota interpretato da Deborah Harry, la cantante dei Blondie, figura di culto della new wave anni settanta, e da Muhal Richard Abrams, guru dell'avanguardia chicagoana? Oltre a loro Jaki Byard, Bill Frisell, Carla Bley (in uno strepitoso Otto e mezzo), e Steve Lacy (in un magico Roma in solo al soprano).
4/13/202059 minutes, 52 seconds
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Felipe Salles: The New Immigrant Experience

Felipe Salles è nato a Sao Paulo, e in Brasile ha lavorato come sassofonista nell'ambito del jazz ma anche con personaggi di primo piano della musica popolare brasiliana come Daniela Mercury. Alla metà degli anni novanta si è trasferito negli Stati Uniti, prima a Boston, per approfondire i propri studi musicali, e poi a New York, dove si è affermato come compositore e artefice di progetti notevolmente originali, fra jazz, musica contemporanea e world music. Per quanto riguarda il jazz, Salles negli Stati Uniti ha lavorato fra gli altri con Randy Brecker, Dave Liebman, Jerry Bergonzi, Bob Moses. La sigla della nostra trasmissione Considera l'armadillo è tratta da un brillante album di Salles, il cd del 2014 Ugandan Suite. Pubblicato dalla Tapestry Records, The New Immigrant Experience propone musica ispirata da conversazioni dello stesso Salles con dreamers, immigrati che sono arrivati negli Usa irregolarmente da bambini: Obama aveva creato un programma che dava ai dreamers la possibilità di vivere, lavorare e studiare legalmente negli Usa, ma poi questo programma è entrato nel mirino delle politiche anti-immigrati di Trump. Salles, che malgrado i prestigiosi riconoscimenti ottenuti con la sua attività non ha dimenticato di essere un immigrato, ha dichiarato di considerare un onore avere incontrato le persone che ha intervistato e aver potuto con la sua musica raccontare le loro storie.
4/6/202059 minutes, 48 seconds
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Ricordo di Manu Dibango, 1933-2020

Battistrada della musica africana moderna, antesignano della world music, Manu Dibango aveva cominciato con il jazz, che è poi sempre rimasto il suo grande amore. Mandato dai genitori a proseguire i suoi studi in Europa, Dibango era sbarcato sedicenne a Marsiglia nel '49: la scoperta del jazz, che negli anni cinquanta in Francia con personaggi come Sidney Bechet - uno degli eroi di Dibango - era popolarissimo, aveva portato Manu a imparare a suonare il sax. Tra i brani con cui, ad una settimana dalla scomparsa, gli rendiamo omaggio, ascoltiamo Petite Fleur, grande successo di Bechet riletto da Dibango nel 2007 in un album dedicato al pioniere del jazz di New Orleans, e Electric Africa, dall'omonimo album di Dibango, in cui il musicista camerunese è in compagnia fra gli altri di Herbie Hancock e Bill Laswell: oltre naturalmente a Soul Makossa.
3/30/202059 minutes, 8 seconds
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Ricordo di McCoy Tyner, 1938-2020

La scomparsa pochi giorni fa di McCoy Tyner ha suscitato molta emozione, e una ragione è senz'altro che il grande pianista, 81 anni, era l'ultimo dei componenti del favoloso quartetto di John Coltrane che fece epoca nella prima metà degli anni sessanta; quel quartetto ha poi profondamente suggestionato la nuova generazione di appassionati che è arrivata al jazz negli anni successivi alla morte di Coltrane, ma poi ha via via conquistato altre generazioni più giovani, ed è stato scoperto anche da tanti, anche in questi ultimi decenni, che senza essere specificamente degli appassionati di jazz non sono rimasti insensibili di fronte al fascino della musica di Coltrane. Rendiamo omaggio a McCoy Tyner ascoltandolo in My Favorite Things e A Love Supreme di Coltrane, e poi nel suo classico live a Montreux nel '73 (dall'album Enlightenment) e in una magnifica versione orchestrale di Afro Blue, sempre del '73 (dal suo album Song of the New World).
3/9/20201 hour, 3 seconds
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Novità di James Brandon Lewis, Jaimie Branch, Tomas Fujiwara

In questa puntata presentiamo tre notevoli album usciti di recente di tre figure di punta delle ultime generazioni dell'avanguardia d'oltre Atlantico: An UnRuly Manifesto del sassofonista James Brandon Lewis (Relative Pitch Records); Fly or Die II. Bird Dogs of Paradise della trombettista Jaimie Branch (International Anthem); Triple Double del batterista Tomas Fujiwara (Firehouse Records).
2/17/202059 minutes, 45 seconds
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Claudio Fasoli ospite di Jazz Anthology

Tra le maggiori figure espresse dal jazz italiano, con all'attivo una carriera lunghissima, ricca di sfaccettature, in cui ha avuto accanto molte figure tra le più notevoli del jazz europeo e americano, oltre che naturalmente di quello della penisola, Claudio Fasoli - per la prima volta ospite di Jazz Anthology - non smette di cercare, nuova musica e nuove sfide, come testimoniano i suoi gruppi e la sua discografia di questi ultimi anni. Con Fasoli a introdurci gli album, Jazz Anthology vi propone una carrellata di alcune delle sue produzioni più recenti ma anche alcune imprtanti ristampe di suoi lavori, segnalandovi anche la seconda edizione di Inner Sounds, il libro che è stato dedicato al sassofonista.
2/10/202059 minutes, 53 seconds
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Sam Rivers (8)

La discografia di Sam Rivers è piuttosto nutrita, e dopo avere visto nelle prime puntate abbastanza in dettaglio i primi anni di attività di Rivers in studio di incisione, ci siamo limitati ad offrirne qualche momento esemplare. In quest'ultima puntata concludiamo con un paio di aspetti ulteriori. Uno è quello del rapporto di Rivers con l'etichetta tedesca Fmp, faro dell'improvvisazione radicale europea. Alla metà degli anni novanta Rivers partecipa a Berlino ad una delle iniziative della Fmp, esibendosi con una compagine di cui fa parte anche il pianista Alexander von Schlippenbach, uno dei capiscuola della free music europea: ne nasce il live Backgrounds for Improvisors; sempre a Berlino Rivers viene registrato dalla Fmp dal vivo in un solo documentato dall'album Portrait. Un altro aspetto è quello del rapporto con la nuova generazione afroamericana emersa negli anni ottanta: uno degli esponenti cruciali di questa nuova leva, il sassofonista Steve Coleman, alla fine degli anni ottanta produce due album della RivBea All Star Orchestra di Rivers. Rivers avrebbe poi continuato a suonare fin oltre gli ottant'anni, e sarebbe mancato a ottantotto, alla fine di dicembre del 2011.
2/3/202059 minutes, 48 seconds
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Sam Rivers (7)

..Nell'estate del '73 Rivers è al prestigioso festival svizzero di Montreux, e dalla sua esibizione la Impulse ricava l'album Streams. Nell'estate successiva Rivers è alla prima edizione di Umbria Jazz: in Italia c'è un nuovo pubblico giovanile ingordo di jazz d'avanguardia, e Rivers, un mattatore, è uno dei personaggi in cui questo pubblico giovanile si identifica maggiormente. Alla metà degli anni settanta di Rivers cominciano ad interessarsi diverse etichette italiane: nel '75 Rivers partecipa a Capricorn Rising, intestato a Don Pullen, per la Black Saint; nel '76 incide The Quest per la Red Record; nell'estate del '76 Rivers è per due sere a Umbria Jazz e dalle sue esibizioni la Horo ricava due Lp doppi, intitolati Black Africa!
1/27/202059 minutes, 42 seconds
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Sam Rivers (6)

Con la prima metà degli anni settanta Rivers dispiega la propria vena di polistrumentista, in sintonia con una tendenza che caratterizza l'avanguardia dell'epoca. Sempre nella prima metà degli anni settanta Rivers apre a New York il suo studio Rivbea, che diventa rapidamente un punto di riferimento e di aggregazione per musicisti dell'avanguardia, e funziona da battistrada del movimento che viene chiamato loft-jazz. Dell'effervescenza dell'avanguardia di cui Rivers diventa un guru è una testimonianza l'album Crystals, inciso nel '74, in cui Rivers offre un saggio anche delle proprie idee compositive, che lo collocano a pieno diritto nella creatività multiforme del post-free degli anni settanta.
1/20/202059 minutes, 51 seconds
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Sam Rivers (5)

Dopo il trasferimento da Boston a New York, Rivers stabilisce un rapporto di collaborazione destinato a durare alcuni anni con il pianista Cecil Taylor, alfiere del free la cui ricerca è in un momento di forte ebollizione, come testimoniano i tre album Nuits de la Fondation Maeght registrati a St Paul de Vence in Costa Azzurra nel luglio del '69: per Rivers si tratta della prima trasferta europea. È questo il Sam Rivers che il pubblico europeo scopre e comincia a considerare una figura di riferimento. Lo status di figura di punta dell'avanguardia si consolida poi con la partecipazione al quartetto di Dave Holland che nel '72 incide Conference of the Birds, con Anthony Braxton come altro fiato.
1/13/202059 minutes, 47 seconds
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Jazz Christmas: Vince Guaraldi, Louis Armstrong

La nostra carrellata sui più classici album natalizi di ambito jazzistico e dintorni si conclude con A Charlie Brown Christmas, di Vince Guaraldi, del '65, e con What a Wonderful Christmas, compilation imperniata su brani di Armstrong e anche di altri allestita nel '97.
1/6/202058 minutes, 50 seconds
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Jazz Christmas: Ella Fitzgerald, Nat King Cole

La nostra carrellata sui più classici album natalizi di ambito jazzistico e dintorni continua con Ella Wishes You a Swinging Christmas, uscito nel '60, e con The Christmas Song di Nat King Cole, uscito originariamente nel '60 col titolo The Magic of Christmas.
12/30/201959 minutes, 53 seconds
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Jazz Christmas: Frank Sinatra

In tre puntate, una carrellata sui più classici album natalizi di ambito jazzistico o imparentato col jazz. Album che per lo più - cioè quelli di Sinatra, della Fitzgerald, di Nat King Cole e di Vince Guaraldi - risalgono a più di cinquanta o addirittura a più di sessant'anni fa nel caso di A Jolly Christmas from Frank Sinatra, mentre quello di Armstrong è invece una compilation postuma allestita una ventina d'anni fa, ma che continuano ad essere ancora oggi tra i dischi natalizi in assoluto più amati e anche più venduti. Cominciamo dall'album natalizio per eccellenza di Sinatra, A Jolly Christmas from Frank Sinatra, realizzato nel 1957.
12/23/20191 hour, 3 seconds
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Sam Rivers (4)

Nel '65 Rivers incide il suo secondo album, Contours, che esce però solo nel '67. Un album audace, anche più del precedente album personale di Rivers, ma in cui il sassofonista riesce comunque a tenersi brillantemente in equilibrio fra la sua inclinazione al free e una musica che non scontenti gli ascoltatori legati ai modelli dell'hard bop: probabilmente una precisa strategia, dato che l'estetica della Blue Note non prevedeva una apertura eccessiva all'avanguardia.
12/16/201958 minutes, 50 seconds
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Ingrid Laubrock: tre album Intakt

Tre album pubblicati nel 2019 dalla Intakt, etichetta svizzera che è un riferimento nel campo del jazz di ricerca e dell'improvvisazione, e che pur dedicandosi a questo ambito non facile riesce ad ampliare costantemente il suo catalogo con una nutrita produzione. Gli album hanno come denominatore comune la presenza della sassofonista Ingrid Laubrock: cinquantenne, è una delle figure più interessanti e attive espresse dall'improvvisazione europea dopo la generazione emersa negli anni sessanta; tedesca, newyorkese di adozione, da diversi anni collabora strettamente con Anthony Braxton. I tre album sono: Combobulated, del trio del batterista americano Tom Rainey (con Mary Halvorson alla chitarra); Channels, cointestato al contrabbassista Stephan Crump, alla Laubrock e al pianista Cory Smythe; e Kasumi, duo della Laubrock con la pianista Aki Takase.
12/9/201958 minutes, 35 seconds
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Sam Rivers (3)

Sam Rivers è per il Miles Davis del '64 un sax tenore troppo sbilanciato verso l'avanguardia: la sua collaborazione con il trombettista è molto breve, ma è comunque per Rivers l'occasione di uscire dalla sua marginalità sulla scena jazzistica e di emergere anche discograficamente. Quando nel dicembre del '64 Rivers incide per la Blue Note il proprio primo album personale, Fuchsia Swing Song, nel gruppo di Davis è già stato sostituito da Wayne Shorter. Nell'aprile del '65 Rivers partecipa all'incisione sempre per la Blue Note di quello che sarà il primo album intestato a Bobby Hutcherson, il vibrafonista più brillante emerso dopo Milt Jackson: nell'album, intitolato Dialogue, Rivers figura come polistrumentista, impegnato a sax tenore, sax soprano, clarinetto basso e flauto. Nell'agosto del '65 Rivers è poi in studio per la registrazione del secondo album personale di Tony Williams, Spring, in cui Rivers si trova accanto fra gli altri anche Shorter, il sax tenore che più o meno un anno prima lo ha sostituito nel quintetto di Davis.
12/2/201959 minutes, 45 seconds
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Sam Rivers (2)

Alla fine degli anni cinquanta, a Boston, Sam Rivers conosce un batterista che non ha ancora quattordici anni, Tony Williams. Nonostante la differenza di età - Rivers ha più o meno trentasei anni - i due solidarizzano in numerose avventure musicali: sarà proprio l"amicizia con Williams a cambiare la vita e la carriera di Rivers. Alla fine del '62 Jackie McLean passa da Boston, vede suonare il giovanissimo Tony Williams, ne rimane impressionato e decide di portarlo a New York. A New York McLean invita ad un suo concerto il vecchio amico Miles Davis: Davis rimane anche lui impressionato da Williams. Davis è l'idolo di Williams: quando gli dicono che Miles lo chiamerà pensa ad uno scherzo: ma la telefonata arriva davvero, e nella primavera del '63 Williams diventa il fulcro del quintetto con cui Davis attraverserà da gigante gli anni sessanta. Nell'estate del '64 il sassofonista George Coleman lascia il gruppo di Davis, e Williams suggerisce a Miles di rimpiazzarlo con Sam Rivers: questa volta è Rivers a ricevere una telefonata, da Williams che lo chiama a New York. Testimoniata dal live Miles in Tokio, la collaborazione con Davis sarà breve, ma per Rivers è la svolta. Nel dicembre del '64 Rivers incide il suo primo album personale.
11/25/201959 minutes, 52 seconds
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Sam Rivers (1)

Jazz Anthology di lun 18/11/19
11/18/201959 minutes, 46 seconds
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Evan Parker - Walter Prati: Hall of Mirrors; Evan Parker - Matthew Wright: Crepuscule in Nickelsdorf

Il sassofonista Evan Parker è uno dei capiscuoli e maestri dell'improvvisazione radicale europea emersa negli anni sessanta. In occasione del concerto di Parker venerdì 15 novembre nell'ambito della rassegna Parade Electronique, in cui il musicista inglese si esibirà con Paul Lytton alle percussioni, Walter Prati all'elettronica e Veniero Rizzardi ai campionamenti, vi proponiamo due album in cui Parker dialoga con l'elettronica. Torniamo intanto su Hall of Mirrors, che con ospite Prati avevamo a suo tempo fatto ascoltare a Jazz Anthology: un doppio Cd che rappresenta il trentennale rapporto di collaborazione di Parker e Prati con la ristampa di Hall of Mirrors, del '90, e una nuova registrazione del 2016. ..E' uscito invece da qualche mese Crepuscule in Nickelsdorf, ricavato da un live al rinomato festival di avanguardia Konfrontationen che si tiene nella cittadina austriaca di Nickelsdorf, in cui Parker nel 2017 si è presentato col progetto Trans Map: Parker interagisce con musicisti che lavorano con giradischi, campionamenti e processamento dal vivo del suono. Parker raccomanda di suonare la musica di Crepuscule in Nickelsdorf la sera tardi, a basso volume, e lasciando che la musica inviti al sonno e a bei sogni: Jazz Anthology ve ne propone un paio di ampi brani, a voi fare l'esperimento.
11/11/201956 minutes, 43 seconds
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Wayne Horvitz: Those Who Remain; The Snowghost Sessions

Nella puntata del 18 marzo 2019 avevamo presentato The Wayne Horvitz European Orchestra Live at the Bimhuis, pubblicato da Novara Jazz. In questa puntata torniamo su questo protagonista del jazz d'avanguardia newyorkese degli anni ottanta e novanta (lo ricordiamo fra l'altro tastierista in Naked City di John Zorn) con due album usciti di recente. Horvitz si è nel frattempo trasferito a Seattle, e Those Who Remain (etichetta National Sawdust Tracks) è un lavoro che era stato commissionato e presentato dalla Seattle Symphony nell'ottobre 2015, con Bill Frisell come solista alla chitarra elettrica, e poi registrato nel 2016: un lavoro che è valso a Horvitz il primo premio dell'American Prize in Composition per orchestra. The Snowghost Sessions (etichetta Songlines) è stato invece registrato nel 2015 in trio ed è cointestato a Horvitz e ai suoi due partner, il contrabbassista Geoff Harper e il batterista e percussionista Eric Eagle: è l'occasione di ascoltare Horvitz come strumentista, di grande sensibilità e finezza al piano acustico, oltre che al piano elettrico, all'hammond, eccetera.
11/4/201959 minutes, 53 seconds
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Fujii-Fonda: 4; The OGJB Quartet: Bamako

Il denominatore comune fra i due album è il contrabbassista statunitense Joe Fonda, che abbiamo incontrato in diverse novità che abbiamo presentato quest'anno. L'etichetta italiana Long Song Records pubblica 4, quarto album realizzato da Fonda e dalla pianista giapponese Satoko Fujii: il loro duo è nato nel 2015 e da allora Fonda e Fujii hanno collaborato intensamente, con molti concerti in giro per il mondo. La loro è una improvvisazione senza schemi, varia come situazioni e ricca timbricamente: notevoli anche i brani in cui il duo cresce a trio con l'aggiunta del trombettista Natsuki Tamura. L'OGJB Quartet è nato nel 2016: l'acronimo deriva dalle iniziali dei nomi dei suoi componenti, che sono il sassofonista Oliver Lake, il cornettista Graham Haynes, Joe Fonda e il batterista Barry Altschul, dei veterani del jazz d'avanguardia, chi dai sessanta, come Lake e Altschul, chi dai settanta come Haynes e Fonda. La musica di questo loro primo album, pubblicato dalla finlandese Tum, ha una forte vena free ma anche una grande comunicativa, e ci dà il senso e il piacere di una avanguardia profondamente vissuta.
10/28/201959 minutes, 53 seconds
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Liebman, Drake, Saft, Noonan, Mooney: tre uscite RareNoise

La RareNoise è un'etichetta con base a Londra, fondata nel 2008 da due italiani, Giacomo Bruzzo e Eraldo Bernocchi, che vuole dare spazio a musica avanzata senza porsi limiti di genere. Nella puntata di oggi presentiamo tre album RareNoise usciti nel 2019. Chi (come tai chi, la ginnastica dolce) documenta il primo incontro in trio fra il sassofonista Dave Liebman, il percussionista Adam Rudolph e il batterista Hamid Drake, avvenuto allo Stone di John Zorn a New York nel maggio 2018. Liebman e Drake sono anche nel quartetto del tastierista Jamie Saft che ha inciso Hidden Corners, un omaggio alla dimensione del jazz "spirituale" di protagonisti dell'avanguardia degli anni sessanta come John Coltrane, Pharoah Sanders, Albert Ayler. Infine Tan Man's Hat è un nuovo album del gruppo Pavees Dance del batterista newyorkese, di origine irlandese, Sean Noonan, che una ventina d'anni fa si fece notare col gruppo punk-rock The Hub: con lui due personaggi di culto come gli afroamericani Jamaaladeen Tacuma, bassista che si affermò con il Prime Time, il gruppo elettrico di Ornette Coleman, e Malcolm Mooney, che fu il cantante della formazione originaria del gruppo kraut-rock Can.
10/21/201959 minutes, 52 seconds
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Due inediti: John Coltrane e Miles Davis

Due inediti usciti in settembre. Blue World di John Coltrane (Impulse!) raccoglie il materiale registrato nel '64 da Coltrane con il suo classico, mitico quartetto del '61-65 come musica da film per una pellicola del regista canadese Gilles Groulx, e di cui furono utilizzati solo una decina di minuti: il film ebbe una circolazione limitatissima e la circostanza di questa seduta (l'unico caso di musica da film registrata da Coltrane) era sfuggito fino a qualche anno fa anche agli studiosi del jazz. Rubberband di Miles Davis (Rhino), di cui all'inizio di questo decennio erano affiorate un paio di tracce, presenta i brani registrati dal trombettista alla metà degli anni ottanta con giovani musicisti del giro del nipote Vince Wilburn per un album che poi la sua nuova casa discografica, la Warner, scartò, preferendo far realizzare un nuovo album di Davis a Marcus Miller. Ne uscì un album magnifico e originalissimo come Tutu: però Rubberband, indirizzato al funk e all'attualità della black music di allora, è una bella testimonianza del Miles Davis che alle soglie dei sessant'anni è goloso della black music più aggiornata e si affida alle idee di giovani talenti con sulle spalle decine di primavere meno di lui.
10/14/201959 minutes, 27 seconds
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Tiziano Tononi ospite di Jazz Anthology

Nel 2017 il batterista e percussionista milanese ci aveva presentato il suo album in omaggio agli Allman Brothers: questa sera ci aggiorna sulle sue ultime uscite (un album in solo e il terzo e conclusivo capitolo discografico dedicato al mondo musicale di Ornette Coleman), ci propone assaggi da due album in corso di pubblicazione, e ci parla dei suoi progetti più prossimi, come quello di un album dedicato ai nativi americani.
10/7/201958 minutes, 50 seconds
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Mark Dresser: Ain't Nothing But A Cyber Coup and You

Classe 1952, nato a Los Angeles, Mark Dresser è certamente uno dei più valenti contrabbassisti della sua generazione e del jazz di ricerca posteriore al free (per quasi dieci anni, fra gli ottanta e i novanta, è stato il bassista del quartetto di Anthony Braxton), ma è anche un compositore e leader di tutto rispetto, come, se ancora ce ne fosse bisogno, questo album intelligente e vivace testimonia. E' il secondo lavoro che Dresser incide in settetto per l'etichetta portoghese Clean Feed: il primo era stato nel 2016 il molto apprezzato Sedimental You. Con lui musicisti di generazioni diverse e di diversa notorietà, ma tutti di valore: Nicole Mitchell ai flauti, Marty Ehrlich alle ance, Michael Dessen al trombone, il giovane Keir GoGwilt al violino, Joshua White al piano e Jim Black alla batteria.
9/30/201959 minutes, 57 seconds
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Stan Getz: Stan Getz '57

L'album originario, ristampato dalla MatchBall con lo stesso titolo, uscì nel '57 ma conteneva brani incisi da Getz nell'estate del '53 (a cui la ristampa aggiunge diversi bonus dalle stesse sedute). Nel '53 il sassofonista, allora ventiseienne e già una figura di primo piano, forma un nuovo gruppo, con Bob Brookmeyer al trombone a valvole, John Williams al pianoforte, Teddy Kotick al contrabbasso e Frank Isola alla batteria. Il quintetto ha un ingaggio al Tiffany di Los Angeles, mentre in un altro club della città, The Haig, tiene banco il "quartetto senza pianoforte" di Gerry Mulligan con Chet Baker: siamo nella fase in cui si afferma il west coast jazz e i due gruppi si scambiano visite e si ascoltano a vicenda con interesse (non a caso l'anno successivo Brookmeyer e Isola saranno nel meraviglioso quartetto di Mulligan che trionfa alla Salle Pleyel a Parigi). A metà del '53 il quintetto di Getz ha poi un lungo ingaggio in un altro locale di Los Angeles, Zardi's, durante il quale ha modo di ampliare il proprio repertorio e di mettere a punto il materiale che viene inciso nel corso dell'estate.
9/23/20191 hour, 22 seconds
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Linda Sharrock (8 - fine)

Dalla metà degli anni novanta ad oggi la discografia di Linda Sharrock si allunga con diversi altri album, e con in mezzo un drammatico spartiacque nella sua vita e nella sua carriera. Uno degli album più pregevoli fra quelli in cui è apparsa assieme a Wolfgang Puschnig è Dream Weavers, inciso nel '97 in trio con il francese Michel Godard, specialista della tuba e di un antico strumento come il serpentone. E con due musicisti francesi scelti da lei la Sharrock nel 2003 incide Confessions, a lei intestato: il pianista Stephan Oliva e il contrabbassista Claude Tchamitchian le assicurano un accompagnamento molto asciutto, che mette in risalto le sue qualità e la sua originalità interpretativa. Nel 2005 e nel 2007 escono i due volumi di Late Night Show, intestati alla Sharrock e a Puschnig, che li incidono con l'idea di riprendere dei brani molto popolari, da Love Me Tender a Besame Mucho, proponendoli in versioni decisamente insolite. Poi nel 2009, a 62 anni, Linda Sharrock rimane vittima di un pesante ictus, che la lascia parzialmente paralizzata e incapace di parlare. La sua vita di artista sembra finita. Ma un giorno il grande contrabbassista Henry Grimes, uno dei protagonisti del free jazz degli anni sessanta, le fa visita nella sua casa di Vienna e si mette a suonare per lei il violino: e improvvisamente Linda Sharrock si mette a cantare: sono solo dei suoni, come dei lamenti. Poi il sassofonista austriaco Mario Rechtern la aiuta a tornare alla musica: i mezzi vocali della Sharrock sono a questo punto limitati, ma è come se nelle sue nuove condizioni Linda Sharrock ripartisse dalla sua vocalità nel free jazz ribollente che aveva vissuto tanti decenni prima. Forte della sua esperienza, la Sharrock sviluppa una propria nuova poetica, una sua espressione potente, estrema, dentro una musica anch'essa estrema: in coerenza con il suo passato. Il suo triplo Lp The Abissity of The Ground va esaurito e diventa di culto. E chi in questi ultimi anni ha assistito alle esibizioni di Linda Sharrock con le sue nuove compagini, con Mario Rechtern e con il chitarrista Max Bogner, in arte Margaret Unknown, parla di performance estremamente emozionanti.
6/24/201959 minutes, 46 seconds
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Linda Sharrock (7)

Nel maggio del '94 Linda Sharrock incide a Parigi in duo con il pianista americano Eric Watson, dal '78 nella capitale francese: un duo voce/pianoforte è una dimensione piuttosto impegnativa per una cantante, e l'album Listen To The Night testimonia della sensibilità della Sharrock, in un mix di brani originali e di standard. L'etichetta è la francese Owl che nell'89 aveva inciso e pubblicato l'ultimo duo registrato dal pianista Ran Blake e dalla vocalist afroamericana Jeanne Lee; e significativamente, proprio nei giorni immediatamente precedenti l'incisione del duo della Sharrock e di Watson, e nello stesso studio parigino, la Owl aveva realizzato l'incisione di un altro duo di Jeanne Lee, con un altro grande pianista, Mal Waldron. Nel luglio del '95 Linda Sharrock e Wolfgang Puschnig si esibiscono in un festival in Spagna in un trio improvvisato sul momento con il percussionista e vocalist turco di origini armene Arto Tuncboyaciyan: il set, in cui la Sharrock interpreta fra l'altro Ramblin' di Ornette Coleman, diventa un notevole album live.
6/17/201959 minutes, 48 seconds
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Linda Sharrock (6)

Nei primi anni novanta Linda Sharrock partecipa anche ad un altro dei numerosi progetti creati da Wolfgang Puschnig, una combinazione fra alcuni jazzmen (Puschnig, Sharrock, Tacuma, Jon Sass, Bumi Fian...) e una brass band di musica tradizionale austriaca, con cui Puschnig, sul filo della fantasia e delle rimembranze della tradizione, torna alla musica della sua infanzia, la musica da cui è partito nel suo percorso musicale. Del '93 è l'incisione di un altro degli album intestati a Red Sun/Samul Nori, Then Comes The White Tiger, che viene pubblicato dalla Ecm. A cavallo fra '93 e '94 la SHarrock a Londra incide Like a River, un album di carattere pop-soul, prodotto e arrangiato dal trombonista Ashley Slater.
6/10/201959 minutes, 49 seconds
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Libri: Mister Jelly Roll

Mister Jelly Roll di Alan Lomax è uno dei libri di argomento jazzistico più famosi, ed è anche un libro da diversi punti di vista appassionante: eppure ha dovuto aspettare settant'anni per avere una traduzione italiana. Di come è nato questo libro e della sua edizione italiana, di Jelly Roll Morton, di Alan Lomax, di New Orleans, della nascita del jazz, dell'America fra la fine dell'Ottocento e la fine degli anni trenta, parliamo con Claudio Sessa, curatore del volume, pubblicato nella collana Chorus dell'editore Quodlibet.
6/3/201959 minutes, 48 seconds
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Linda Sharrock (5)

Oltre a cominciare ad elaborare e a cantare testi propri, negli anni ottanta Linda Sharrock impara anche a interpretare degli standard. In And she answered... , album inciso in trio con Wolfgang Puschnig e Uli Scherer nell'89 e pubblicato nello stesso anno dalla Ecm, la Sharrock canta brani con propri testi, ma offre con il trio anche una interpretazione decisamente originale di Over The Rainbow. Con On Holiday, prodotto da Jamaladeen Tacuma e uscito nel '90, la Sharrock rende poi omaggio in chiave soul-funk al repertorio di Billie Holiday. Tacuma è poi nuovamente accanto alla Sharrock in Linda Sharrock and The Three Man Band (con Puschnig e il batterista Frank Samba), gruppo dei primi anni novanta documentato da un album pubblicato dall'etichetta del festival tedesco di Moers, la stessa che aveva pubblicato l'album di Pat Brothers, a cui questo nuovo gruppo è esteticamente vicino.
5/27/201959 minutes, 49 seconds
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Linda Sharrock (4)

Purtroppo Pat Brothers è un gruppo effimero, e il loro album Pat Brothers N. 1 rimane il primo e l'ultimo. Dopo Pat Brothers, con Wolfgang Puschnig e gli altri due musicisti austriaci del quartetto Linda Sharrock fa parte di un altro gruppo, The Defiant Ones, che di Pat Brothers rappresenta una sorta di estensione, con la partecipazione anche di due musicisti afroamericani, il bassista Jamaladeen Tacuma, proveniente dai gruppi elettrici di Ornette Coleman, e il batterista Pheroan Ak Laff: altra formazione estremamente convincente - che nell'87 appare dal vivo al festival austriaco di Saalfelden - ma che purtroppo è un altro episodio effimero e nemmeno documentato su disco. Nell'88 Linda Sharrock appare nell'album Pieces of Dream di Puschnig, a cui partecipano anche musicisti d'oltre Atlantico di rilievo come Carla Bley, Steve Swallow e Tacuma. Dopo Pat Brothers e The Defiant Ones il capitolo più interessante del sodalizio fra la Sharrock e Puschnig è Red Sun/Samul Nori, intestazione, ripresa poi anche per altri album, utilizzata nell'89 per un album pubblicato dalla etichetta austriaca Amadeo, con la quale si presenta la collaborazione fra la Sharrock, Puschnig, Tacuma e il tastierista Uli Sherer e un gruppo di musicisti coreani: Red Sun/Samul Nori è uno dei rari episodi dell'epoca veramente riusciti di connubio fra musicisti di estrazione jazzistica e altri che invece sono ascrivibili alla cosiddetta world music che proprio verso la metà degli anni ottanta comincia prepotentemente ad imporsi all'attenzione del pubblico internazionale.
5/20/201959 minutes, 51 seconds
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Roberto Masotti: Jazz Area

Qualche anno dopo essere stato ospite di Jazz Anthology in occasione dell'uscita del lbro in cui ha raccolto le sue foto di Keith Jarrett scattate nell'arco di diversi decenni, Roberto Masotti torna nella nostra trasmissione a presentarci Jazz Area, un libro da poco pubblicato da Seipersei. Masotti ha cominciato a fare foto di jazz alla fine degli anni sessanta; quindi nei primi anni settanta il contatto a Milano (dove poi si è trasferito) con la nuova scena del jazz italiano (Mazzon, Liguori, Gaslini) e la folgorazione per l'improvvisazione europea. Cinquant'anni dopo, e dopo tante altre esperienze (fra cui il rapporto con la Ecm e molti anni di lavoro, assieme a Silvia Lelli, come fotografi ufficiali della Scala) la passione è intatta: Masotti ci racconta il suo atteggiamento nel fotografare il jazz e l'improvvisazione e ci spiega come è nato questo libro (nella cui fisionomia non convenzionale e non asettica sembra di vedere una consonanza con le musiche non conformiste che Masotti ha seguito); ma ricorda anche quella volta che a Perugia Sun Ra, in procinto di salire sul palco di Umbria Jazz, in un fuoriprogramma che mise nel panico gli organizzatori entrò in corteo con l'Arkestra a visitare la sua mostra.
5/13/20191 hour, 1 minute, 35 seconds
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Linda Sharrock (3)

Con Paradise (1975) siamo verso la fine della storia comune di Sonny e Linda Sharrock, e le loro strade stanno per dividersi. A parte Paradise e le registrazioni e i filmati che documentano il suo lavoro con il chitarrista, l'unico altro documento della vocalità di Linda Sharrock risalente agli anni settanta è la sua splendida partecipazione ad un brano compreso in Angel Eyes, album del pianista Joe Bonner registrato alla metà del decennio: per la prima volta nel suo canto ci sono anche delle parole. Nella discografia di Linda Sharrock c'è poi un vuoto di dieci anni. Negli anni settanta Sonny e Linda divorziano, ma la Sharrock mantiene il cognome dell'ex marito. Negli anni ottanta approda a Vienna, dove lavora per musiche da film e negli studi di incisione. Nell'85 appare in Jazz for Thinkers, un album inciso da un gruppo di improvvisatori austriaci. Poi la Sharrock avvia un intenso sodalizio artistico con il sassofonista Wolfgang Puschnig, uno dei più affermati jazzisti austriaci, che diventerà suo marito. Dei numerosi album in cui si traduce la loro collaborazione il più stimolante è proprio il primo, intestato al quartetto Pat Brothers, che con una cifra stilistica spiccatamente originale è però in sintonia con il rumorismo e il gusto per l'elettronica e per sonorità aspre delle ultime tendenze newyorkesi dell'epoca: ma in Pat Brothers, in un amalgama molto avanzato, c'è anche una forte vena melodica, e un interessante tentativo di presentare dei song, delle canzoni, in una forma contemporanea e non convenzionale. Pat Brothers testimonia anche di un importante sviluppo del lavoro della Sharrock, che comincia a scrivere dei propri testi.
5/6/201959 minutes, 55 seconds
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Arrigo Cappelletti ospite di Jazz Anthology

..Qualche puntata fa Jazz Anthology ha presentato gli inediti del duo della cantante Jeanne Lee e del pianista Ran Blake; e ha in corso una serie sulla vocalist Linda Sharrock, emersa negli anni sessanta. Resta in tema anche questa puntata di Jazz Anthology, in cui il pianista Arrigo Cappelletti ci presenta un florilegio di sue collaborazioni con cantanti, all'insegna di una bella varietà di lingue e di riferimenti a culture musicali diverse: dall'Argentina al Portogallo, da Bruno Lauzi a Shostakovich. La canadese Sienna Dahlen canta in inglese, l'italiana, a lungo in Argentina, Annamaria Musajo in francese e italiano, l'italiana Nicoletta Petrus in russo, l'italiana e francese di adozione Marie Antonazzo in francese, la portoghese Alexandra nella sua lingua.
4/29/201958 minutes, 55 seconds
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Linda Sharrock (2)

Una volta lasciato il gruppo di Herbie Mann, con cui lavorano nel '69-70, Sonny e Linda Sharrock suonano nell'area di New York con gruppi propri che portano diversi nomi. Nell'estate del '73 c'è una seduta di incisione in cui registrano musica per un breve documentario su James Baldwin del fotografo turco Sedat Pakay. Da una session della primavera del '74 per la stazione radio WCKR si può cogliere che la musica di Sonny e Linda non è più l'improvvisazione estrema dei loro due album ma si sta orientando verso una direzione più pop, verso una black music più agevole. Nell'estate del '75 Sonny e Linda registrano per la Atlantic il materiale per un nuovo disco, Paradise, album finalmente cointestato ad entrambi e con in copertina un bellissimo primo piano di Linda: una copertina seducente che può far pensare ad un Lp di disco music. In Paradise il clima, rispetto agli album precedenti, è decisamente cambiato: Sonny e Linda stanno cercando una impostazione più accattivante, ma l'album (che in ogni caso passa pressoché inosservato) riesce in realtà ad essere commerciale fino ad un certo punto, perché sia la chitarra di Sonny che la vocalità di Linda continuano ad andare in una direzione non convenzionale. Anni dopo il chitarrista si sarebbe adddirittura rammaricato che il disco fosse stato ristampato, perché (affidato al produttore turco Ilhan Mimaroglu) riteneva non offrisse una buona rappresentazione della sua musica dell'epoca: ma in effetti Paradise, con una combinazione estremamente gustosa, e anche gustosamente stravagante, della chitarra di Sonny e della vocalità di Linda con stilemi più commerciali tipici della black music di allora, è un album unico, originale e godibilissimo.
4/22/20191 hour, 10 seconds
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Linda Sharrock (1)

All'anagrafe Linda Chambers, nata a Filadelfia nell'aprile del '47, afroamericana, Linda Sharrock comincia a cantare in chiesa e nei cori scolastici. Arriva a New York alla metà degli anni sessanta, studia arte e si dedica alla pittura, ma si cimenta anche col canto classico. Siamo negli anni in cui a New York il free jazz ribolle, e Linda viene attratta da questa nuova musica: partecipa a qualche concerto, poi fa parte del gruppo del sassofonista Pharoah Sanders, una delle figure di punta dell'epoca. Conosce il chitarrista Sonny Sharrock, si sposano e fanno coppia anche artisticamente. Nel '67 entrambi vengono ingaggiati dal popolare flautista Herbie Mann. Nel '69 esce Black Woman, primo album intestato a Sonny Sharrock e primo album in cui si ascolta Linda: in copertina compaiono entrambi. Sonny Sharrock è un caso più unico che raro di chitarrista nel free jazz: del suo stile non convenzionale si accorge anche Jimi Hendrix, a cui non sfugge l'affinità dell'approccio di Sharrock con il proprio (ma Sharrock non è affatto un imitatore di Hendrix); per parte sua del free jazz Linda Sharrock è uno dei rari casi di vocalist: in Black Woman, dove la musica è spesso una colata di lava incandescente, la sua vocalità non ha niente del canto jazzistico, è urlo, libertà senza freni, ma non manca, così come la chitarra di Sharrock e la musica nel suo insieme, di un forte elemento estatico, anche se declinato in maniera estrema. Nel '70 Linda e Sonny sono a Parigi, dove nella scia della bollente estate del free di cui Parigi è stata teatro nel '69, con due musicisti francesi incidono per la Byg Actuel l'album Monkey-Pokie-Boo, di nuovo intestato al solo Sonny Sharrock, di nuovo con entrambi in copertina.
4/15/201959 minutes, 29 seconds
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Marco Cappelli; The Fictive Five

Norvegian Landscapes (etichetta Da Vinci) è il terzo capitolo di un trittico che a Marco Cappelli, chitarrista italiano ma da una quindicina d'anni a New York (dove è inseritissimo nella scena dell'avanguardia), è stato ispirato dal noir europeo contemporaneo: il primo album era dedicato a Fred Vargas, il secondo a Maurizio De Giovanni e questo a Jo Nesbo, autore di gialli norvegese. Cappelli lo ha realizzato con il suo Acoustic Trio, con Ken Filiano al contrabbasso e Satoshi Takeishi alle percussioni, e con ospiti Oscar Noriega ai clarinetti e DJ Olive turntables ed elettronica. Filiano fa anche parte di The Fictive Five, formazione nata nel 2013 per iniziativa del sassofonista Larry Ochs, un veterano dell'avanguardia (basti citare il Rova Saxophone Quartet). Passati in marzo dall'Italia, i Fictive Five ci sono piaciuti molto dal vivo ad Area Sismica di Forlì. In coincidenza con le esibizioni italiane è uscito il loro nuovo album Anything Is Possible (Clean Feed): in quintetto, con Nate Wooley alla tromba, un secondo contrabbasso, Pascal Niggenkemper, e Harris Eisenstadt alla batteria, i Fictive Five propongono un free di alto livello, sostanzioso, che vive dentro pezzi ben architettati, con una notevole articolazione di situazioni, data da una intelligente varietà di combinazioni fra i cinque musicisti
4/8/201959 minutes, 49 seconds
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Gayle/Barcella/Cabras; Xol; Exodos

Venerdì 12 aprile nella bellissima Sala dei Giganti al Liviano di Padova - nell'ambito della stagione di concerti del Centro d'Arte - si esibiranno Charles Gayle, sax tenore e pianoforte, Manolo Cabras, contrabbasso, e Giovanni Barcella, batteria: il trio, che ha all'attivo diverse tournée in Europa, ha pubblicato nel 2017 l'album Live in Belgium (elnegocitorecords), che ascoltiamo per l'occasione. Notevolissimo sax tenore free e multistrumentista (sax alto, clarinetto basso, piano, contrabbasso, violoncello...), Gayle, che ha compiuto ottant'anni il 28 febbraio, dopo gli esordi negli anni sessanta ha trascorso una ventina d'anni come homeless e musicista di strada, a New York, ed è stato poi riscoperto e ha lavorato fra gli altri con Cecil Taylor e William Parker. Guy Bettini è un cornettista, trombettista e flicornista svizzero con una lunga vicenda nel campo della musica improvvisata, che appare in due album registrati in Svizzera nel 2017: in Xol Plays X-En (Chant Records) col quartetto Xol (con il finlandese Harri Sjostrom, sax soprano - lo ricordiamo accanto a Cecil Taylor - l'italiano Luca Pissavini, contrabbasso, e l'italiano/svizzero Francesco Miccolis, batteria); e in Heuristics (Leo Records) col quartetto Exodos (con l'italiano Fabio Martini, clarinetti e sax alto, lo svizzero Luca Sisera, contrabbasso, e l'americano Gerry Hemingway, batteria, che ricordiamo a lungo con Anthony Braxton). Due album che offrono due brillanti esempi - sensibilmente diversi tra loro - di musica improvvisata che richiede molta esperienza e molta applicazione, che, insomma, non si improvvisa...
4/1/201959 minutes, 48 seconds
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Phillip Johnston: Diggin' Bones; The Adventures of Prince Achmed

La fama del sassofonista Phillip Johnston, uno dei protagonista della nuova scena di avanguardia newyorkese emersa negli anni ottanta, è legata soprattutto al brillante gruppo Microscopic Septet di cui è stato co-fondatore (all'inizio ne ha fatto parte anche John Zorn). Nel 2005 Johnston si è trasferito a Sidney, dove lavora con diversi dei migliori musicisti australiani. Con alcuni di loro ha dato vita a Phillip Johnston and the Coolerators, di cui Diggin' Bones è l'album di esordio. Johnston ha una lunga esperienza come autore di musica da film e di musiche per film muti (e sul tema dei film muti ha scrito anche saggi ed è intervenuto a convegni). The Adventures of Prince Achmed è una brillante e godibilissima colonna sonora realizzata per dare una veste musicale contemporanea (quella originale era di carattere sinfonico) al film dallo stesso titolo, un pionieristico esempio di cinema di animazione creato nel 1926 in Germania dalla regista Lotte Reiniger con una tecnica che si rifaceva a quella delle ombre cinesi.
3/25/201959 minutes, 49 seconds
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The J. and F. Band; The Wayne Horvitz European Orchestra

Due brillanti compagini in cui troviamo assieme musicisti italiani e non. The J. and F. Band è cointestata al contrabbassista Joe Fonda e al musicista afroamericano Jaimoe, storico batterista degli Allman Brothers: nella formazione base (più ospiti) che ha inciso From The Roots To The Sky (Long Song Records), c'è anche Tiziano Tononi, che nel 2017 ha pubblicato Trouble No More... All Men Are Brothers, un appassionato omaggio - con al basso e al basso elettrico Joe Fonda - agli Allman Brothers, formazione di culto significativamente influenzata dal jazz d'avanguardia. Wayne Horvitz è stato una delle figure di spicco della scena della nuova avanguardia newyorkese emersa negli anni ottanta; trasferitosi a Seattle, ha dato vita ad una compagine con cui ha fatto tesoro del metodo della "conduction" sviluppato dal suo mentore, il compianto Butch Morris. Nella primavera 2014 Horvitz in una residenza nell'ambito di Novara Jazz ha lavorato con una versione europea di questa compagine, con musicisti italiani e di altre nazionalità: nell'ottobre successivo The Wayne Horvitz European Orchestra si è esibita con grande successo al Bimhuis di Amsterdam, e la registrazione si è adesso tradotta in un album, Live at the Bimhuis, seconda uscita della Novara Jazz Series.
3/18/20191 hour, 21 seconds
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Alexander Hawkins: Iron Into Wind (Intakt)

Un attesa solo di piano di Alexander Hawkins. Iron Into Wind: con questo titolo che fa riferimento a due elementi come il ferro e il vento, Hawkins vuole evocare la caducità dell'improvvisazione ma d'altro canto anche la fascinazione per il materiale solido, che - come scrive Richard Williams nelle note di copertina dell''album - è rappresentato dai potenti blocchi di suoni che si sentono in molti brani. Nato nel 1981 a Oxford, dove vive tutt'ora, Alesander Hawkins si è affermato in questi ultimi anni come uno degli esponenti delle giovani generazioni del jazz europeo più brillanti e dinamici. Oltre a guidare formazioni proprie (in questa puntata ascoltiamo anche due brani da Uproot, splendido album, sempre per la Intakt, cointestato a lui e alla cantante Elaine Mitchener), Hawkins è da anni il pianista regolare dei gruppi del leggendario batterista sudafricano Louis Moholo e della band europea del decano dell'ethio-jazz Mulatu Astatke, collabora regolarmente con un caposcuola dell'improvvisazione radicale come il sassofonista Evan Parker, lavora con musicisti italiani come Roberto Ottaviano e Gabriele Mitelli. E' insomma un musicista molto richiesto, per la sua bravura e versatilità: ma tutte queste diverse direzioni e questi impegni non gli impediscono di concentrarsi in un suo mondo poetico molto forte, come si può sentire da questo solo.
3/11/201959 minutes, 48 seconds
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Jeanne Lee/Ran Blake: The Newest Sound You Never Heard

Alla fine del 1961 la vocalist Jeanne Lee e il pianista Ran Blake incidono The Newest Sound Around. C'è davvero molto di nuovo nell'album: già la formula voce/pianoforte è del tutto irrituale per il jazz dell'epoca, inoltre lo stile di Ran Blake è estremamente personale, e il modo di affrontare i brani di Jeanne Lee è decisamente non convenzionale. Il risultato è sublime: ma negli Stati Uniti il duo non trova ingaggi. E' invece apprezzato in Europa, dove viene nel '63. Nel '66 a Stoccolma Jeanne Lee e Ran Blake incidono un secondo album in duo, che però non viene pubblicato: intitolato Free Standards, uscirà fuggevolmente per la Columbia quasi trent'anni dopo, disconosciuto dai due artisti (che non erano stati retribuiti), tanto da ometterlo dalle loro discografie, ragione per cui è sfuggito anche a molti appasionati; l'album è stato ristampato dalla Fresh Sound qualche anno fa. Infine Jeanne Lee e Ran Blake si ritrovano in studio di incisione per un ultimo album assieme, di nuovo in duo, alla fine degli anni ottanta. Ma alla fine del 2018 una piccola etichetta discografica, la a-side records, ha pubblicato un doppio cd di registrazioni inedite del duo, effettuate in Europa nel '66-67 dalla radio fiamminga: intitolato (giocando sul titolo del loro primo album) The Newest Sound You Never Heard, questo inedito, uno dei più importanti inediti pubblicati di recente nel campo del jazz, è una meravigliosa sorpresa, che amplia di molto il materiale a disposizione di questo duo, che è stato una delle grandi cose degli anni sessanta.
3/4/20191 hour, 50 seconds
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A-Septic; Fujii/Fonda/Mimmo; Roberto Ottaviano

In questa puntata ascoltiamo brani da tre album usciti nel 2018 intestati o cointestati a musicisti italiani: Syria del duo A-Septic, cioè Stefano Ferrian, sax tenore, e Simone Quatrana, pianoforte (Amiranirecords); Triad del trio Satoko Fujii, piano, Joe Fonda, contrabbasso e flauto, e Gianni Mimmo, sax soprano (Long Song Records); e Eternal Love di Roberto Ottaviano, sax soprano, con Marco Colonna, clarinetti, Alexander Hawkins, piano, rhodes, hammond, Giovanni Maier, contrabbasso, e Zeno De Rossi, batteria (Dodicilune).
2/25/20191 hour, 10 seconds
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Steve Lacy (15 - fine)

A cavallo tra la fine del secolo e l'inizio del nuovo millennio, Lacy ritrova il vecchio amico Roswell Rudd in un quartetto che viene registrato in effervescenti esibizioni dal vivo. Negli ultimi anni della sua vita Lacy continua ad esibirsi spesso in solo, anche in Italia, per esempio a Labirinti Sonori di Siracusa: un suo set in solo al festival nel 2001, con una splendida medley monkiana, si traduce in un album. Alla metà del 2003 gli viene diagnosticato un cancro. Lacy continua a suonare, negli Usa e in Europa, dall'estate fino a poco più di due mesi dalla morte, che sopraggiunge nel giugno 2004. Lacy suona benissimo fino alla fine. Non solo suona, ma stoicamente ha la forza nelle sue esibizioni di fare riferimento alla morte. Nell'autunno 2003 dà il suo addio all'Europa: in un concerto in solo a Zurigo, diventato l'album November (Intakt), esegue diversi brani che aveva composto in omaggio a persone che erano mancate: fra i brani Tina's Tune, dedicato al sassofonista tedesco Tina Wrase, che era stato stroncato dalla stessa malattia che stava portando via Lacy: Lacy esegue il brano e recita il testo da cui è corredato, un haiku sulla morte scritto da Ozaki Koyo, ucciso, nel 1903, dallo stesso male.
2/18/20191 hour, 52 seconds
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Steve Lacy (14)

Nel ’92 a Berlino Lacy suona in duo con Evan Parker e con Lol Coxhill, e con entrambi in trio, tutti e tre al sax soprano. La lunga intesa di Lacy con Mal Waldron si traduce fra l'altro nel '93 in un album, Let's Call This... Esteem, ricavato da un concerto in duo dello stesso anno al festival del jazz di Oxford: fra i brani naturalmente c'è, immancabile, Monk. Nella stessa formula del duo sax soprano/pianoforte, Lacy nel '96 ha su Monk un interlocutore straordinario in Misha Mengelberg, uno dei cinque pianisti con cui si confronta in duo nell'ambito del Workshop Freie Musik, una delle manifestazioni annuali di musica improvvisata organizzate a Berlino dalla etichetta tedesca Fmp, grande riferimento dell'improvvisazione radicale europea.
2/11/201959 minutes, 24 seconds
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Steve Lacy (13)

Nel 1981 Lacy incide col suo sestetto l'album Songs, con testi e con la partecipazione del poeta Brion Gysin, un artista la cui vicenda risaliva al surrealismo e si era poi intrecciata con quella della beat generation: è un altra testimonianza dell'interese di Lacy per il nesso musica/parole e per la poesia, e anche del suo rapporto personale, fin dagli anni cinquanta, con molti poeti. Un poeta su cui Lacy, assieme ad Irene Aebi, lavora intensamente, mettendone in musica molte poesie, è per esempio Robert Creeley. Fra tanti duo nei quali Lacy - molto stimolato da questa dimensione ridotta - si produce, è decisamente speciale quello con una vecchia conoscenza come Gil Evans, al piano e piano elettrico, che si concretizza in un album inciso a Parigi nel 1987, Paris Blues.
2/4/201959 minutes, 54 seconds
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Franco D'Andrea presenta Intervals II

Franco D'Andrea è stato proclamato "musicista italiano dell'anno" dall'edizione 2018 del Top Jazz, il referendum tra addetti ai lavori del mensile Musica Jazz: D'Andrea è un habitué di questo riconoscimento, che ottiene per la dodicesima volta (nella puntata di Jazz Anthology del 30 gennaio 2017, che potete trovare qui in podcast, avevamo festeggiato con lui la sua vittoria, l'undicesima, nel Top Jazz 2016). Ma l'affermazione per D'Andrea quest'anno è stata doppia: il pianista infatti è risultato vincitore anche per il disco italiano dell'anno con Intervals I (che ci aveva presentato nella puntata di Jazz Anthology del 4 dicembre 2017: potete trovare anche questa in podcast). Ospite in studio, oltre a commentare questi risultati, D'Andrea ci ha presentato il suo nuovo album in ottetto Intervals II (Parco della Musica Records).
1/28/201959 minutes, 49 seconds
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Steve Lacy (12)

L'interesse di Lacy per l'esplorazione dell'interplay in combinazioni molto ridotte è testimoniato in questa puntata da una serie di duo degli anni ottanta: con il percussionista giapponese Masahiko Togashi (1983); con il chitarrista britannico Derek Bailey, maestro dell'improvvisazione radicale, con cui Lacy aveva una consuetudine di lunga data (1983); con il sassofonista Evan Parker, altro caposcuola dell'improvvisazione europea, in un faccia a faccia fra sax soprani (1985); con il sassofonista afroamericano Steve Potts, per moltissimi anni nei gruppi di Lacy, che lo ammirava molto (1985); con il pianista Ulli Gumpert, uno dei maggiori protagonisti del jazz d'avanguardia dell'allora Germania dell'Est (1985).
1/21/201959 minutes, 45 seconds
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Steve Lacy (11)

A partire dalla prima metà degli anni settanta Lacy dà vita a gruppi che nelle linee di fondo e nella continuità di alcune presenze saranno una costante della sua attività da allora in poi; fra i musicisti che ne fanno parte la moglie Irene Aebi, che oltre a suonare violino e violoncello, spinta da Lacy assume anche il ruolo di cantante, e il sassofonista afroamericano Steve Potts, con cui Lacy stabilisce un sodalizio destinato a prolungarsi per decenni. Negli anni settanta emerge anche l'interesse di Lacy per il rapporto musica/poesia. Nell'81 Lacy è coinvolto in un album che fa epoca, Amarcord Nino Rota, allestito dal produttore Hal Willner: con uno splendido solo Lacy interpreta Roma. Lacy spesso esplora anche la dimensione del duo, con un ventaglio molto ampio di interlocutori: alla fine dell'82 per esempo dal vivo con il batterista Muhammad Ali e con il trombonista George Lewis.
1/14/201959 minutes, 26 seconds
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Steve Lacy (10)

Prima e dopo la rimpatriata a New York con Roswell Rudd, nel '76 Steve Lacy si esibisce in Italia in duo e in trio con il batterista/percussionista Andrea Centazzo, che proprio per pubblicare la registrazione di un duo live con Lacy - per cui non trova interesse nelle case discografiche - dà vita alla propria etichetta Ictus. Nell'82 Lacy fa parte di un quintetto con cui Roswell Rudd riesce a coronare il sogno di incidere un album di musiche di Herbie Nichols e di Thelonious Monk con musicisti di livello e per un'etichetta non marginale: con loro ci sono Ken Carter al contrabbasso e due capiscuola dell'improvvisazione olandese, il pianista Misha Mengelberg e il batterista Han Bennink, che condividono la devozione di Rudd per Nichols e Monk. L'album, Regeneration, viene registrato a Milano per la Soul Note del produttore Giovanni Bonandrini (dall'82 all'85 Bonandrini viene proclamato "produttore dell'anno" dall'annuale referendum della rivista americana Down Beat).
1/7/201959 minutes, 38 seconds
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Jazz Christmas

Uno speciale di Jazz Anthology per la vigilia di Natale: da Silent Night a White Christmas, da Christmas in New Orleans a Jingle Bells, un florilegio di brani natalizi di Frank Sinatra, Louis Armstrong e Ella Fitzgerald.
12/24/201859 minutes, 18 seconds
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I sogni sinfonici di Duke Ellington

Ospite della puntata Luca Bragalini, autore di Dalla Scala a Harlem. I sogni sinfonici di Duke Ellington, recentemente pubblicato dalla Edt. L'indagine di Bragalini sugli interessi sinfonici del grande bandleader prende le mosse da Milano, da un pomeriggio del febbraio del '63 - quando Ellington è in città per due serate con la sua orchestra alla Sala Verdi del Conservatorio - in cui Duke allo Studio Zanibelli di via Ludovico il Moro dirige una nutrita compagine di musicisti del massimo teatro milanese...
12/17/201857 minutes, 20 seconds
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Steve Lacy (9)

Nella prima metà degli anni settanta le collaborazioni e le esperienze di Lacy tendono a moltiplicarsi. Uno dei musicisti con cui Lacy collabora e incide è il trombettista austriaco Franz Koglmann. Della stessa fase sono anche i primi grandi esempi di solo di Lacy, una dimensione a cui il sassofonista si dedicherà intensamente. Intanto verso la metà degli anni sessanta anche Mal Waldron si è trasferito in Europa, e Lacy e il pianista hanno così l'occasione di riannodare e rinnovare la loro intesa. Lacy comincia inoltre ad immergersi nella più avanzata improvvisazione europea: del '75 è per esempio una registrazione dal vivo con la Globe Unity Orchestra, emblema della free music del vecchio continente. Sintomatica dell'apertura di Lacy alle esperienze più diverse è la sua presenza nell'album degli Area, pubblicato nel '76, Maledetti. Nel marzo del '76 a New York Lacy ritrova poi in studio di incisione il suo vecchio amico Roswell Rudd.
12/10/201859 minutes, 52 seconds
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Steve Lacy (8)

Alla fine del '66 Lacy torna a New York. Nel '67 partecipa all'incisione di A Genuine Tong Funeral di Gary Burton e Carla Bley. Nel gennaio del '68 è nelle file della Jazz Composer's Orchestra per uno dei pezzi intitolati Communications, con solisti Don Cherry e Gato Barbieri. Nel '68 Lacy è di nuovo in Italia, dove si ferma continuativamente per un paio d'anni. Nel settembre del '69 a Roma Lacy incide l'album Moon: al violoncello c'è Irene Aebi, muscista svizzera che Lacy ha conosciuto nel '66 a Roma, che diventerà sua moglie e gli sarà accanto fino alla morte del sassofonista. Lacy si trasferisce poi a Parigi, dove resterà per oltre trent'anni, fino alle soglie della scomparsa. Al principio degli anni settanta Lacy è fra l'altro nelle file della Celestrial Communication Orchestra di Alan Silva, uno dei protagonisti del free degli anni sessanta.
12/3/201859 minutes, 39 seconds
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Steve Lacy (7)

Qualche giorno dopo avere partecipato alla seduta da cui nasce la suite di Gaslini Nuovi Sentimenti, nel febbraio del '66, sempre a Milano, Lacy incide Sortie, un nuovo album, questa volta in quartetto, con Enrico Rava alla tromba: e questa volta i brani sono tutti del sassofonista. Ormai l'improvvisazione del gruppo è completamente libera e completamente emancipata da temi di riferimento. Il contrabbassista Ken Carter e il batterista Aldo Romano devono però lasciare il gruppo. Lacy ingaggia allora Johnny Dyani e Louis Moholo, sudafricani in esilio a Londra: l'amalgama è immediato e il bassista e il batterista sono decisivi nel dare all'improvvisazione una carica e una fluidità free ancora maggiore. Con l'aiuto di Rava e con grande forza di volontà Lacy a Torino riesce a liberarsi dalla dipendenza dall'eroina. Poi in mancanza di ingaggi il quartetto parte per l'Argentina: una registrazione live a Buenos Aires nell'ottobre del '66 si traduce nell'album The Forest and The Zoo, una pietra miliare del free anni sessanta.
11/26/201859 minutes, 16 seconds
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Steve Lacy (6)

I primi anni sessanta sono per Lacy un periodo molto ricco dal punto di vista muscale, ma non altrettanto da quello delle possibilità di lavoro, e nel '62-64 Lacy non incide dischi propri. Anche alla ricerca di migliori opportunità, nel '65 Lacy arriva per la prima volta in Europa. A Roma nel dicembre del '65 Lacy, che in particolare grazie all'esempio di Don Cherry si è inoltrato sempre più decisamente nella direzione della libertà, incide in trio con Ken Carter al contrabbasso e Aldo Romano alla batteria l'album Disposability: è il primo album in cui compaiono dei brani firmati da lui. Lacy è entrato nella fase più free della sua musica. Nel febbraio del '66 Lacy (assieme fra gli altri a Don Cherry, Gato Barbieri, Enrico Rava) è nella formazione che incide a Milano la suite Nuovi Sentmenti/New Feelings di Giorgio Gaslini.
11/19/201859 minutes, 15 seconds
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Steve Lacy (5)

Nel luglio del '62 Lacy è di nuovo in studio di incisione con Gil Evans, in una delle sedute da cui nasce Quiet Nights di Miles Davis. Il quartetto di Lacy e Rudd non riesce a farsi pubblicare nessun album, e la sua musica dell'epoca sarà documentata solo molti anni dopo. Alla fine del '63 Lacy è nella big band di Monk che si esibisce alla Philarmonic Hall al Lincoln Center.
11/12/20181 hour, 11 seconds
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Steve Lacy (4)

A cavallo fra anni cinquanta e sessanta la rete di rapporti e di collaborazoni di Steve Lacy è sorprendentemente estesa e qualificata: Gil Evans, Cecil Taylor, Sonny Rollins, Ornette Coleman, Jimmy Giuffre, Monk, Roswell Rudd, Don Cherry. Nel '60 Lacy fa parte del quartetto di Jimmy Giuffre: molta parte del repertorio è costituita da composizioni di Monk. Ha occasione di ascoltarli lo stesso Monk, che quando poi decide di allargare il suo gruppo chiama Lacy a farne parte. Lacy stringe amicizia - come quello con Waldron un rapporto destinato a durare nei decenni - con il trombonista Roswell Rudd: con lui nel '61 Lacy monta un quartetto che si focalizza su Monk. Nel gennaio del '61 Lacy e Rudd sono chiamati da Buell Neidlinger a partecipare alla seduta di incisione da cui nasce l'album New York City R'n'B, con Taylor al pianoforte. Nel novembre, in quartetto con Don Cherry alla tromba, Lacy incide un album dal titolo monkiano, Evidence.
11/5/201859 minutes, 34 seconds
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Steve Lacy (3)

Nell'ottobre del '58 Lacy incide il suo secondo album personale, ancora con Buell Neidlinger al contrabbasso ma con Elvin Jones alla batteria e con al pianoforte Mal Waldron, con cui Lacy ha avviato un sodalizio destinato a durare nei decenni successivi. Intitolato Reflections, l'album è interamente consacrato a composzioni di Monk, a cui Lacy è stato iniziato da Cecil Taylor: Waldron è all'epoca tra i rari pianisti a nutrire una grande passione per Monk, e questa passione cementa l'amicizia fra lui e Lacy. Nel '59 ci sono solo alcune incisioni di Lacy con due ampie formazioni di Gil Evans, all'inizio dell'anno. Per ritrovare Lacy in studio di incisione bisogna aspettare il novembre del '60 quando Lacy registra il suo terzo album personale, sempre in quartetto, ma questa volta senza pianoforte, con Charles Davis al sax baritono e con John Ore e Roy Haynes, che in quel momento sono il bassista e il batterista di Monk: l'album esce con il titolo The Straight Horn of Steve Lacy.
10/29/201859 minutes, 50 seconds
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Steve Lacy (2)

Nel luglio del '57 il quartetto di Cecil Taylor con Steve Lacy viene registrato dal vivo al festival di Newport. Sempre nel '57 Lacy incide alcuni brani con una compagine guidata da Gil Evans. Nel novembre del '57 Lacy è in studio in quartetto con Wynton Kelly al piano e la ritmica del quartetto di Taylor, Buell Neidlinger al contrabbasso e Dennis Charles alla batteria, per il primo album a suo nome, che uscirà con un titolo, Soprano Today, le cui ambizioni non saranno smentite dagli sviluppi successivi della carriera del sassofonista.
10/22/201859 minutes, 52 seconds
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Steve Lacy (1)

Figura tra le più original del jazz della seconda metà del Novecento, Steve Lacy è stato anche uno dei protagonisti del jazz d'avanguardia che in Italia hanno trovato uno dei paesi più ricettivi per la loro arte. Ci accompagna in questa serie Conversazioni con Steve Lacy, una raccolta di interviste curata da Jason Weiss e pubblicata in traduzione italiana dalle Edizioni Ets di Pisa. Nato nel 1934 a New York, Lacy comincia da bambino ad applicarsi al pianoforte, e dopo essere passato in adolescenza al clarinetto rimane folgorato dall'ascolto di Sidney Bechet e si consacra al sax soprano. Lacy muove i primi passi nella professione nell'ambito del jazz tradizionale e swing. Del '54 sono le prime incisioni, con il sestetto di Dick Sutton che pratica un ibrido tra dixieland e jazz moderno. Ma intanto Lacy prende lezioni da Cecil Taylor, che rappresenta in quel momento la punta più avanzata dal jazz, e nel '56 partecpa all'incisione del primo album del pianista.
10/15/201859 minutes, 45 seconds
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50 anni fa: The Last Night at the Old Place

Come con Machine Gun di Peter Brotzmann, registrato nel maggio '68, a cui abbiamo dedicato una puntata propro in maggio, proporvi questo live - pure del maggio - della Mike Westbrook Concert Band è anche un nostro modo di rendere omaggio al fatidico anno. Tra la fine del '66 e il maggio del '68 la vecchia sede del Ronnie Scott's ribattezzata Old Place, viene destinata al jazz londinese giovane ed emergente. La sera della domenica viene affidata a Mike Westbrook, che guida allora un sestetto, e che approfitta dell'opportunità di suonare con regolarità per montare una ampia compagine, in cui figurano alcuni dei più formidabili musicsti della scena inglese dell'epoca: fra gli altri i sassofonisti Mike Osborne e John Surman, i trombonisti Malcolm Griffiths e Paul Rutherford, il bassista sudafricano Harry Miller, oltre al leader al piano. L'album - recentemente pubblicato dalla Cadillac, l'etichetta creata all'inizio degli anni settanta da Westbrook e da John Jack, e ancora attiva - coglie l'orchestra nell'ultimo travolgente concerto prima della chiusura dell'Old Place.
10/8/201856 minutes, 53 seconds
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Kip Hanrahan: Crescent Moon Waning

Atteso da qualche anno, pubblcato dalla Enja su licenza della American Clavé, Crescent Moon Waning è il nuovo album di Kip Hanrahan, uno dei più originali protagonisti della scena contemporanea, geniale regista di fascinose situazioni sonore. L'album presenta brani frutto di incisioni effettuate tra il 2015 e il 2016, ma Hanrahan ha incorporato nella musica anche registrazioni dal vivo effettuate in Francia nell'84 e a New York nel '94. Come avviene sempre con Hanrahan, nell'album troviamo un grande - in tutti i sensi - assortimento di musicisti: da Brandon Ross a Charles Neville, da Chico Freeman a Steve Swallow, da Fernando Saunders, noto per la sua lunga collaborazione con Lou Reed, alla cantante cubana Xiomara Laugart, nonché, come nelle abitudini di Hanrahan, uno stuolo di rinomati percussionisti latini, Ignacio Berroa, Luisito Quintero, Robbie Ameen, Anthony Carrillo, Richie Flores, e il compianto Milton Cardona.
10/1/20181 hour, 38 seconds
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Dinah Washington (2)

Dinah Washington è stata non solo una delle maggiori cantanti della storia del jazz e una straordinaria professionista - che suonava il piano e leggeva la musica a prima vista - ma anche uno dei grandi "personaggi" della vicenda del jazz: una personalità prorompente, un carattere proverbiale che ne ha fatto una degna appartenente alla - per chiamarla così - "scuola dei duri" del jazz, svariati matrimoni, alcol, stimolanti di vario genere, in una vita presa di slancio, vissuta senza mezze misure. In questa seconda puntata le sue incisioni dal '47 al '61, due anni prima della sua morte prematura, a soli 39 anni.
9/24/20181 hour, 10 seconds
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Dinah Washinton (1)

Due puntate dedicate a Dinah Washinton, una delle più grandi cantanti della storia del jazz, ma una interprete di successo anche in un ambito rhythm'n'blues in cui si comincia a sentire albeggiare il rock'n'roll e una anticipatrice delle cantanti soul. Un rapido ritratto che vuole essere anche un modo per rendere indirettamente omaggio ad Aretha Franklin, che ebbe nella Washinton - amica personale del padre di Aretha: fu lui, ministro di una chiesa battista di Detroit ad officiare i funerali di Dinah - una grande isprazione e le dedicò uno dei suoi primi album. In questa puntata i primi anni della sua breve carriera, dall'esordio discografico nel '43 fino al '47.
9/17/20181 hour, 10 seconds
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Jazz Anthology

Concludiamo la stagione di Jazz Anthology e il tour tra i Jazz Festival italiani e europei ascoltando artisti presenti nelle rassegne di Mouhlouse, Saalfelden, Willisau e Sant'Anna Arresi. Playlist:..1. Ghost, Peter Evans Ensemble; 2. Mokole, Mokoomba; 3. Abusey Junction, Kokoroko Afrobeat Ensemble, 4. Theme 001, Jaimie Branch; 5. Attica Black, The Young Mothers; 6. Cascade in Slow Motion, Tyshawn Sorey; 7. Boss Redux, Chicago London Underground
7/30/201859 minutes, 44 seconds
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Jazz Anthology

Dopo le ultime segnalazioni relative ai programmi di Fano jazz e Roma jazz festival vediamo i principali appuntamenti del festival Time in Jazz di Berchidda, del Jazz em Agosto di Lisbona e del Festival Météo di Moulhouse...Playlist: 1) Garden dog barbecue. Gogo penguin ;..2) My queen is Nanny of the Maroons, Sons of Kemet;..3) Nur, Lumina;..4) Niigeria, Nicola Conte e Gianluca Petrella;..5) Of beauty and odd, Dhafer Youssef,..6) Her sheets, John Zorn e Thurston Moore..7)Track 4, A pride of lions
7/23/20181 hour, 1 minute, 17 seconds
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Jazz Anthology

Proseguiamo con entusiasmo il viaggio tra le principali programmazioni musicali dal vivo ascoltando futuri ospiti di Umbria Jazz, Fano Jazz by the Sea, Pescara Jazz e Roma Jazz Festival...Tracklist..1. Lonnie Groove, Billy Hart quartet..2. Deja Vu, Hypnotic Brass Ensemble..3. Far From Over, Vijiai Iyer..4. Con somma devozione, Giorgio Distante..5. I remember Clifford, Benny Golson..6. Irregular Heartbeats, Steve Coleman..7. Medina, Kamaal Williams
7/16/201859 minutes, 47 seconds
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Jazz Anthology

..Entriamo nel vivo di quello che avremo la possibilità di ascoltare live dai palchi di Umbria Jazz, Fano Jazz by the Sea e Roma Jazz Festival...Tracklist..1. Refavela, Gilberto Gil..2. Michelangelo Antonioni, Stefano Bollani feat. Caetano Veloso..3. How Beautiful could a Being Be, Caetano, Moreno, Tom e Zeca Veloso..4. Strasbourg/St. Denis, Roy Hargrove..5. The Gam Scorpions, Giovanni Guidi..6. Lifetime, Randy Weston..7. Overtime, Knower..8. Time Traveler, Knower
7/9/201858 minutes, 32 seconds
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Jazz Anthology

Durante le puntate di JA di Luglio esploreremo le programmazioni dei principali jazz festival italiani e non solo previsti per l'estate 2018. Si segnaleranno gli appuntamenti con gli ospiti più rinomati e ascolteremo quanta più musica possibile per invogliarvi a partire all'inseguimento dei vostri artisti preferiti...Dopo aver segnalato i primi appuntamenti con le programmazioni dei festival estivi, il batterista Filippo Sala, ospite in studio, parla dei suoi nuovi progetti, in particolare della sua collaborazione con i Double Cut di Tino Tracanna e Massimiliano Milesi e degli esperimenti con i suoi Pulsar Ensemble...Tracklist:..1. Blue Diamonds, Forq..2. Moody boy, Tony Allen..3. Olii esausti, Double Cut..4. Love and love again, Double Cut..5. Light and Shade, Pulsar Ensemble..6. Afroeurobici, Pulsar Ensemble
7/2/201857 minutes, 31 seconds
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Roscoe Mitchell/Matthew Shipp: Accelerated Projection

Oltre a due brani dall'album di John Coltrane inciso nel '63 e rimasto inedito per 55 anni, Jazz Anthology presenta un album registrato nell'agosto 2005 al festival sardo "Ai confini tra Sardegna e jazz" di Sant'Anna Arresi, Accelerated Projection, del duo Roscoe Mitchell (sax alto, soprano e flauto) e Matthew Shipp (pianoforte), da poco pubblicato da Rogue Art. Mitchell è certamente uno dei musicisti che sono stati più coerenti e indefessi nel portare avanti la tensione alla ricerca di cui Coltrane è stato per la nuova generazione di giovani emersi nel jazz negli anni sessanta un fulgido esempio. La fama di Roscoe Mitchell è legata innanzitutto alla sua militanza nell'Art Ensemble of Chicago: ma Mitchell ha prodotto moltissimo anche col proprio lavoro personale, ed è certamente ancora oggi una delle figure di punta dell'avanguardia jazzistica. Matthew Shipp ha avuto in Mitchell, con cui ha ampiamente collaborato, un maestro, ma è anche una delle figure di rilievo di quell'area di avanguardia afroamericana newyorkese che ha in William Parker il suo catalizzatore. Questo duo di Mitchell e Shipp va annoverato tra i grandi esempi di duo piano/sax, come può esserlo il classico duo Steve Lacy/Mal Waldron. Musica audace, ardita ma tutt'altro che priva di una sua affascinante e avvolgente fluidità: e bisogna rendere merito ad una rassegna come "Ai confini tra Sardegna e jazz" che offre proposte di livello così alto e così intransigenti. Con questo album si allunga la lista dei "live at Sant'Anna Arresi" di cui il festival può andare orgoglioso.
6/25/201859 minutes, 48 seconds
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Pino Ninfa: Racconti Jazz

Ospite della puntata Pino Ninfa, uno dei fotografi italiani più attivi e affermati nell'ambito del jazz. Ninfa ci racconta come è arrivato a fotografare il jazz, il suo modo di rapportarsi con i musicisti che ritrae, i suoi fotografi di jazz prediletti, i problemi della fotografia nel campo del jazz e della professione di fotografo nel momento in cui tutti scattano con il cellulare. E ci parla del suo libro di foto e testi Racconti Jazz, pubblicato da Postcart.
6/18/201859 minutes, 48 seconds
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Attualità discografica

Hobby Horse, Trevi (autoproduzione, 2010)..Hobby Horse, Helm (Auand, 2018)..Simone Graziano, Snailspace (Auand, 2017)..(a cura di Nina Terruzzi e Marcello Lorrai)
6/11/201859 minutes, 45 seconds
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Louis Moholo: Uplift the People

..Pubblicato dalla Ogun, storica etichetta nata dalla diaspora jazzistica sudafricana in Europa, il nuovo album del batterista sudafricano (a cui nel 2017 abbiamo dedicato tutto un ciclo di Jazz Anthology), alla testa dei suoi Five Blokes: con Jason Yarde e Shabaka Hutchings ai sassofoni, Alexander Hawkins al piano e John Edwards al contrabbasso, Moholo guida una musica piena di slancio, pathos, lirismo, spontaneità, fra splendidi temi e libertà improvvisativa.
6/4/201859 minutes, 54 seconds
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50 anni fa: Machine Gun

Jazz Anthology celebra il '68 con una puntata dedicata a Machine Gun di Peter Brotzmann, registrato proprio nel fatidico maggio di cinquant'anni fa: album di culto, pietra miliare dell'improvvisazione europea, un disco veramente all'altezza di quell'anno e di quel mese eccezionali. Machine Gun: un titolo tutto un programma di attacco musicale nel '68 iniziato, il 30 gennaio, con i vietcong che scatenano l'offensiva del Tet...
5/28/201859 minutes, 55 seconds
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Novara Jazz 2018

Presentazione del cartellone del festival con ospite il direttore artistico Corrado Beldì (a cura di Nina Terruzzi e Marcello Lorrai)
5/21/201859 minutes, 41 seconds
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Mal Waldron (12)

Steve Lacy rientra negli Stati Uniti nel 2002, due anni prima di morire, e il 2002 è anche l'anno della morte di Waldron: dagli anni sessanta in cui rinnovano il loro sodalizio in Europa, per i decenni successivi Waldron è il partner più importante di Lacy al di fuori dei gruppi del sassofonista, e Waldron e Lacy si esibiscono e incidono spesso in duo. In Europa in quasi quarant'anni di permanenza Waldron è estremamente prodigo di sé, con una quantità di collaborazioni, incontri, esperienze. Spicca, dell'ultima fase della sua carriera, il sodalizio con la più importante vocalist espressa dal jazz d'avanguardia, Jeanne Lee, che ci ripropone, in una chiave nuova e con una interlocutrice legata al jazz più avanzato, il Mal Waldron che aveva mostrato accanto a Billie Holiday la sua arte di accompagnatore e di partner attento. Morto delle complicazioni derivanti da un tumore a Bruxelles nel dicembre del 2002, Waldron ha portato avanti in maniera eccellente la sua attività praticamente fino alla fine. Nel febbraio del 2002 incide in duo con Archie Shepp l'album Left Alone Revisited, in cui riprende Left Alone, il brano di cui Billie Holiday aveva scritto le parole e Waldron la musica.
5/14/20181 hour, 11 seconds
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Hugh Masekela: Masekela ’66 -’76

Una puntata dedicate ad una antologia in tre Cd (Wrasse Records) che ripercorre gli anni del successo americano di Masekela e della fortunata collaborazione del trombettista sudafricano con il produttore e amico Stewart Levine: una auto-antologia, curata assieme a Levine dallo stesso Masekela, poco prima della morte nel gennaio scorso.
5/7/201859 minutes, 52 seconds
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Mal Waldron (11)

Dal suo arrivo in Europa la discografia di Mal Waldron si arricchisce di una gran quantità di nuovi album. Dopo aver inaugurato nel '69 il catalogo della Ecm, un paio d'anni dopo con un suo disco Waldron inaugura anche il catalogo di un'altra importante etichetta europea, anche questa di Monaco di Baviera, la Enja. In Europa il pianista ritrova Steve Lacy, nel frattempo anche lui diventato un illustre esponente della diaspora jazzistica americana in Europa, dove è approdato più o meno nello stesso periodo di Waldron. Dagli anni settanta Waldron torna con una certa frequenza negli Stati Uniti, ed è spesso in Giappone dove ha molto successo.
4/30/201859 minutes, 52 seconds
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Attualità discografica

Aparticle, Bulbs (UR Records)..Franco D'Andrea Octet, Intervals I (Parco della Musica Records)..(a cura di Nina Terruzzi e Marcello Lorrai)
4/23/20181 hour, 11 seconds
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Mal Waldron (10)

Nell'agosto del '61 Waldron partecipa all'incisione di Percussion Bitter Sweet di Max Roach, ed è ancora in studio con il batterista nel '62. Ma una sera del '63, mentre sta iniziando un set, improvvisamente Waldron non ricorda più come si fa a suonare: è l'effetto di una overdose di eroina, che quasi lo uccide. Quando esce dal coma Waldron non ricorda più chi è. Piano piano gli torna la memoria, ma deve rimettersi a imparare a suonare, anche riascoltando i propri dischi. Nel '64 c'è un'unica seduta di incisione. Per liberarsi dalla droga Waldron sceglie di trasferirsi in Europa: prima Parigi, poi Bologna, ed è con un album in solo registrato nel '66 a Bologna, All Alone, che effettivamente riprende la sua carriera discografica. Waldron si trasferisce poi ad Amburgo, quindi a Monaco di Baviera: nel '69 un suo disco, Free at Last, inaugura il catalogo di una nuova etichetta appunto di Monaco destinata a grande fortuna, la Ecm.
4/16/20181 hour, 20 seconds
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Libri: Grande Musica Nera

Ospite della trasmissione Claudio Sessa, curatore di Grande Musica Nera, edizione italiana del libro di Paul Steimbeck sull'Art Ensemble of Chicago, dagli anni sessanta gruppo emblematico dell'avanguardia. Il volume inaugura la collana Chorus delle edizioni Quodlibet, che sarà fondamentalmente dedicata a testi riguardanti il jazz.
4/9/201859 minutes, 32 seconds
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Mal Waldron (9)

Nel luglio del '61 un quintetto guidato da Eric Dolphy e Booker Little, con Waldron al pianoforte, si esibisce per due settimane al Five Spot: il materiale registrato nella serata del 16 luglio viene documentato dai due album At the Five Spot, intestati a Dolphy, e da altri album. Tra i motivi di fascino dei lunghi brani, la dialettica fra le audaci improvvisazioni di Dolphy e Little e la coerenza complessiva dei brani, che devono molto alla presenza stabilizzatrice di Waldron.
4/2/20181 hour, 1 second
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Mal Waldron (8)

Dal 20 al 26 aprile del '59 Waldron accompagna Billie Holiday in alcune serate allo Storyville di Boston: alcuni brani registrati nel corso di queste esibizioni saranno l'estrema testimonianza dell'arte della grande cantante, che verrà a mancare meno di tre mesi più tardi. Dopo la morte di Billie Holiday, Waldron continua a lavorare con i musicisti di cui si circonda al Five Spot, fra cui il clarinettista e sassofonista Eric Dolphy e il trombettista Booker Little: che come Waldron nel febbraio del '61 partecipano all'incisione di Straight Ahead di Abbey Lincoln. Nel giugno del '61 Dolphy partecipa poi alla registrazione di The Quest, l'album più impegnativo e significativo realizzato fino a quel momento da Waldron.
3/26/20181 hour, 20 seconds
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Attualità discografica

Stefano Grasso Fat Trio, Radici (autoproduzione)....Pericopes + 1, Legacy (Auand)....Roberto Ottaviano, Sideralis (Dodicilune)....(a cura di Nina Terruzzi e Marcello Lorrai)
3/19/201841 minutes, 29 seconds
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Mal Waldron (7)

Nell'ottobre del '58 Waldron è in studio per Reflections, secondo album - interamente consacrato a composizioni di Monk - di Steve Lacy, specialista del sax soprano; Waldron e Lacy si sono conosciuti qualche tempo prima alle serate di musica e poesia del Five Spot, in cui intervengono poeti come Allen Ginsberg e Kenneth Rexroth: alla base dell'intesa fra il pianista e il sassofonista c'è propro il loro comune amore per Monk. Nel febbraio del '59 Waldron partecipa all'incisione di uno dei brani che entreranno nell'album di Mingus Blues & Roots. Sempre nel febbraio del '59 Waldron incide nuovamente in trio: dalla seduta nasce l'album Left Alone, che prende il titolo dal brano - in cui al trio si aggiunge Jackie McLean al sax alto - cofirmato da Waldron e da Billie Holiday: dei brani di cui la cantante scrisse le parole Left Alone è tra quelli che non ebbe occasione di incidere.
3/12/201859 minutes, 49 seconds
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Mal Waldron (6)

Nel febbraio del '58 Waldron è in studio con l'orcherstra diretta da Ray Ellis che accompagna Billie Holiday nelle incisioni che si tradurranno nell'album Lady in Satin. In settembre Waldron incide Mal/4 Trio, il suo quarto album personale, il primo focalizzato sul suo pianismo, con la formula piano-basso-batteria. Il 5 ottobre Waldron è con Billie Holiday sul palco del festival di Monterey, alla sua prima edizione: è evidente a tutti che la cantante è vicina alla fine, ma l'incisività del piano di Waldron, la sua premurosa presenza intorno al canto della Holiday contribuiscono a tenere in piedi il set, e per quanto al lumicino, il temperamento interpretativo di Billie e il suo carisma sono ancora capaci di catturare il pubblico: che la segue con calore e affetto, le perdona le incertezze, le chiede tre bis.
3/5/20181 hour, 6 seconds
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Attualità discografica

ATA: ATA (Ep, autoproduzione)....Piero Delle Monache: Aurum (Parco della Musica, 2014)....Piero Delle Monache: Road Movie (Live Music 2012-2017) (Da Vinci Jazz)....Roswell Rudd/Fay Victor/Lafayette Harris/Ken Filiano: Embrace (rarenoise).. (a cura di Nina Terruzzi e Marcello Lorrai)
2/19/20181 hour, 10 seconds
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Mal Waldron (5)

Il 6 luglio del '57 Waldron è con Billie Holiday sul palco del festival di Newport. In settembre il pianista è di nuovo in studio di incisione con Coltrane: ne esce l'album Wheelin' & Dealin', che, cointestato a tutti i musicisti del sestetto che lo incide, prende il titolo da due brani di Waldron incisi nel corso della seduta. Con un organico inusuale, un sestetto che comprende flauto e violoncello, all'inizio del '58 Waldron incide il suo terzo album personale, Mal-3 Sounds.
2/12/20181 hour, 14 seconds
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Mal Waldron (4)

Nel 1957 Waldron comincia a lavorare come accompagnatore fisso di Billie Holiday. Fra aprile e maggio è in diverse occasioni in studio di incisione con John Coltrane: fra l'altro per il suo secondo album personale, Mal-2, e per il materiale che nel '57 esce intestato ad una delle tante compagini assortite dall'etichetta Prestige con cui Waldron registra, e che poi nel '63, quando Coltrane è ormai un gigante sulla scena del jazz, sarà ripubblicato in un album intestato al sassofonista e con un nuovo titolo, Dakar.
2/5/201859 minutes, 54 seconds
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Mal Waldron (3)

Nel novembre del '56 Mal Waldron realizza il suo primo album personale, Mal-1. L'attività del pianista in studio di incisione tra la fine del '56 e i primi mesi del '57 è molto intensa. Waldron incide fra l'altro con diverse compagini variamente assortite dalla etichetta Prestige: in una seduta in marzo tra i musicisti figura anche John Coltrane.
1/29/201859 minutes, 20 seconds
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Mal Waldron (2)

Nel gennaio del '56 Mal Waldron incide prima con un altro dei musicisti più avventurosi e creativi degli anni cinquanta, il vibrafonista Teddy Charles, poi con Mingus per uno dei capolavori assoluti del contrabbassista, l'album Pithecanthropus Erectus. Fra il '56 e il '57 Waldron è poi di nuovo in studio di incisione con Jackie McLean, che affianca in diversi album del sassofonista. A cura di Marcello Lorrai
1/22/20181 hour, 1 minute, 20 seconds
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Mal Waldron (1)

Dopo l'esordio professionale come pianista verso il 1949, le prime importanti sedute di incisione di Mal Waldron sono nel '54-55 con Charles Mingus, con Teo Macero, che diventerà poi un importante produttore (fra l'altro di Miles Davis), e con il sax alto Jackie McLean, al suo debutto discografico come leader. A cura di Marcello Lorrai
1/15/20181 hour, 16 seconds
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Frank Sinatra: A Jolly Christmas from Frank Sinatra

Nel 1957 Sinatra incide un intero album di canzoni natalizie, A Jolly Christmas from Frank Sinatra, in cui reinterpreta alcune delle canzoni che aveva già inciso e ne propone di nuove. Nel '64 poi Sinatra è - assieme a Bing Crosby e al bandleader Fred Waring - cointestatario dell'album 12 Songs of Christmas: Sinatra interpreta da solo tre canzoni - fra cui The Little Drummer Boy, una delle più curiose canzoni natalizie create negli Stati Uniti nel Novecento - e duetta con Crosby in altri due brani. A cura di Marcello Lorrai.
1/8/20181 hour, 23 seconds
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Frank Sinatra: Christmas Dreaming

In due speciali di Jazz Anthology, il grosso delle canzoni natalizie incise da The Voice. Nella prima puntata i brani - da Jingle Bells a Adeste Fideles, da Silent Night a White Christmas... - incisi da Sinatra a partire dalla metà degli anni quaranta, che poi nel '48 vengono raccolti in un album inttolato Christmas Songs by Sinatra, terzo titolo nella discografa del cantante, album che poi nel '50 con due brani supplementari viene ripubblicato e ribattezzato Christmas Dreaming. A cura di Marcello Lorrai.
12/25/201759 minutes, 8 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 18/12/2017

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
12/18/201728 minutes, 48 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 11/12/2017

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
12/11/20171 hour, 17 seconds
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Wes Montgomery: The Complete Montgomery Brothers Quartet Studio Sessions

Wes Montgomery è stato uno dei protagonisti più popolari e più amati del jazz dei suoi tempi, e fra i più grandi chitarristi della vicenda di questa musica; il succeso gli arrivò in particolare in quello che sarebbe poi stato l'ultimo decennio della sua vita, gli anni sessanta: Montgomery morì prematuramente per un attacco cardiaco nel 1968. Folgorato nel '43 dall'ascolto di un disco di Charlie Christian, Montgomery diventò un maestro della chitarra jazz applicandosi allo strumento piuttosto tardi, e imparando da autodidatta, a orecchio, senza sapere leggere la musica. Ma nel giro di meno di un anno fu in grado di ottenere ingaggi nei club di Indianapolis, la sua città. I risultati rapidamente raggiunti da Wes trascinarono nell'attività musicale i suoi due fratelli: Monk, di poco più di un anno più anziano di Wes, suonava il contrabbasso, mentre Buddy, di circa sette anni più giovane di Wes, si mise a suonare il pianoforte e il vibrafono. Così i Montgomery vanno annoverati fra i casi di tre fratelli operanti a livelli alti nel jazz, come gli Heath, Percy, Albert e Jimmy, e i Jones, Elvin, Hank e Thad. Assieme i Montgomery incisero anche in trio o con altri organici: il triplo Cd pubblicato dalla Essential Jazz Classics, The Complete Montgomery Brothers Quartet Studio Sessions, si concentra sulle incisioni in quartetto, completato da un batterista.
12/11/20171 hour, 17 seconds
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Franco D'Andrea presenta Intervals I

Ospite in studio, Franco D'Andrea presenta Intervals I, il suo nuovo album, in ottetto (Parco della Musica Records)
12/4/20171 hour, 13 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 27/11/2017

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
11/27/201759 minutes, 56 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 20/11/2017

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
11/20/201759 minutes, 52 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 13/11/2017

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
11/13/201758 minutes, 5 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 06/11/2017

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
11/6/201759 minutes, 42 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 30/10/2017

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
10/30/20171 hour, 3 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 23/10/2017

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
10/23/201759 minutes, 54 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 16/10/2017

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
10/16/20171 hour, 2 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 09/10/2017

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
10/9/201759 minutes, 45 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 02/10/2017

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
10/2/201759 minutes, 48 seconds
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Louis Moholo: dall'esilio alla leggenda (9)

Dopo la morte di Mogezi Feza, i Blue Notes quando si riuniscono sono adesso in quattro: e cioè Chris McGregor al piano, Dudu Pukwana al sax alto, Johnny Dyani al contrabbasso e Louis Moholo alla batteria. Nell'aprile del '77 vengono registrati dal vivo all'100 Club a Londra, e la Ogun ne trae un album, Blue Notes in Concert, che viene pubblicato nel '78, e più tardi riproposto, con materiale supplementare, in Cd. La formidabile coppia ritmica Harry Miller/Louis Moholo lavora fra l'altro nei picoli gruppi di Elton Dean e nel Ninesense del sassofonista, una delle più eccitanti formazioni della scena inglese dell'epoca: una straordinaria testimonianza del livello del Ninesense di Dean col contributo di Miller e Moholo la offre una registrazione amatoriale del '79, diventata nel 2012 un doppio Cd, anche questa effettuata all'100 Club, da cui prendiamo un ampio brano. Stellare, la formazione oltre a Dean, Miller e Moholo allinea Alan Skidmore, Marc Charig, Harry Beckett, Nick Evans, Radu Malfatti, Keith Tippett.
10/2/201759 minutes, 48 seconds
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Jazz Anthology di lunedì 25/09/2017

Come suggerisce il titolo della trasmissione, presente nel palinsesto di Radio Popolare fin dagli inizi, Jazz Anthology ripercorre la ormai lunga vicenda del jazz proponendone momenti e artisti salienti. Al di là della varietà delle sue forme, per Jazz Anthology questo genere è un fenomeno unitario di innovazione musicale in rapporto con una tradizione di matrice neroamericana. Jazz Anthology vuole quindi valorizzare sia la pluralità degli aspetti del jazz che la continuità della sua storia, dedicando la propria attenzione a tutte le epoche di questa musica, dal New Orleans al bebop, fino alle espressioni più audaci degli ultimi decenni. Il programma si articola soprattutto in serie di trasmissioni a carattere monografico, con l’intenzione – in un contesto mediatico che al jazz dà pochissimo spazio e in modo molto dispersivo – di dare così un contributo alla diffusione di una effettiva cultura del jazz. La sigla di Jazz Anthology è Straight Life (Art Pepper), da Art Pepper meets The Rhythm Section (1957, Contemporary/Original Jazz Classics)
9/25/20171 hour, 13 seconds
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Louis Moholo: dall'esilio alla leggenda (8)

La dedizione alla musica creativa e improvvisata, una musica senza l'appoggio di grandi case discografiche, senza grandi management, senza visibilità sulla radio e la televisione e senza riconoscimenti ufficiali è una battaglia eroica, e la lotta per la sopravvivenza, particolarmente dura in Gran Bretagna, assieme allo stress dell'esilio si traducono in una esperienza traumatica. Alla fine del '75, a soli trent'anni, muore Mongezi Feza, grande trombettista e compositore di brani di commovente bellezza. Pochi giorni dopo la sua scomparsa, gli altri Blue Notes a Londra incidono - suonando senza soluzione di continuità per tre ore e mezzo, senza nulla di preordinato - l'album Blue Notes for Mongezi, pubblicato poco tempo dopo dalla Ogun come doppio Lp, e parecchi anni dopo sempre dalla Ogun in versione più estesa in Cd doppio. Moholo partecipa a molti gruppi e incisioni intestati a Harry Miller: Moholo è alla batteria negli album di Miller - pubblicati dalla Ogun - Family Affair (inciso nel '77) e In Conference (inciso nel '78), in cui intervengono diversi dei più bei nomi del jazz inglese. Miller a sua volta è al contrabbasso nel primo album di Moholo come leader, Spirit Rejoice! inciso a Londra nel '78 e pubblicato nello stesso anno dalla Ogun: Moholo è alla testa di un ottetto con Evan Parker al sax tenore, Kenny Wheeler alla tromba, Nick Evans e Radu Malfatti ai tromboni, Keith Tippett al piano, e al contrabbasso, oltre a Miller, anche Johnny Dyani.
9/25/20171 hour, 13 seconds
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Louis Moholo: dall'esilio alla leggenda (7)

Il drumming di Moholo ha una responsabilità decisiva nell'energia e nella coesione di un lavoro orchestrale tanto audace come quello della Brotherhood of Breath, la compagine creata nella seconda metà degli anni sessanta da Chris McGregor riunendo Dudu Pukwana, Mongezi Feza, Harry Miller e appunto Moholo, suoi compagni della diaspora jazzistica sudafricana, e alcuni dei migliori musicisti del nuovo jazz britannico ed europeo, come Evan Parker e Radu Malfatti. (settima puntata)
9/18/20171 hour, 11 seconds
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Louis Moholo: dall'esilio alla leggenda (6)

I protagonisti del nuovo jazz britannico sono affascinati dall'energia dei musicisti sudafricani e anche dal loro bagaglio di melodie e ritmi, e sono ansiosi di suonare con loro: il senso di comunità che si crea è ben rappresentato dalle notti londinesi, in particolare al club Old Place, in cui i musicisti che vogliono condividere la musica con i sudafricani sono così tanti che spesso sul palco ci può essere una dozzina di strumentisti o più alla volta. E' questo tipo di situazione che nel '66, nello spirito della Castle Lager Big Band del '63, dà a Chris McGregor l'idea di formare un'orchestra, con Dudu Pukwana, Mongezi Feza, Harry Miller, Louis Moholo e alcuni dei migliori musicisti del nuovo jazz britannico ed europeo, Evan Parker e Radu Malfatti per fare solo due nomi. Il senso della comunità si riflette nel nome scelto per la compagine: Brotherhood of Breath. Oltre ad offrire un eccezionale assortimento di straordinari solisti e a coniugare jazz contemporaneo e musica proveniente dal Sudafrica, la Brotherhood costituisce una esperienza cruciale in termini di arrangiamenti creativi e di dialettica fra dimensione orchestrale e libertà individuale, composizione e improvvisazione; Moholo con il suo drumming avrà un ruolo decisivo nel tenere insieme un lavoro orchestrale così audace. Il magnifico Live at Willisau della Brotherhood, registrato nella cittadina svizzera nel gennaio del '73, inaugura nel '74 l'attività di una nuova etichetta, la Ogun, creata da Harry Miller e da sua moglie Hazel: all'epoca il nuovo jazz è scarsissimamente sostenuto dalla stampa e dalla radio, e non trova l'interesse delle case discografiche, di qui dunque l'idea di pubblicare album, per dare alla musica la possibilità - letteralmente - di essere ascoltata.
6/26/20171 hour, 50 seconds
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Louis Moholo: dall'esilio alla leggenda (5)

Prima dei Blue Notes, dal Sudafrica è arrivato in Europa il bassista bianco Harry Miller: nato nel 1941, Miller approda a Londra nei primi anni sessanta con il tastierista Manfred Mann. Cofondatore alla fine degli anni cinquanta di una delle prime band sudafricane di rock'n'roll, Mann ha però un background come pianista di jazz, e ha introdotto Miller alla musica neroamericana. Miller trova lavoro sui transatlantici, e a New York ha l'opportunità di ascoltare Ornette Coleman, che, assieme a Coltrane, diventa per lui un'ispirazione fondamentale. Quando i Blue Notes arrivano a Londra, Miller li aiuta nel loro difficile inserimento nella nuova realtà. Quando poi Louis Moholo rientra in Gran Bretagna dall'America latina, Miller e Moholo formano una combinazione contrabbasso/batteria di incredibile energia e creatività, che sarà richiestissima nel campo della musica improvvisata europea, che ha cominciato ad emergere proprio più o meno in coincidenza con l'arrivo dei Blue Notes in Europa, e che proprio in Gran Bretagna fra il '63 e il '65 vive alcune delle sue esperienze fondative. Uno dei sodalizi cruciali di Miller e Moholo è quello in trio con uno dei più forti improvvisatori della scena britannica, l'altosassofonista Mike Osborne: la prima registrazione in cui sono documentati come trio è dell'agosto del '70, a Londra.
6/19/201757 minutes
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Louis Moholo: dall'esilio alla leggenda (4)

Con i Jazz Epistles di Dollar Brand, Kippie Moeketsi, Hugh Masekela, alla fine degli anni cinquanta il jazz sudafricano si colloca all'altezza dell'hard bop d'oltre Atlantico. Nel '62 diversi membri dei Jazz Epistles sono già all'estero: ma già nel '62 McGregor e Pukwana con i loro Blue Notes hanno avuto il tempo di spingere la loro ricerca più avanti di quella dei Jazz Epistles. Alle soglie della partenza per il festival di Antibes, i Blue Notes fanno un tour d'addio in giro per il paese e vengono documentato dal vivo a Durban, con una registrazione che si è poi tradotta in un album pubblicato dalla Ogun, The Blue Notes Legacy, Live in South Afrika 1964. Rispetto ai brani registrati al principio del '64, in questi brani dal vivo si nota ancora di più la proiezione in avanti dei Blue Notes: Louis Moholo, che in studio sta sul piatto con uno swing piuttosto controllato, è invece molto più esuberante e pirotecnico. Nel luglio '64 i Blue Notes si esibiscono con vivo successo ad Antibes. Alla fine dell'estate si spostano in Svizzera, e suonano otto mesi al club Africana di Zurigo - dove Dollar Brand ha lavorato dopo il suo arrivo in Europa - e al Blue Note di Ginevra. Li aiuta il credito guadagnato negli anni precedenti da Dollar Brand. Ma i Blue Notes non hanno gli appoggi di cui hanno goduto i musicisti della diaspora sudafricana negli Stati Uniti, la Makeba, Masekela, Dollar Brand. Nick Moyake, il più anziano del gruppo, non regge l'esilio, e da Zurigo torna in Sudafrica, dove muore di un tumore al cervello nel '69: è l'inizio dell'aspetto tragico dell'epopea dei Blue Notes. Gli altri vanno a Londra: hanno fra i ventotto e i diciannove anni. Sono lontani da casa, dalle famiglie, dagli amici, in un paese completamente diverso dal loro, e faticano a trovare ingaggi. A causa della mancanza di lavoro il grupo di divide. Dyani e Moholo vengono ingaggiati dal sassofonista americano Steve Lacy, che con il trombettista Enrico Rava sta partendo per una tournée in America latina. Dyani e Moholo si trovano proiettati in una musica completamente libera, nella quale peraltro si muovono completamente a loro agio, come mostra l'album di Lacy The Forest and the Zoo, registrato dal vivo nel '66, un capolavoro della free music degli anni sessanta.
6/12/201759 minutes, 38 seconds
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Louis Moholo: dall'esilio alla leggenda (3)

Dopo il massacro di Sharpeville del '60, e con una legislazione che in maniera sempre più stringente ostacola l'interazione fra individui di differenti "gruppi razziali", la situazione dei Blue Notes diventa sempre più difficile e pericolosa. Con un bianco fra i suoi membri - Chris McGregor - la composizione mista del gruppo è fonte di problemi estenuanti. I Blue Notes si rendono conto di mettere a rischio non solo la propria sicurezza, ma anche quella di chi viene ad ascoltarli: ma non vogliono smettere di fare musica insieme, e cominciano a ritenere imperativo espatriare. Nelle incisioni realizzate dai Blue Notes all'inizio del '64 si configura via via la fisionomia con cui la formazione si presenterà in Europa: al piano c'è Chris McGregor, al sax alto Dudu Pukwana, al sax tenore Nick Moyake, alla tromba Mongezi Feza; poi Louis Moholo subentra alla batteria, rimpiazzando Early Mabuza. Ormai alle soglie della partenza per l'Europa, dove sono stati invitati a suonare al prestigioso festival di Antibes, i Blue Notes si ritrovano con il contrabbassista Sammy Maritz malato: ingaggiano allora Johnny Dyani, un contrabbassista giovanissimo - ha solo sedici anni - ma che sa il fatto suo.
6/5/20171 hour, 29 seconds
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In arrivo il festival Zuma

Ospiti di Jazz Anthology, Roberto Maggioni, Davide Zolli e Davide Domenichini presentano Zuma, un festival milanese informale e fuori dagli schemi, fra musica (molto altro ma anche jazz, per esempio lo storico batterista dell'Art Ensemble of Chicago, Don Moyé) e controcultura, che arriva alla sua terza edizione: slogan, "tre giorni di musica, amore e giochi".
5/29/201759 minutes, 19 seconds
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Corrado Beldì ospite di Jazz Anthology

Corrado Beldì ci presenta l'edizione 2017 del festival di Novara Jazz, di cui è direttore artistico.
5/22/201757 minutes, 58 seconds
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Louis Moholo: dall'esilio alla leggenda (2)

Nato nel 1940 nella township di Langa, negli anni cinquanta Louis Moholo si è fatto una notevole esperienza sia in piccoli gruppi che in big band. Nel '63 suona - sostituendo all'ultimo momento il batterista titolare Early Mabuza - con la big band riunita da Chris McGregor a Johannesburg. Al principio del '64 i Blue Notes incidono alcuni brani in cui man mano si delinea la formazione con cui poi il gruppo nel '64 si presenterà al festival francese di Antibes.
5/15/20171 hour, 20 seconds
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Louis Moholo: dall'esilio alla leggenda (1)

Prendendo spunto dalla sua partecipazione alla prossima edizione del festival di Novara Jazz, con alcune puntate rendiamo omaggio a Louis Moholo, figura storica della diaspora del jazz sudafricano in Europa, diaspora causata dall'apartheid. Nel Continente Nero il Sudafrica è il caso unico di un paese nel quale nel Novecento si assiste ad una vera e propria declinazione - spesso peraltro molto originale - delle forme del jazz degli Stati Uniti. Alla fine degli anni cinquanta il jazz sudafricano esprime una forte maturità, e in alcune sue punte, come i Jazz Epistles che si formano nel '59, è già in sintonia con l'hard bop di oltre Atlantico. Il '60 è un anno spartiacque: con il massacro di Sharpeville l'apartheid comincia a mostrare il suo volto più crudele: molti musicisti cominciano a pensare all'esilio. Miriam Makeba è in Europa già dal '59, e prosegue per gli Stati Uniti. Nel '61 nella township di Langa (Cape Town) si incontrano il pianista bianco Chris McGregor e il sax alto Dudu Pukwana. Nel '62 a Johannesburg si forma un gruppo, che viene chiamato Blue Notes, con McGregor, Pukwana, Nick Moyake al sax tenore, Mongezi Velo al basso e Early Mabuza alla batteria; nel gruppo viene cooptato il giovanissimo trombettista Mongezi Feza. Nel '63 McGregor riesce a riunire per una registrazione e una esibizione a Johannesburg una big band con componenti selezionati tra i migliori jazzisti del paese: Early Mabuza non arriva al concerto e viene sostituito da un giovane batterista di Langa, Louis Moholo.
5/8/20171 hour, 36 seconds
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Ella & Louis. The Complete Norman Granz Sessions

Ella & Louis è il titolo del primo dei tre album raccolti nel triplo Cd pubblicato dalla One Records: si tratta di tre album famosissimi, ma che è sempre un piacere riascoltare. A corredo la ristampa propone anche due duetti della Fitzgerald e di Armstrong durante un famoso concerto all'Hollywood Bowl, che comprendeva un ampio cast di musicisti, fra cui Art Tatum: quel concerto, tenutosi alla vigilia della registrazione di Ella & Louis, rappresentò la loro prima registrazione assieme per l'impresario Norman Granz. La Fitzgerald e Armstrong appartenevano a due generazioni diverse: quando negli anni trenta Ella muove i primi passi della sua carriera, Armstrong è già riconosciuto come un fuori classe: e prima di questi album le loro incisioni comuni sono poche. Per vari motivi che spieghiamo in questa puntata, l'operazione messa in piedi da Granz con Ella & Louis era complessa e non priva di rischi, ma tutto funzionò egregiamente, e l'album ebbe un eccellente risultato di vendite, tanto che Granz pensò rapidamente ad un bis, l'album Ella & Louis Again, inciso nel '57, a cui seguì poi l'interpretazione di Porgy & Bess, incisa a ruota sempre nel '57.
5/1/201758 minutes, 50 seconds
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Louis Armstrong e Duke Ellington: The Great Summit; Duke Ellington: Festival Session

Pur conoscendosi fin dagli anni venti, Louis Armstrong e Duke Ellington ebbero in realtà fino agli anni sessanta solo marginali occasioni di avere a che fare musicalmente l'uno con l'altro. La prima occasione di un qualche rilievo fu nel '60 a Parigi, quando si trovarono a lavorare per il film Paris Blues, della cui colonna sonora era stato incaricato Ellington, che la realizzò assieme a Billy Strayhorn: Armstrong nella pellicola aveva anche un ruolo come attore, e suonò in un paio di brani della colonna sonora, in nessuno dei quali Ellington intervenne però come pianista. Ma l'anno successivo Armstrong e Ellington incisero insieme a New York, e dal materiale vennero ricavati due album, il primo dei quali uscì col titolo Together For The First time, in cui Armstrong interpretava brani di Ellington, con il Duca al piano, mentre gli altri musicisti erano del gruppo di Armstrong. Ora la collana Jazz Images (ce ne siamo occupati due settimane fa a proposito della ristampa di due album di Oscar Peterson) offre Paris Blues come bonus della ristampa in Cd (ma l'album è disponibile anche in Lp) di Together For The First Time: il titolo della ristampa è The Great Summit. La stessa collana propone anche la ristampa di Festival Session, un album in cui, nel '59, Ellington in studio fissa materiale che aveva presentato ai festival di Newport e al Playboy Festival di quell'anno.
4/24/201758 minutes, 28 seconds
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Oscar Peterson: The Complete Duke Ellington Song Books

The Complete Duke Ellington Song Books è un doppio Cd pubblicato dalla Essential Jazz Classics, che contiene: l'album Oscar Peterson Plays Duke Ellington, inciso in mono nel '52 in trio con Barney Kessel alla chitarra e Ray Brown al basso; un secondo album, Oscar Peterson Plays the Duke Ellington Song Book, per il quale nel '59 Peterson reincide esattamente gli stessi dodici brani di Ellington, ma questa volta in stereo e in trio sempre con Ray Brown al contrabbasso ma con Ed Thigpen alla batteria; infine, un assortimento di brani di Ellington - che occupa un intero Cd - interpretati da Peterson in varie formazioni, tanto in studio che dal vivo: fra questi materiali, le prime incisioni di brani di Ellington realizzate da Peterson ancora negli anni quaranta nella sua città, Montreal, in Canada. In una intervista del '79 riportata nelle note di questa ristampa, Peterson dice: "Cerco sempre di inserire qualcosa di Ellington in ogni concerto che faccio: lo considero quasi obbligatorio".
4/17/201755 minutes, 23 seconds
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Oscar Peterson: Affinity; West Side Story

La collana Jazz Images propone, in Lp e Cd, Affinity, un album di Oscar Peterson inciso nel '62 in trio con Ray Brown al contrabbasso e Ed Thigpen alla batteria: il titolo Affinity è proprio un riferimento all'intesa e all'affiatamento dei tre grandi musicisti. Affinity si apre con Waltz for Debby, il fortunato brano di Bill Evans che appare per la prima volta nella discografia di Peterson per la prima volta con questo album e che sarebbe poi entrato a fare stabilmente parte del repertorio del pianista. La versione in Cd della ristampa è completata dalla riproposizione di un altro album di Peterson, West Side Story, inciso in trio sempre nel '62. All'epoca, sulla base del successo del musical e poi del film, la musica di Bernstein per West Side Story era già stata ripresa da molti. Solitamente il trio di Peterson usava le esibizioni dal vivo come rodaggio per mettere a punto delle interpretazioni che solo dopo venivano fissate in sala d'incisione: in questo caso invece il materiale non era stato impiegato dal vivo, e non c'era stata neanche una particolare preparazione a monte dell'incisione, nella quale il trio utilizzò le musiche di West Side Story con un approccio piuttosto spontaneo.
4/10/20171 hour, 1 minute, 45 seconds
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Ada Montellanico: Abbey's Road

Una puntata a cavallo fra attualità discografica e storia, con l'album della cantante Ada Montellanico Abbey's Road: un lavoro di pregio, e un'occasione per ricordare la vicenda e l'arte della grande Abbey Lincoln a cui è dedicato.
4/3/201759 minutes, 27 seconds
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1917 (5)

Tornata dalla trionfale trasferta in Gran Bretagna, nei primi anni venti la Original Dixieland Jazz Band continua ad incidere, ma deve fronteggiare la concorrenza di formazioni che sono nate sulla scia del suo successo e anche - con l'affermarsi della grandi compagini di Paul Whiteman - l'emergere di nuove proposte e nuovi gusti; inoltre una serie di provvedimenti di ordine pubblico creano delle restrizioni al jazz nei locali, e la Original deve ripiegare su Harlem, dove il jazz continuava a mantenere una maggiore agibilità. Nel '24, esaurito e stanco, La Rocca scioglie la formazione e fa ritorno a New Orleans. Ma alla metà degli anni trenta, sentendo che le formazioni di successo dello swing che stava tenendo banco riproponevano in nuove confezioni diversi cavalli di battaglia della Original, La Rocca decide di far vedere ad una nuova generazione da dove veniva quella musica e ricostituisce la vecchia band. La rentrée ebbe grande successo, e nel settembre del '36 la Original tornò in studio per altre incisioni, fino ad un'ultima seduta nel novembre delo stesso anno. Il successo continuò, ma nel '38 La Rocca, stanco delle tensioni che erano riemerse nel gruppo, sciolse definitivamente la Original e tornò a New Orleans dove lavorò come appaltatore edile e dove poi morì nel 1961.
3/27/201759 minutes, 49 seconds
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Dino Betti van der Noot ospite di Jazz Anthology

a cura di Marcello Lorrai
3/20/201758 minutes, 56 seconds
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1917 (4)

Continuiamo a ripercorrere la vicenda della Original Dixieland Jazz Band: la circolazione dei dischi della Original, molti dei quali incisi durante la trasferta in Gran Bretagna del '19-20, è sostanziale nel cominciare a sedimentare un repertorio jazzistico che diventa di riferimento per il jazz della prima metà degli anni venti. Siamo in un mondo ancora senza radio: le prime trasmissioni regolari della storia della radiofonia vengono mandate in onda proprio in Gran Bretagna nel febbraio del '20; ma già nel '19, per esempio, a Milano una formazione che si chiama Orchestra del Trianon incide una versione di At The Jazz Band Ball, che l'Original aveva già inciso in precedenza e reinciso appena arrivata a Londra. Nel '20 la Original rientra in patria: il ritorno è trionfale, ma la Original si deve adattare ad una scena musicale e ad un gusto che sono nel frattempo già rapidamente cambiati. Nella prima parte della trasmissione ascoltiamo tre brani dall'album postumo della cantante saharawi Mariem Hassan, La voz indomita del Sahara Occidental, pubblicato dall'etichetta Nubenegra.
3/13/20171 hour, 1 minute, 7 seconds
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1917 (3)

Prima di tornare ad altri aspetti della presenza del jazz nel 1917, in questa puntata continuiamo a ripercorrere il prosieguo della vicenda della Original Dixieland Jazz Band - che nel '17 ha inciso il primo disco della storia di questa musica - e in particolare la sua lunga e clamorosa trasferta in Gran Bretagna nel 1919-20. Nella prima parte della trasmissione presentiamo Social Music, primo album di Molester Smiles, collettivo nato da un'idea di Enrico Merlin, chitarrista e grande specialista del Miles Davis elettrico.
3/6/20171 hour, 27 seconds
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Tiziano Tononi ospite di Jazz Anthology

a cura di Marcello Lorrai
2/27/201759 minutes, 49 seconds
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Arrigo Cappelletti ospite di Jazz Anthology

a cura di Marcello Lorrai
2/20/20171 hour, 1 second
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1917 (2)

Il primo disco della storia del jazz, inciso dalla Original Dixieland Jass Band nel febbraio del '17, vende nel corso dell'anno la bellezza di un milione e mezzo di copie, e sull'onda del suo clamoroso successo, la formazione torna più volte in studio nel '17 e nella prima metà del '18. Nella prima parte della trasmissione, per l'attualità discografica,il Cd doppio della Essential Jazz Classics che raccoglie tutto il Thelonious Monk in solo registrato in studio fra il '54 e il '62.
2/6/20171 hour, 17 seconds
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Franco D’Andrea, ospite di Jazz Anthology

Ospite in studio, il pianista Franco D’Andrea, proclamato dal referendum 2016 del mensile Musica Jazz “musicista italiano dell’anno”, un riconoscimento di cui è un habitué, parla dei suoi ultimi Cd e dei suoi prossimi progetti discografici.
1/30/20171 hour, 12 seconds
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1917 (1)

Prima puntata di una serie in cui Jazz Anthology torna indietro di un secolo, al 1917: in cui il 26 febbraio, la Original Dixieland Jass Band incide il primo disco della storia del jazz.....Nella prima parte della trasmissione, per l'attualità discografica, l'album The Chamber Music Effect del trio svizzero Vein.
1/23/201759 minutes, 55 seconds